InfoAut
Immagine di copertina per il post

Ancora sui fatti di Parma

[Vedi anche -> Circa i fatti di Parma nella sede della RAF: come riparare 4 crepe prima che qualcosa si rompa per sempre]

Riflessioni sulle notizie da Parma

Prendere parola come compagne e compagni sul tema aperto dagli articoli apparsi sulla cronaca parmense degli ultimi giorni è tanto delicato quanto doveroso. Lo è sia nella misura della solidarietà e della vicinanza con la ragazza che ha subito la violenza, se questa è data per certa, sia per ragionare sulle questioni che tale episodio apre in chiave mediatica e materiale. Lo facciamo ribadendo innanzitutto che spetta a lei, senza interventi esterni, stabilire se si sia trattato di stupro e partiamo nella riflessione dall’atteggiamento della cronaca dei giornali, degli inquirenti e delle realtà di movimento. Questa riflessione parte dalla consapevolezza che se dev’essere la donna a stabilire il “regime di verità”, la reazione da avere deve essere invece collettiva e portata da tutt*.

Le notizie raccontano di una violenza sessuale di gruppo avvenuta nel 2010 presso uno spazio sociale di Parma (utilizzato da un’eterogeneità di gruppi e collettivi), dove lo stupro sarebbe stato oltretutto filmato dai violentatori.

Ci sembra anzitutto evidente come, ancora una volta, la presa di parola della donna in tutto questo sia stata evidentemente e colpevolmente ignorata dai media mainstream. La storia viene raccontata dalle voci degli inquirenti e non dalla sua. Come spesso accade nei casi di violenza sessuale, si lascia ampio spazio a una narrazione morbosa di supposti fatti “oggettivi”, senza chiedersi se chi li ha subiti sia o meno d’accordo con tale racconto e con la sua pubblicizzazione. Sbatti i mostri in prima pagina, rendendo invisibile la donna, la quale diventa nel frattempo semplice comparsa nella storia di qualcun’altro: i giustizialisti da un lato, gli stupratori dall’altro.

Per noi gli episodi di violenza sessuale sul corpo e sulla persona di una donna sono inaccettabili e da combattere in ogni ambito, ma lo sono ancora di più se riguardano spazi di movimento, perché la cultura che li causa e li giustifica, il patriarcato, non è compatibile con il modo di vivere e di attraversare il movimento e gli spazi sociali come li intendiamo.

La stessa esistenza di un video, eventualmente utilizzata a mo’ di trofeo dell’episodio, rappresenterebbe un modo di intendere il sesso e il rapporto con le donne di tipo consumistico e reificante. Tale visione, estranea alla logica antisessista, non può che ricevere il nostro rifiuto, poiché in sintonia con lo sfruttamento dei corpi che viene imposto dal capitalismo e perché denuncerebbe una logica sessista di prevaricazione e probabile volontà di umiliazione di una persona. Sembra quasi banale dirlo, ma necessario nel caso l’episodio si sia svolto così: un conto è la sessualità filmata, ma consensuale e consapevole, un conto è il trofeo e la relazione di potere tra vittima e carnefici che da questo ne consegue. Non ci sono modi meno scontati, ma sufficientemente chiari, di ribadire che ogni espressione del sesso e delle relazioni è per noi possibile se e solo se esplicitamente consensuale.

