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Scusate il disagio, l’autore è latitante

Eppure di Davide Grasso, neanche l’ombra. All’interno della presentazione prevista invece è stato reso noto un appello e una lettera dello stesso scrittore notav, al cui interno, più che spiegare i motivi che lo hanno visto impossibilitato a trovarsi lì per la presentazione del suo libro, espone alcune riflessioni di denuncia. Riportiamo quindi di seguito la lettera di Davide, esplicativa della sua condizione da latitante e l’appello firmato e sottoscritto da noti personaggi della cultura.

La lettera di Davide Grasso al pubblico del Salone del Libro

I loro affari, il nostro delitto
(o delle colpe che è facile portare)

Care amiche, cari amici,

forse qualcuno di voi si aspettava, oggi, di vedermi di persona. Qualcuno sono certo che lo avrebbe preferito – vi lascio immaginare chi. Purtroppo, però, ho avuto un impegno improvviso… sapete, sono molto ricercato ultimamente! Scherzi a parte, spero comprenderete le ragioni che mi spingono a rivolgervi questo breve pensiero per iscritto. Vorrei ringraziare di cuore chi ha promosso e firmato l’appello che mi riguarda. Ma soprattutto mi permetto di rivolgere un sorriso a tutte e tutti coloro che mi hanno aiutato in questi mesi, da una parte all’altra dello stivale. Sono rimasto impressionato dalla quantità di persone, spesso insospettabili, che si sono mostrate disposte a farsi in quattro per la causa della Val Susa, aiutando un No Tav in viaggio per la penisola. Lo prendo come un segno dei tempi; e ne parlo ancor più volentieri adesso, mentre si fa un gran vociare di Val di Susa. Sembra che qualcuno scopra soltanto ora, e si meravigli forse, che esiste una resistenza da quelle parti. Io – tanto per cominciare in tono pacato – mi meraviglio che la rivolta non dilaghi in tutta Italia; mi meraviglio che l’Italia intera non sia, con le infamie che subiamo e a cui assistiamo, già un’unica, grande, Valle di Susa.

Ciò che accade in valle è simbolo e condensazione di tutte le cause che da decenni concorrono a portare questo paese verso la catastrofe. Ho appreso dalla rete che la Pato Perforazioni, azienda di Rovigo cui è stato tolto da un anno il certificato antimafia, ha fatto il suo ingresso nel cantiere di Chiomonte pochi giorni fa, per i lavori di scavo del tunnel. La Pato va così a tenere compagnia alla romagnola Bentini, che in Calabria è stata indagata per subappalti a ditte proprietà della ‘Ndrangheta. Dovremmo stupirci? L’Alta Velocità è un progetto che tutti i tecnici e gli economisti onesti definiscono completamente inutile, giustificato dall’unica ragione per cui l’opera deve essere realizzata: continuare a fare ciò che lo stato italiano ha sempre fatto, regalare a imprese private denaro pubblico per la devastazione del territorio; ed è chiaro che questo denaro va regalato a chi ha le influenze giuste e i giusti contatti, e a chi sa come ottenere una concessione.

A queste aziende e a questi personaggi non mancano i referenti politici. Se siamo certi che certe liaisons le può senza problemi garantire il Pdl, la principale azienda coinvolta è la CMC di Ravenna, che è praticamente un’unica cosa con il Pd, un po’ come lo è il Monte dei Paschi di Siena. Questo spiega perché qualsiasi governo, a guida Pd o Pdl, abbia negli ultimi vent’anni sostenuto che il Tav è un’opera strategica: strategica non per noi tutti, sia chiaro, e neppure per le strategie dello scambio commerciale, se è vero che i dati dicono il contrario, bensì per loro, per la voracità di chi da sessant’anni sconquassa la penisola in cambio del furto dei frutti della nostra fatica. In queste settimane l’Italia è colma di disgusto per la formazione dell’attuale, impresentabile governo, per un’operazione basata esclusivamente sull’obiettivo di far sopravvivere un sistema di potere e affari, mentre le scuole e gli ospedali muoiono, il potere d’acquisto di tutti noi crolla, la disoccupazione aumenta. Ma questo spettacolo immondo, l’inciucio Pd-Pdl, viene da lontano, e la popolazione valsusina è abituata a conoscerlo da tempo. Si chiama partito trasversale degli affari, ed è lo stesso partito del Tav.

