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Argentina: il Mendoza avanza contro contadini e indigeni, tra la vendita di terre demaniali e progetti minerari

Il governatore Alfredo Cornejo, alleato del presidente Javier Milei, ha ottenuto che l’INAI riesamini il riconoscimento delle terre ancestrali di tre comunità mapuche, attraversate dagli interessi del progetto “Malargüe distretto minerario”. Inoltre, il governo nazionale ha anche messo in vendita le terre federali che l’Esecutivo di Mendoza aveva ceduto in piena cordigliera all’impresa El Azufre S.A.

di Oscar Soto, tradotto da Comitato Carlos Fonseca

Da Mendoza

Ancora risuonano nei paraggi di Los Molles e di El Sosneado, i fatti degli inizi del 2023, quando nel sud provinciale giunsero dei fuoristrada con foto del Generale Roca e proclami negazionisti. Allora, l’Istituto Nazionale degli Affari Indigeni (INAI) aveva concluso un prolungato rilevamento tecnico, giuridico e catastale nelle comunità lof El Sosneado (a San Rafael, al confine con il Malargüe) e le lof Suyai Levfv e Limay Kurref (nel Malargüe), con il quale effettuò il riconoscimento dell’occupazione “attuale, tradizionale e pubblica” di quelle tre comunità puestere (popolazioni che gestiscono campi, ndt) identificate nelle lunga memoria del Popolo Mapuche. Con l’arrivo alla Casa Rosada di Libertad Avanza, e dopo varie pratiche, il governo del radicale Alfredo Cornejo ha ottenuto che l’INAI riaprisse i fascicoli per fare marcia indietro nel riconoscimento delle terre, mentre nel Potere Legislativo provinciale è stato approvato il progetto “Malargüe distretto minerario occidentale”.

Tra le famiglie si sussurra una specie di paradosso: “Perché si parla tanto di mapuche e perché vogliono sgombrare degli abitanti che da decenni stanno vivendo qui, lavorando questi campi?”. Oltre alla minaccia contro le comunità El Sosneado, Suyai Levfv e Limay Kurref, il governo di Javier Milei -con Cornejo come alleato-, ha pubblicato il decreto 950/2024, con il quale mette in vendita poco più di 300 proprietà dello stato, tra le quali, le terre di frontiera di “Campo Potrero de Cordillera”, un’operazione che era stata aperta dall’ex governatore Rodolfo Suárez a favore della El Azufre S.A.. La decisione colpisce decine di famiglie puestere che hanno abitato e lavorato quelle terre per generazioni in zone di ghiacciai e sorgenti di fiumi.

Malargüe, distretto mapuche e puestero

Nel Malargüe, come nel resto del paese, i processi di autoeplorazione identitaria ebbero il loro auge quando la democrazia si mostrava già matura. A partire dagli anni 2000, un numero importante di famiglie allevatrici, produttori caprini e contadini del sud provinciale, cominciarono a rivalorizzare la persistenza di un modo indigeno di vedere il mondo, ereditato dai nonni e dai padri. Questo modo di vita indigeno si era tramutato nella veste “puestera” conservando le sue forme: la transumanza, la toponimia, i colori della pelle e il legame con la terra, davano conto di quello.

Quando lo stato cominciò a risarcire i danni di un feroce genocidio, questo lavoro comunitario ebbe ripercussioni su una serie di politiche che permisero di ridiscutere i diritti elementari a possedere la terra, o quanto meno a non essere sgomberati. Fu così che iniziarono lavori coordinati tra organismi pubblici e scientifici, con l’intenzione di interpretare questa lunga storia silenziata. Uno dei risultati di questa introspezione collettiva fu il lavoro dell’INAI nella ricostruzione di una genealogia del lavoro pastorale nel Malargüe. Sebbene non tutte le famiglie puestere avessero assunto questa prospettiva, molte di loro effettuarono richieste territoriali di cui dal 2009 l’organismo si fece carico, promuovendo lavori di indagine antropologica e geografica per più di un decennio.

