Ancora soldi alle banche: il cerchio si chiude
Ci risiamo, le banche sono in difficoltà e il governo vara i soldi necessari a salvarle.
Questa volta è il turno di Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza. Si parla di cifre variabili tra i 5,2 e i 17 miliardi di euro.
E’ stata avviata la cosiddetta liquidazione “ordinata” dei due istituti bancari con l’intervento pubblico. Sostanzialmente i 2 milioni di risparmiatori della banca passeranno a Intesa San Paolo, al modico e simbolico costo di 1 euro.
I debiti vengono tutti coperti dallo Stato con un finanziamento di 5,2 milardi con la promessa che la copertura potrà arrivare fino a 17 miliardi.
Non solo, Intesa San Paolo minaccia il Parlamento avvertendo che se il Decreto dovesse subire modifiche l’operazione salterebbe.
Ma come si è arrivati al fallimento delle banche? I due istituti del Nord Est sono stati amministrati per 20 anni da Gianni Zonin (ex presidente della Banca Popolare di Vicenza e battezzato Re di Vicenza) e Vincenzo Consoli (ex dg di Veneto Banca). Centinaia di milioni regalati ogni anno ad amici e parenti: solo guardando alla Popolare di Vicenza Zonin avrebbe intascato oltre 180 milioni di euro in prestiti, e sorte simile è toccata a tutti i Consiglieri del Cda della banca.
Prestiti senza garanzie e scelte sciagurate come i finanziamenti ad Alitalia e per alcune società della famiglia Caltagirone. Come quasi sempre capita però i patrimoni sono stati nascosti e gli insolventi non sono stati resi pubblici.
Inutile dire che questo è un copione già scritto e già visto: le banche elargiscono prestiti in un sistema ben oliato, in cui i soldi girano sempre nelle tasche delle stesse persone, a tutelare interessi ben selezionati.
La stessa storia si era già vista con gli scandali di Banca Etruria e Monte Paschi di Siena, anche se i governi le avevano affrontate con soluzioni differenti.
Emblematico è il caso di Mps, salvata a fine Dicembre del 2016 con un finanziamento pubblico di 20 miliardi di euro. Anche lì gli insolventi della Banca “rossa” sono rimasti celati: i nomi che però circolavano erano quelli di personaggi come De Benedetti e Parnasi, non a caso tra i maggiori finanziatori del Partito Democratico. Tanto per capirne la portata, non fu un caso che nello stesso periodo si alzò un polverone mediatico sulla costruzione dello Stadio della Roma, per regalare di fatto, a Parnasi un aumento del valore dei terreni di Tor di Valle per centinaia di milioni di euro.
Insomma la linea che si può tratteggiare è quella che quando i governi salvano le banche, non lo fanno per i correntisti o con la scusa, sempre buona in queste occasioni, di salvaguardare posti di lavoro (chiudono 600 sportelli!), ma per coprire le falle di un sistema che permette ai ricchi di questo paese di continuare a riempire i propri portafogli e di tutelare i propri interessi. Poco importa se a rimetterci sono i contribuenti, l’importante è che gli ingranaggi non si inceppino e questo meccanismo di sperequazione sociale continui il proprio corso.
D’altronde questo è dimostrato anche dai commissari, dirigenti, amministratori a cui viene assegnato il compito di gestire le banche in fallimento, che infatti sono sempre gli stessi. Si dirà che servono esperienze e competenze acquisite negli anni ma forse non è proprio cosi. Banca Italia oggi, ha nominato i commissari liquidatori per le due banche: per entrambe c’è Fabrizio Viola.
Non un personaggio a caso, ma l’ex direttore generale ed ex amministratore delegato di Monte Paschi di Siena dal 2012 al 2016.
Proprio per Monte dei Paschi di Siena è stato rinviato a giudizio insieme ad Alessandro Profumo, ex presidente di Mps, con le accuse di aggiotaggio e falso in bilancio. I principali media di questo paese stanno tacendo su questo passato “scomodo” del nuovo commissario.
Sostanzialemente chi è responsabile del fallimento di Mps, oggi si occupa del fallimento delle Banche Venete.
Il cerchio si chiude, la storia si ripete e anche oggi la toppa è stata messa. Quanto durerà?
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