Quando siamo andati a occupare gli uffici della Geovalsusa, a Torino, volevamo denunciare tutto questo. Volevamo chiedere perché la maggior parte delle ditte del Consorzio Valsusa, di cui quell’azienda fa parte, sono nate magicamente un mese prima dell’ingresso di migliaia di poliziotti e militari in valle. Abbiamo sollevato il dubbio: che i nomi delle ditte coprano, piuttosto, scambi di favori tra persone che si conoscono? È lo stesso dubbio che ci viene quando prendiamo atto che le ditte che hanno costruito quell’obbrobrio che separa la Val Clarea dal resto della Val Susa con muri di cemento armato, barriere, grate e filo spinato, continuano a fallire, scomparire e ricomparire misteriosamente di mese in mese, con nomi diversi. Quando abbiamo contestato, ovunque fosse possibile, il sindaco di Torino, Piero Fassino, e la giunta comunale di questa città è perché la svendita della valle all’impresa predatoria della devastazione ambientale è contraltare coerente della svendita di Torino a Intesa San Paolo, dell’indebitamento olimpico di cui noi giovani precari ipersfruttati paghiamo i costi, della genuflessione a Marchionne pagata con la cassa integrazione e la disoccupazione, perenne o intermittente, per tutti.

Ora sono certo che molti di voi sanno queste cose, ma visto che a denunciarle è qui, oggi, anche se in absentia, un latitante, qualcuno che è considerato dalla procura a sua volta un delinquente, forse vi troverete un po’ in imbarazzo. Eppure non dovete meravigliarvi. Il movimento No Tav ha commesso il crimine peggiore, quello che i giudici non possono perdonare: sta cercando di farsi giustizia da sé, bloccando questo treno e tutto il marcio che lo accompagna; ma non è una giustizia individuale, è una giustizia collettiva, di massa e autonoma. Gian Carlo Caselli può tenere conferenze nelle scuole e nelle parrocchie, dicendo che il sopruso non va accettato – anch’io da bambino ascoltai una di quelle conferenze, e ne restai colpito – ma non può tollerare che i bambini crescano a agiscano insieme, in prima persona, senza bisogno dell’aiuto della sua toga, che già molti anni fa egli usò contro il dissenso politico in questo paese. Oggi si ritrova a gridare: “Più militarizzazione in Val Susa! Più processi! Più galera per i No Tav!”, e lo fa in coro con Angelino Alfano, il guardasigilli del Cavaliere, l’ideatore delle leggi ad personam. Se mai gloria vi fosse stata, il finale della sua carriera è inglorioso oltremisura.

Avrei voluto, oggi, parlarvi di New York, delle splendide esperienze e delle assurde avventure che vi ho vissuto, e del mio libro. Ma non mi rivolgo a voi come scrittore perseguitato. Oggi tutti scriviamo, chi più chi meno, e pubblicare un testo non ci rende più scrittori degli altri. Tra le cose più belle che ho letto, alcune non sono state pubblicate, altre non lo saranno mai. Né sono più perseguitato di tutte le mie compagne e i miei compagni, né delle migliaia di poveri cristi che devono fare i conti con l’aridità morale dei pubblici ministeri. So che molti di voi, per un riflesso condizionato, penseranno ora che io parlo dei magistrati come ne parla Berlusconi; ma una delle aberrazioni intellettuali più insopportabili dell’era berlusconiana è proprio l’idea, a lui da sempre funzionale, secondo cui strumento di lotta per il cambiamento sarebbero i giudici e i tribunali. Idea di quella parte politica che oggi con Berlusconi è al governo.

Andate al Tribunale di Torino dopo essere stati al Salone, e vedrete che cos’è questa “giustizia”, fuori dai media, fuori dalle chiacchiere da salotto. Magari fossero i nostri aguzzini a rimpolpare le galere. Folle di disoccupati, di immigrati, di ragazzi di quartiere processati in serie, come alla catena di montaggio. Nulla è più assurdo del gesto politico che mette sullo stesso piano chi infrange il codice penale dall’alto, insaziabile di denaro e potere, e chi lo fa dal basso, senza denaro né potere, per necessità o per desiderio di cambiamento. Se noi, i No Tav, siamo oggi i nemici pubblici, è perché siamo in realtà amici pubblici, gli unici che, per la limpidezza della loro lotta, potrebbero guardare negli occhi qualsiasi italiano senza vergogna. I singoli reati che ci vengono contestati sono spesso inventati, è vero, ma il crimine reale di cui ci accusano non lo è: opporsi direttamente all’imposizione di un futuro che non vogliamo, alla corruzione della classe politica, alle arroganze dell’imprenditoria legale e illegale. Non ve lo diranno mai, ma è di questo, in realtà, che ci accusano; e di questo, senz’altro, siamo colpevoli. Una colpevolezza che è facile portare, come vedete. Mi auguro che questo genere di colpevolezza si estenda a tutto il paese. Per quanto riguarda la valle, invece, è una certezza: porta già la bellezza di questa colpa, e saprà vincere la sua battaglia, continuando a indicare a tutti la possibilità dell’azione, della dignità, della riscossa sociale.

