Sfruttamento e speculazione dei cacciatori di terre
o strapotere delle “imprese-vampiro” dell’industria e della finanza.
di Saverio Pipitone (*), da La Bottega del Barbieri
Pronto Fantomas. Al telefono Alberto Moravia, Julio Cortázar, Octavio Paz e Susan Sontag (scrittori) chiedono aiuto al famigerato personaggio mascherato per fermare un pazzo armato di laser che stava incendiando le grandi biblioteche del mondo. Il folle venne annientato, ma la cultura in fiamme era solo l’inizio e più di uno erano i mostri: le società transnazionali, in combutta con le organizzazioni statali, che saccheggiavano le risorse dei popoli violandone i diritti fra minacce, attentati e inganni (tratto da Fantomas contro i vampiri multinazionali del 1975).
Oggi è ancora così. Le “imprese-vampiro” dell’industria e della finanza, soprattutto americane ed europee, espropriano gli spazi vitali delle collettività o persone indigene e in particolar modo nel Sud del mondo. Nell’ultimo ventennio hanno accaparrato terre per quasi 100 milioni di ettari, servendosi spesso dei supporti governativi e dei precari titoli di proprietà degli ignari abitanti.
Chi si oppone, soccombe. Nello stesso ventennio, oltre 2.400 attivisti sono stati uccisi e in migliaia espulsi, imprigionati e perseguitati, per difendere il territorio dalle occupazioni delle monocolture latifondiste ed estrazioni energetiche che inquinano gli ecosistemi e devastano le comunità locali.
In Guatemala, lo sgombero è forzato. Nel villaggio di Chinebal le case di novanta famiglie di contadini o artigiani auto-sussistenti sono state demolite e bruciate, a seguito di un immediato e sommario sfratto giudiziario, per estendere le piantagioni di palma da olio della NaturAceites, appartenente al colosso agrochimico, edilizio e minerario Tecun dei Maegli Novella: due antiche dinastie di coloni europei che dal 1950, imparentatesi tra loro e sorretti da Opus Dei ed élite reazionarie, diventarono primi possidenti guatemaltechi privando i nativi delle ricchezze naturali.
In Argentina, Uruguay e Brasile, il suolo “sottoutilizzato” è preso e convertito alle colture intensive. Sfruttato al massimo con transgenici, fertilizzanti e pesticidi sintetici, specialmente per la produzione di soia. Aziende che lì esercitano tali attività, su oltre 1 milione di ettari, sono le quotate: Adecoagro, lussemburghese, con principali azionisti diversi hedge fund – fondi speculativi per quadruplicare rapidamente il capitale – e poco tempo fa rilevante investitore era Soros Fund Management dell’influente imprenditore George Soros; Cresud, argentina, dei fratelli Alejandro ed Eduardo Elstajn che negli anni 1990, per entrare nell’agrobusiness, furono finanziati dallo stesso Soros; BrasilAgro, brasiliana, sempre degli Elstajn assieme al magnate immobiliare Elie Horn e banche d’affari internazionali: BrasilAgro è sospettata di acquisizioni fondiarie illecite e del disboscamento di 30.000 ettari nei suoi poderi nella regione rurale del Matopiba (acronimo delle iniziali degli stati federati Maranhão, Tocantins, Piauí, Bahia).
Pure gli insegnanti accaparrano terreni. Lo fanno tramite il fondo pensione newyorkese TIAA, dandogli il denaro da investire per rendite future. Braccio operativo è la controllata Nuveen con un patrimonio agricolo globale di 810.000 ettari e 430 fattorie, di cui 1/3 in Brasile, seguono Australia e Stati Uniti, per la coltivazione di una quarantina di derrate, dalla canna da zucchero al grano, affidandone la gestione alle imprese di monocoltura intensiva con ripercussioni sulla biodiversità. Fondatore è l’industriale Andrew Carnegie (1835-1919), il secondo uomo più ricco della storia che ispirò Paperon de’ Paperoni. La famiglia visse in una lussuosa dimora a Central Park e nel 1930 vi lavorava una giovane cameriera giunta dalla Scozia per sfuggire alla povertà delle recinzioni dei borghesi e nobili sulle terre comuni; successivamente sposò un facoltoso immobiliarista ed ebbe cinque figli, educandoli all’etica protestante: quando i due ultimogeniti giocavano con i mattoncini, uno di loro usava tutti i suoi pezzi e arraffava anche quelli del fratellino perché voleva costruire un grattacielo; da grande divenne accaparratore terriero e 45° presidente USA, Donald Trump.