Nell’emergere di questa storia, a cinque anni dai fatti, ci stupiamo dell’assoluta mancanza di presa di posizione precedente alle vicende giudiziarie, mentre addirittura si attende il “verdetto degli inquirenti” per esprimere un giudizio, o anche solo per essere solidali con la donna coinvolta. Non possiamo che rimanere perplessi dall’atteggiamento auto-assolutorio che una parte dei comunicati usciti negli ultimi giorni assumono, anche alla luce del precedente silenzio, e che usano la retorica del “siamo compagni, noi certe cose non le facciamo”, come se l’essere compagni (e compagne) costituisse una garanzia di “purezza” dalle forme di sessismo (ma anche razzismo ed omofobia, per dirne alcune) che spesso sono introiettate, prima ancora che consapevolmente esplicitate. Affrontiamo questo ragionamento nella consapevolezza che nessuno può ritenersi avulso o estraneo a queste contraddizioni; né intendiamo assumere posizioni ideologiche o miopi sul tema dell’antisessismo e della violenza sulle donne. Intendiamo scegliere da che parte stare e non nasconderci dietro le nostre stesse contraddizioni. Nel momento in cui la cultura contro cui vogliamo ribellarci si insinua nelle nostre relazioni, nel nostro immaginario e nei nostri desideri, sta a noi riconoscerli e contrastarli, in maniera collettiva e senza ipocrisie.

Rimandare il tempo del confronto ad una sentenza costituisce un errore sostanziale da parte di chi vorrebbe essere estraneo alla giustizia delle istituzioni ma poi le chiama in causa al momento di analizzare quanto è avvenuto negli spazi che vive. Sembrerebbe che in presenza di un argomento eccessivamente delicato si scelga di tirarsi indietro, a scapito delle idee che si professano, piuttosto che assumersi la responsabilità di un ragionamento e di una presa di parola collettiva, per quanto questo possa essere difficile. Si rischia di ricadere nella logica giustizialista che vede lo stupro risolto una volta che gli stupratori sono dietro le sbarre e/o puniti, una volta insomma che “l’onore leso sia stato vendicato”.

Il fatto che oggi salti fuori una vicenda non chiarita, per mano delle istituzioni, è un fallimento collettivo, e da questo dato occorre partire per guardare avanti. I rapporti tra di noi vanno resi liberi, e difesi come tali, dalle pratiche che costruiamo nei luoghi che abitiamo. Questo dovrebbe avvenire, e partire dal tentativo quotidiano, di identificare e smascherare le logiche sessiste, ma anche essendo in grado di reagire collettivamente e con fermezza rispetto ai casi di stupro, perché occorre rapidamente accertare se siano tali e intervenire. Questa, a parere nostro, è l’unica garanzia e prevenzione per difendersi dalle strumentalizzazioni.

Quello che dovrebbe essere fatto è operare una scelta, prendere posizione in maniera esplicita e pubblica, su come affrontare gli eventuali colpevoli e non isolare la vittima, immaginare e praticare forme alternative di reazione che non attendano la sentenza di un giudice o la punizione giudiziaria, che contrastino e reagiscano senza mezzi termini ad una violenza, come uno stupro, che non possiamo giustificare in alcun modo. Ignorare un possibile caso di stupro è pericoloso per gli spazi di alterità che desideriamo costruire. La pervasività del sessismo non costituisce una scusa per non combatterlo, sia quotidianamente che a fronte di specifici eventi ma, anzi, ne esplicita l’urgenza e la necessità.

Redazione Infoaut (19/03/2015)

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Culture

Al mio popolo

Lo scorso 25 settembre è deceduta a Cuba Assata Shakur, importante membro delle Pantere Nere prima, della Black Liberation Army poi.

Immagine di copertina per il post
Culture

Sport e dintorni – A proposito di Italia-Israele di calcio e della neutralità dello sport

La retorica dello sport come ambito da mantenersi separato dal resto della realtà presuppone che quanti lo praticano o lo seguono operino una sorta di momentanea sospensione dal mondo a cui pure appartengono, sospensione che riappacifica, durante le gare, le conflittualità e le brutalità quotidiane.

Immagine di copertina per il post
Culture

Palestina, dove si uccide anche la cultura

Come archeologi impegnati nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese, sentiamo l’esigenza e il dovere di esprimerci su quanto accade nella Striscia di Gaza e nel resto della Palestina.

Immagine di copertina per il post
Culture

Lo schianto di un imperialismo straccione

Una rivoluzione che, se aveva fatto scrivere ad una importate testata giornalistica britannica che: «Il capitalismo è morto in Portogallo», aveva avuto però i suoi effetti più sconvolgenti e duraturi in Africa, nei territori un tempo facenti parte dell’”impero” portoghese: Angola, Mozambico, Guinea Bissau e Capo Verde.