Ci vediamo per le strade di Torino…

A sarà düra!

Davide

 

Appello per una riflessione sul dissenso sociale in Italia

In questi giorni esce in Italia un libro, New York Regina Underground, il racconto delle avventure di un ragazzo italiano nella Grande Mela: una pubblicazione che avviene in condizioni forse inedite, di sicuro paradossali. L’autore del testo, infatti, è un latitante: dallo scorso autunno è ricercato dalla polizia italiana, per essere sfuggito all’arresto che, contro di lui, aveva ordinato la procura di Torino. Viene da chiedersi perché l’autore di un’opera letteraria sia costretto, oggi, a nascondersi dalla polizia. La cronaca nera non c’entra: Davide Grasso, la persona in questione, non ha ucciso nessuno, né ha fatto a pezzi la fidanzata o accoltellato il vicino di casa. E non è accusato, contrariamente a molti che sono a piede libero o siedono comodamente in parlamento, di corruzione o concussione, reati finanziari, bancarotte fraudolente, fallimenti organizzati di banche o imprese, abuso d’ufficio o altri reati contro la collettività (il falso in bilancio, come noto, non è più neanche materia penale).

Il motivo per cui è stato richiesto l’arresto di questa e di altre sei persone il 29 novembre 2012 è, invece, aver partecipato all’occupazione dimostrativa (durata circa un’ora) degli uffici della Geovalsusa a Torino, un’azienda legata al discusso cantiere Tav di Chiomonte. Alcuni degli indagati, tra cui Davide, non sono neanche accusati di essere entrati nella sede, ma di essere rimasti “all’esterno dell’edificio, gridando slogan e distribuendo volantini”. Prima domanda: è, questa, motivazione sufficiente per un arresto? C’è di più: la procura di Torino gli ha comminato, quando già era irreperibile, una seconda misura cautelare in dicembre; stavolta l’accusa è aver partecipato alla contestazione, portata avanti da una vasta folla di persone, al sindaco Piero Fassino durante la sfilata del Primo Maggio a Torino. Secondo la procura, Davide avrebbe cercato di aiutare uno studente caduto a terra a causa dell’intervento della polizia, e per questo – mentre veniva a sua volta bloccato sull’asfalto dagli agenti – “si irrigidiva negli arti superiori per impedire di essere ammanettato”.

Distribuire volantini e “irrigidire gli arti superiori” sono oggi, evidentemente, motivazioni sufficienti per privare una persona della libertà, prima di qualsiasi sentenza e qualsiasi processo. D’altro canto, qualcuno potrebbe dire, questo giovane deve amare i guai. Ma sarebbe sbagliato, e un po’ vigliacco, vederla in questo modo: se denunciamo pubblicamente la sua vicenda è perché questi guai, a ben vedere, ci riguardano tutti, se è vero che questa storia, come molte altre simili, è tutta radicata nelle contraddizioni che il nostro paese e la nostra epoca stanno vivendo. Mentre le istituzioni italiane si avvitano in una spirale politica senza via d’uscita, e la crisi economica scava un fossato tra ricchi e poveri – e tra governanti e governati, istituzioni e protesta – le manifestazioni del dissenso sociale sono considerate sempre più mera questione di ordine pubblico. Che si tratti delle manifestazioni degli studenti o degli scioperanti dell’Ikea o del San Raffaele, delle proteste dei facchini di Granarolo o degli operai palermitani dell’ex Pip, assistiamo a risposte sempre più dure in termini di ordine pubblico.