Poi c’è Bill Gates, il nerd miliardario. Ha 110.000 ettari arabili dalla Florida a Washington con mais, riso, patate, cipolle e carote. È investitore, per mezzo della Gates Foundation Trust, nei fondi Kuramo che controllano la Plantations Huileries Congo (PHC) con 21.000 ettari di palme da olio a Boteka, Lokutu e Yaligimba: piantagioni congolesi nate all’inizio del secolo scorso con l’industriale inglese William Lever (1851-1925) – fondatore della multinazionale Unilever – ricevendo le terre in concessione dalle colonie belghe, dopo che le avevano razziate agli aborigeni. E l’abuso continua.
In Uganda, i diritti umani sono irretroattivi. Centinaia di residenti agricoli dei villaggi Kisaranda e Nyamutende hanno intentato un’azione giudiziaria contro il produttore su larga scala di cereali e semi oleosi Agilis Partners dei gemelli statunitensi Philipp e Benjamin Prinz, denunciando violenti sfollamenti ed espropri terrieri senza preavviso e risarcimento o reinsediamento. L’Alta Corte gli ha rigettato l’istanza perché il fatto era antecedente all’applicazione della legge sui diritti umani.
In Costa d’Avorio, le licenze fondiarie sono retroattive. Il Ministero dell’agricoltura, nel retrodatare gli effetti dell’affitto di 11.000 ettari, fece perdere una disputa legale ad alcuni piccoli possidenti della regione di Iffou che chiedevano lo sfratto dell’azienda occupante Siat con sede a Bruxelles: proprietario è Pierre Vandebeeck, membro dell’ordine coloniale della Corona del Belgio e dal 1970 cacciatore di terre fertili, iniziando come manager nella società di origini coloniali Socfin, che è quotata in Lussemburgo con primari azionisti i finanzieri milionari Hubert Fabri e Vincent Bolloré. Siat e Socfin, rispettivamente su 68.000 e 192.000 ettari, piantano palma da olio e gomma in Africa e Asia, dalla Guinea alla Cambogia, portando disoccupazione, inflazione, miseria e degrado ambientale nelle comunità ancestrali che protestano al grido “restituiteci la nostra terra”.
Intanto la Banca Mondiale spinge alla speculazione e chimica agricola. Per i paesi in via di sviluppo, prescrive: formalizzare le proprietà rurali, sia pubbliche che private, con catasto digitale, nel superamento dell’autoctono possesso consuetudinario, per la semplificazione delle procedure di cessione, trasferimento ed esproprio; deregolamentare le normative sui fitosanitari per aumentare la produttività. Lo scopo è favorire gli investimenti dei potentati economici alla ricerca di alti profitti.
In quelle terre, le colture vengono mercificate. Destinazione d’uso è l’industria trasformatrice con grosse multinazionali – Unilever, Cargill, Mondelez, Kellogg’s, Nestlé, General Mills e altre – che fabbricano cibi ultra-processati, pieni di grassi e privi di fibre o proteine, nell’omologazione della dieta mondiale: è stimato che, entro il 2050, la domanda di questi prodotti crescerà fino al 70%, unitamente al calo di contenuto nutritivo per miliardi di individui che rischiano malattie e mortalità.
Fantomas: «da ora in poi dedicherò tutte le mie forze a lottare contro le imprese multinazionali e contro tutte le forme negative dell’imperialismo. Le risorse naturali di un paese sono di proprietà inalienabile del suo popolo. Non è nostro diritto rubarle o sfruttarle per agio e consumismo».
(*) Link all’articolo originale: https://saveriopipitone.blogspot.com/2023/03/sfruttamento-e-speculazione-dei.html
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