La provincia di Mendoza è abbondante in paesaggi e storia. I suoi confini riuniscono ricchezze minerali, agricole e diverse soggettività. Il dipartimento del Malargüe ha una fisionomia ancor più particolare: lì c’è una fortuna mineraria, cieli limpidi e ancora si può vedere la traccia più nitida delle comunità originarie che si trasferirono dal Wallmapu alle attuali pampe argentine.

Quei popoli che sopravvissero alle campagne colonizzatrici, andarono gradualmente relativizzando le proprie identità territoriali per riconoscersi come gente della terra (mapuche) in opposizione all’huinca (il bianco invasore). Così, come racconta Florencia Roulet, dove prima c’erano picunche (la gente del nord), puelche (gente dell’est), nguluche o moluche (gente dell’ovest), huilliche (la gente del sud), o pehuenche (genti del pehuén),  poco a poco la semantica mapuche sarebbe andata guadagnando peso, allo stesso modo in cui l’identità “argentino” ha inglobato dopo mendozini, puntani, cordobesi e portegni.

Campagna negazionista per consegnare le terre all’attività mineraria e alle imprese petrolifere

Al potere politico provinciale poco importò questo processo storico. Il 23 marzo dell’anno 2023 le legislatrici Cambia Mendoza Cecilia Rodríguez (UCR), Evelin Pérez (UCR) e Josefina Canale (PDP) elaborarono la comunicazione mediante la quale il potere legislativo provinciale si oppose alla vigenza della Legge 26.160 di Emergenza Territoriale Indigena, non riconoscendo quanto disposto dall’INAI nelle risoluzioni 36/2023, 42/2023 e 47/2023. Ma oltre a questo, l’atto legislativo fu fatto decretando l’inesistenza del Popolo Mapuche.

La crociata contro le comunità mapuche fu anche portata di fronte al Potere Giudiziario. L’allora governatore Suárez presentò una denuncia giudiziaria per disconoscere quanto deciso dall’INAI e ottenne una sentenza favorevole del giudice federale di San Rafael, Mendoza, Eduardo Puigdéngolas, che emise una misura cautelativa a carattere sospensivo. La causa seguì il suo corso e, da giugno dell’anno passato, è nelle mani della Corte Suprema.

Pochi giorni prima, durante il “Pranzo delle Forze Vive”, organizzato dalla Camera di Commercio, Industria e Agricola e Zootecnica di San Rafael, Cornejo festeggiò una decisione digitata dalla nuova gestione dell’INAI, di cui è a capo l’ex funzionario macrista Claudio Avruj. Si tratta della riapertura del fascicolo amministrativo delle tre comunità. “L’INAI riconosce che devono dare all’Esecutivo provinciale la dovuta partecipazione, così come lo stabilisce la legge e non come fece il precedente Governo nazionale, che dette terre che erano ubicate in luoghi strategici con possibilità di petrolio e di attività mineraria, tra gli altri beni”, ha detto Cornejo.

L’interesse economico dietro a questo conflitto rinvia all’impresa Nieves de Mendoza S. A., che afferma di avere 4.477 ettari pregiudicati nel campo “El Alamo”, dove vivono le famiglie puestere di Limay Kurref. L’impresa, del gruppo Walbrook a capitali malesi, acquisì le azioni dell’IRSA nel 2003 e passò a controllare il 97 per cento del complesso sciistico Las Leñas e detiene circa 145.460 ettari totali nel Malargüe. L’altro gigante dietro a questi movimenti è la holding SOMINAR (Società Mineraria Argentina), che occupa circa 430.000 ettari, con proprietà lungo le rive dei fiumi Diamante e Atuel. Lì vive, da varie generazioni, la comunità di El Sosneado, minacciata da queste azioni.

Si tratta di un territorio in cui si cerca di sfruttare petrolio, gesso, carbonato di calcio, tra gli altri beni comuni. Con tanta mala sorte per le famiglie contadine e indigene, che hanno il loro pascolo e le attività di turismo rurale situate in quel luogo di desiderio delle compagnie. Tra Nieves de Mendoza S.A. e SOMINAR sono più di mezzo milione di ettari che sono nelle mani di capitali stranieri. Queste imprese hanno un effetto diretto sulle azioni di un governo provinciale che ha fatto della persecuzione dei puesteri una polemica politica: “L’INAI ha ammesso la protesta della provincia sui ‘falsi indigeni’”, ha rilevato Cornejo.