Da questo punto di vista, proprio la repressione delle proteste contro l’Alta Velocità a Torino e in Val Susa, negli ultimi due anni, ha senza dubbio svolto una funzione da apripista. Dal 2011 si è di fronte all’occupazione militare di una fetta di territorio italiano, fenomeno che ha dato vita a non poche zone grigie in materia di diritto e a strani ibridi giuridici, denunciati anche da autorevoli esponenti della magistratura. Le circostanziate denunce, da parte del movimento, dell’incoerenza economica e strategica del progetto, e del malaffare e degli sprechi ad esso connessi, sono rimaste inascoltate, e la stampa si è spesa più a fornire un’immagine caricaturale della protesta che a veicolare informazioni dettagliate sui costi dell’opera, che verranno interamente scaricati sui cittadini. Istituzioni e media appaiono sordi alla crescente insofferenza della popolazione italiana per una gestione allegra della cosa pubblica, di cui fa parte il decennale patto non scritto tra stato e imprese (e talvolta crimine organizzato) per una devastazione del territorio spesso inutile e nociva, di cui l’Italia porta le ferite sull’estensione intera dello stivale.

Il Movimento No Tav è stato colpito in questi ultimi anni da migliaia di denunce penali; centinaia sono gli imputati, decine gli arresti e i processi. Persino sindaci sono stati processati (e poi assolti) per aver partecipato alle proteste, mentre ancora luce non è stata fatta, come denuncia il movimento, sulle gare d’appalto e su abusi da parte della polizia. Chi si oppone denuncia casi estremi: agenti che fanno uso di dotazioni non convenzionali, pestaggi documentati, limitazioni arbitrarie e anticostituzionali della libertà di spostamento. Denunce ancora più gravi sono state mosse sul piano della repressione: consiglieri comunali ultrasessantenni, con le stampelle, accusati di aver picchiato carabinieri; ragazze portate in cella in stato di gravidanza; studenti trattenuti mesi in carcere senza processo, con l’accusa di aver gettato una pietra; detenuti messi in isolamento perché – in quanto “No Tav” – considerati più pericolosi degli altri reclusi. E ancora giudici che negano agli indagati di far visita alla compagna in procinto di partorire o di uscire per mesi da un arco di tre isolati urbani; studentesse cui viene impedito di spostarsi all’estero per proseguire gli studi.

Se ci esponiamo sul caso di Davide, nel momento in cui il suo libro esce in questa situazione paradossale, è allora anzitutto per contribuire a sollevare un dibattito sul dissenso sociale in Italia. La nostra richiesta è che vengano sospese le misure a carico di tutti coloro che sono accusati di reati sociali o legati ai movimenti di protesta, per cui non sia stato formulato un giudizio definitivo, in seguito a un processo dove sia stato loro garantito il diritto a difendersi. Ci associamo a quanti da tempo chiedono, inoltre, che si apra un dibattito aperto e privo di pregiudizi sulla costruzione della linea ad Alta Velocità Torino-Lione. La risposta giudiziaria non può essere la soluzione di fronte a un’opposizione popolare radicata come quella della Val Susa, o di fronte all’aumentare della protesta sociale in seguito alla crisi e alla vera e propria degenerazione morale e culturale del mondo politico, cui assistiamo. Scrittori, intellettuali, artisti, musicisti non possono restare in silenzio in questa fase; non accettiamo il ruolo di spettatori inerti. Per questo ci dichiariamo solidali con tutti quelli che sperano in un’Italia migliore e fanno qualcosa per ottenerla, e siamo fin d’ora pronti a prendere posizione e schierarci, se questo sarà utile a far uscire il Paese dal tunnel di regressione e degrado sociale in cui qualcuno sta cercando ostinatamente di imprigionarlo.