Immagine di copertina per il post
Culture

Respirando Gaza

Respiro i miei pensieri, non sono io, è un verso di Blessing Calciati, l’ho letto ieri sera ed è perciò che stanotte mi sono svegliato respirando male.

Immagine di copertina per il post
Culture

“Questo libro è illegale”

Come i testi clandestini nei sistemi autoritari, questo glossario serve per resistere alla repressione e per non piegarsi a una logica da Stato di polizia che criminalizza il dissenso e assoggetta i diritti alla paura.

Immagine di copertina per il post
Culture

“The Ashes of Moria”: che cosa rimane del campo profughi più grande d’Europa?

A cinque dall’incendio che lo ha distrutto, il documentario porta nel cuore del campo, tra odori, rumori, paure e violenze. Allo stesso tempo offre le coordinate per capire i meccanismi attuali delle brutali politiche europee.

Immagine di copertina per il post
Culture

Diritto all’abitare, diritto alla città

Il tema dell’abitare ha assunto una centralità paragonabile al tema lavoro, nella definizione delle gerarchie sociali e dei destini individuali, dentro le metropoli tardocapitaliste.

Immagine di copertina per il post
Culture

XXXIII Festa di Radio Onda d’Urto. 6-23 agosto 2025: tutto il programma!

La Festa di Radio Onda d’Urto si tiene da mercoledì 6 a sabato 23 agosto 2025 in via Serenissima a Brescia! Quella 2025 è un’edizione – la numero XXXIII – speciale perché coincide con i primi 40 anni (1985-2025) di Radio Onda d’Urto!

Immagine di copertina per il post
Culture

Vita e morte di Raffaele Fiore, quando la classe operaia scese in via Fani

Raffaele Fiore ha incarnato l’antropologia ribelle, l’irriducibile insubordinazione di quella nuova classe operaia

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Comunicato delle realtà palestinesi italiane

Roma, 4 ottobre 2025, un milione in piazza per la Palestina libera e la sua Resistenza.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Alcune riflessioni a caldo su “Blocchiamo tutto”

E’ quasi impossibile fare un bilancio organico di queste giornate incredibili. Il movimento “Blocchiamo tutto” ha rappresentato una vera discontinuità politica e sociale nella storia italiana.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Hamas accetta parte dell’accordo. Trump chiede a Israele il cessate il fuoco

Hamas ha risposto al piano del presidente Usa Donald Trump sul futuro di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina: 473 i componenti della Global Sumud Flotilla rapiti. Continua il viaggio della Thousand Madleens to Gaza

Sono 473 i componenti degli equipaggi della Global Sumud Flotilla rapiti in acque internazionali dalle forze occupanti dell’esercito israeliano dopo l’assalto alle imbarcazioni iniziato la sera di mercoledì 1 ottobre 2025 a meno di 70 miglia da Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: Feroce repressione sui pensionati davanti al Congresso ha fatto 20 feriti

I manifestanti stavano sul marciapiede quando le forze di sicurezza federali sono passate all’attacco. Denunciano l’uso di un nuovo gas irritante, più potente di quelli precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bloccando tutto – E’ sciopero generale

Oltre 100 manifestazioni in tutta Italia. Nonostante le intimidazioni del governo le piazze si sono riempite ovunque. Superati ampiamente i numeri del 22 ottobre in molte città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Giorni di protesta in Marocco

Dal 25 settembre sono in corso una serie di mobilitazioni nelle città più grandi del Marocco, da Tangeri fino ad Agadir.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Comunicato di solidarietà all3 compagn3 fermate il 22 settembre a Milano: Ettore e Mina liber3 subito!

Ripubblichiamo il comunicato di solidarietà nei confronti di Ettore e Mina, ora agli arresti domiciliari a Milano scritto e pubblicato dal coordinamento cittadino Torino per Gaza