Un progetto per cambiare il modello produttivo del Mendoza

I nati nel Malargüe conoscono il passato di un popolo eminentemente transumante, nonostante ciò, quello che negli ultimi anni ha preso corpo nel dibattito pubblico non è il passato, ma il futuro di questo dipartimento. Dalle attività turistiche, fino alle speculazioni con il tesoro nascosto di Vaca Muerta, il territorio più australe del Mendoza si è trasformato in quasi l’unica politica pubblica del governo di Alfredo Cornejo. In una provincia in cui il mondo viticolo svanisce, afferrarsi all’estrattivismo minerario sembra essere l’unica possibilità di governare per l’alleanza radical-macrista, che è al potere già da 12 anni.

Per questo, il passato 30 ottobre, la Camera dei Deputati di Mendoza è andata avanti con la richiesta governativa e ha approvato la Dichiarazione di Impatto Ambientale (DIA) dei 34 progetti di esplorazione che fanno parte del piano Malargüe Distretto Minerario Occidentale. L’iniziativa è stata approvata con 39 voti a favore, mentre solo 5 legislatori l’hanno respinta e ci sono state due astensioni.

Questo martedì 12 novembre, il Senato ha definitivamente sanzionato le 34 DIA -con 33 voti a favore e solo 3 contro- e ha confermato l’ingresso dell’attività mineraria nel Mendoza, una provincia con scarsezza idrica, che storicamente ha difeso l’acqua per la produzione agricola e zootecnica e che conta sulla vigente Legge 7722, che proibisce l’uso di sostanze chimiche inerente all’attività mineraria. Nonostante l’opposizione delle assemblee popolari per l’acqua, i legislatori governativi hanno affermato che le DIA rispettano la Legge 7722 e hanno festeggiato la possibilità di esplorazione nei giacimenti, in particolare, di rame.

Cornejo ha riconosciuto nella sua narrativa politica e nei suoi atti concreti la comodità che evoca l’idea di deregolare l’economia e di rafforzare un regime economico di libero mercato. Fin dal minuto zero non nasconde, chiaramente, la sua simpatia e il suo sostegno al governo di Javier Milei. Questa settimana, Cornejo, insieme ad altri governatori radicali, è stato ricevuto da Milei alla Casa Rosada.

Il fatto considerevole è che nel Mendoza, da tempo, sono sbocciati i pruriti più radicati che le classi dirigenti locali hanno storicamente avuto. L’alienazione del territorio provinciale cresce come la garanzia di tirar fuori il Mendoza dalla sua storica povertà. Le comunità nonostante ciò, sostengono che “Non c’è restituzione perché da generazioni stiamo già occupando questi territori. È sbagliata la strategia di criminalizzazione”.

El Azufre, terre contadine e indigene poste in vendita dallo stato  

“Ciò che richiama l’attenzione è che ci sia stato tanto campo che è stato loro regalato…”, con questa semplicità inappellabile, in un freddo mattino d’inverno tra mate e una chiacchierata, un puestero che ogni estate trasferisce i suoi animali, ha sintetizzato la sensazione che percorre l’abitante medio del Malargüe. Si riferiva al “Campo Potreros della Cordillera”, uno spazio di transumanza che neppure la generazione latifondista che ha forgiato la “conquista” del sud provinciale ha osato alienare. 

Nel gennaio del 2022, il governo del Mendoza cedete 12.300 ettari alla El Azufre S.A. per un’esclusiva attività turistica. Con un decreto, l’allora governatore Rodolfo Suárez, provocò uno sgombero di fatto di terre abitate da comunità indigene e famiglie contadine produttrici transumanti di prodotti caprini in una zona con ghiacciai e sorgenti di fiumi.

Quella decisione fu presa in chiara violazione di norme nazionali e locali, che vanno dalla legge sui Ghiacciai (26.639), la legge di Emergenza Territoriale Indigena (26.160), fino alla legge provinciale di Promozione e Radicamento dei Puesteri (6086). Il governo assegnò quella immensità di pascoli e serbatoio di acqua agli impresari Daniel Alejandro Nofal, Alejandro David Spinello e José Ignacio Beccar Varela.