Valerio Evangelisti, scrittore

Massimo Carlotto, scrittore

Zerocalcare, fumettista

Valerio Mastandrea, attore

Girolamo De Michele, scrittore

Ascanio Celestini, attore

Marco Philopat, scrittore, editore

Lele Rizzo, Movimento No Tav

Elio Germano, attore

Roberto Bui Wu ming 1, scrittore

Nicoletta Dosio, Movimento No Tav

Giovanni Cattabriga Wu Ming 2, scrittore

Senso Doppio, attori

99 posse, musicisti

Federico Guglielmi Wu Ming 3, scrittore

Alberto Perino, Movimento No Tav

Daniele Gaglianone, regista

Riccardo Pedrini Wu Ming 5, scrittore

Luca “Militant A” Assalti Frontali, cantante

Lorenza Ghinelli, scrittrice

Loredana Lipperini, scrittrice, giornalista, conduttrice radiofonica

Alessandra Daniele, scrittrice

Duka, scrittore

Alessio Lega, cantante

Macao, Centro per l’Arte, la Cultura e la Ricerca a Milano

Teatro Valle di Roma

Teatro Garibaldi Aperto di Palermo

Teatro Copolla Teatro dei Cittadini di Catania

Teatro occupato Pinelli di Messina

Tano d’Amico, fotografo

Sandro Moiso, scrittore, polemista

Stefano Dorigo, scrittore

Marilù Oliva, scrittrice

Mauro Baraldi, scrittore

Alberto Prunetti, scrittore, traduttore

Pantaleo Elicio, scrittore

Andrea Scarabelli, scrittore

Fulvio Massarelli, scrittore

Giuseppe Aragno, saggista

Salvatore Prinzi, saggista

Fabrizio Lorusso, saggista

Andrea Brazzoduro, saggista

Paola Papetti, operatrice editoriale

Vittorio e Lorenzo Giudici, editori

Raffaele Nencini, editor

Filippo Casaccia, autore televisivo

Fulvio Molena, attivista

Virginia Benvenuti, organizzatrice eventi

Chiara Berlingardi, dottoranda

Ilaria Capanna, studentessa

Silvia Gallerano, attrice

Laura Verga, attrice

Francesca Romana di santo, attrice

Tiziana Tomasulo, fotografa

Valeria Tomasulo, fotografa

Paolo Giovanucci, attore

Miriam Comito, storica d’arte

Nicola Rossi, lavoratore

Annalisa Cannito, artista

Andrea Gropplero, produttore/regista

Chiara Baston, artista

Simona Senzacqua, attrice

Marco Vacca, operaio

Marko Drca, studente

Valeria Usai, attrice

Silvia De Fanty, attrice

Alessio M. Marturano, studentessa

Sandra Bellini, libera profesionista

Elisa Giovannetti, attrice

Giuliana Alberti, avvocato

Orsetta Paolillo, artista

Guido De Togni, giurista

Valeria Colucci, libera professionista

Daniela Evangelista, danzatrice

Martina Ciabatti, cantante

Alessandro Curci, hacker

Francesca Del Guercio, montatrice

Ilenia Caleo, attrice/attivista

Alessandro Riceci, attore

Camilla Carè, studente

Laura Pizzirani, attrice

Berardo Carbone, regista

Claudia Cucco, montatrice

Mauro Milone, attore

Valentina Carella, attrice

Emiliano Campagnola, hacker

Maria Crescenzi, attivista

Valerio Gatto, attivista

Benedetta Cappon, ufficio stampa

Ugo Mattei, giurista

Marco Berardi, attivista

Corrado Sabia, attivista

Guido Lombardi, regista

Luisa Guarro, regista

Roberta Serretiello, regista

Renato Zagari, attore e video maker

Gianluca Arcopinto, produttore

Marcello Sannino, documentarista

Fabio Irrera, attore

Dario Muratore, attore regista

Dario Mangiaracina, attore regista

Roberto Simonte, attore

Cora Presezzi, attrice

Giuseppe Massa, autore regista

Quartiatri, compagnia teatrale

Vito Bartucca, operatore teatro per l’infanzia

Alessandro Riva, graphic designer

Elisabetta Bevilacqua, attrice

Petra Trombini, scenotecnica

Sutta Scupa, compagnia teatrale

Giuseppe Provinzano, attore autore regista

Gabriele Gugliara, tacnico audioluci/scenotecnica

Claudia Borgia, tecnico luci scenografa

Sara Francesca Tirelli, filmaker

AttriceContro, attrice militante

Collettivo Prezzemolo, Ricercatori dell’Istituto Universitario Europeo

Daniele 4EsT Russo, cantante

Francesco Turchetti Militant Dub, musicista

Giulio De Asmundis, musicista

Andrea Farias, musicista

Egin, musicisti

Matteo Nocera, musicista

Giuseppe La formica, musicista

Cesare Basile, cantautore

Roberto Cammarata, musicista

Davide Di Sauro, musicista

Alfredo”Youthman-the Santantonio Rockers” Concilio, musicista

Napoli Rockers Syndicate, militant roots rock reggae orchestra

Alessandro”Pupa Rizla” Larizza, musicista

Antonio Mastrogiacomo, musicista

Ivan D’Alessandro, musicista

Raffaello Columbro, musicista

William Juliano, musicista

Simona “Naima” Coppola, musicista

Ciro Riccardi, musicista

Pietro Santangelo, musicista

Gianni del Panta, dottorando

Carlotta Susca, consulente editoriale

Ermanno Gallo, scrittore

Claudio Giorno, scrittore, movimento No Tav

 

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