La novità ora è che la mappa politico-imprenditoriale ha finito di situare ognuno dei pezzi al suo posto. Con l’arrivo di Milei alla Casa Rosada, il mega DNU 70/2023 e la Legge Base, hanno spianato il cammino affinché nuovi gruppi economici possano andare avanti nell’affare immobiliare, attraverso la vendita di terre rurali che appartengono alle Forze Armate, un fatto che ebbe un suo precedente in un tentativo simile durante la gestione di Mauricio Macri.

Durante il governo di Alberto Fernández, l’Agenzia dell’Amministrazione dei Beni dello Stato (AABE) presentò le sue obiezioni all’alienazione di quelle terre. Fu il suo ex titolare, Martín Cosetino, che presentò una nota al governatore del Mendoza con la quale gli intimò di lasciare senza effetto il decreto 2.138/21, che stipula una “assegnazione precaria” di terre alla società El AZUFRE S.A.. La situazione è cambiata con questo governo nazionale e si è concretizzata negli ultimi giorni.

Il capo dell’AABE, Nicolás Pakgojz -un ex funzionario di Horacio Rodríguez Larreta nella Città di Buenos Aires- insieme al suo vicecapo di Gabinetto, José Rolandi, al ministro della Deregolamentazione e Trasformazione dello Stato, Federico Sturzenegger, e alla Segretaria della Pianificazione Strategica, María Ibarzabal, hanno ideato il decreto 950/2024, pubblicato il 24 ottobre passato, con il quale sono state messe in vendita 309 proprietà statali in tutto il paese. Tra quelle, “Campo Potreros della Cordillera”.

Così le cose, nella lista delle proprietà, ci sono i terreni demaniali della Nazione, dove El Azufre ha tirato su il centro sciistico, quelli che Rodolfo Suarez e Alfredo Cornejo dicevano essere proprietà dei mendozini e che avrebbero ceduto solo affinché la gente potesse sciare felice.

Alle voci di funzionari dell’opposizione, attivisti sociali, ricercatori, organizzazioni contadine-indigene e anche alla parola degli stessi abitanti del territorio è stato negato il diritto di esprimere la propria opinione. Si è omesso che si tratta di una cessione di sovranità territoriale, a causa della sua ubicazione in una zona di frontiera, che non esistono seri studi di impatto ambientale che avallino la fattibilità dell’attività e che, inevitabilmente, implicherebbe l’allontanamento dei puesteri, il cui unico mezzo di vita è il bestiame transumante che dipende da quelle attività estive.

Le famiglie puestere che popolano il sud del Mendoza sono vissute lì per generazioni. L’amalgama di inserimenti nel territorio ha fatto sì che nonostante il tentativo di sterminare tutti gli aspetti indigeni, la transumanza continui ad essere un capriccio di memoria ancestrale che si rifiuta di sparire. Le attività estive in un terreno ostile sono vita per queste greggi. Per chi conosce lo sforzo quotidiano di questi transumanti, le attività estive sono la loro vita. Malargüe è un paese transumante, come una volta lo definì con precisione etnografica Vicente Agüero Blanch.

Di fronte a questo attacco, un gruppo di organizzazioni indigene, contadine e ambientaliste stanno denunciando i fatti di infrazione territoriale per i quali stanno passando. In questo luogo, puelches, pehuenches e tutti i nomi etnici, che facevano parte dell’infrangibile mondo della “gente della terra”, percorrevano grandi distanze a piedi per procurarsi il cibo; salendo e scendendo la rudezza della cordigliera delle Ande, dal Fiume Limay fino al Diamante.

Per la loro ostinazione sono stati l’ultima nicchia di ribellione di fronte alla Conquista. Una volta concluse le spedizioni che riuscirono a piegare quella resistenza, l’élite mondozina ha deciso di svendere quelle terre in cui “c’erano solo indigeni” per finanziare il mondo vitivinicolo del nord mendozino. Oggi, un secolo dopo, le terre del sud provinciale si prospettano come una soluzione di continuità a qualsiasi prezzo per la provincia del sole e del buon vino.

Foto: Andrea Veliz Peña

8 novembre  2024

Agencia Tierra Viva

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