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Bergamo: un fiume umano contro la repressione

I procedimenti a suo carico non sono conclusi e nel futuro prossimo lo attendono altri responsi dei tribunali. Sta di fatto che la Questura di Bergamo ha nel frattempo deciso di avvalersi di un altro strumento repressivo: la sorveglianza speciale; si tratta di una misura preventiva, quindi non viene comminata perché qualcuno ha compiuto dei reati (altrimenti sarebbe prevista una pena), ma perché si ritiene che una persona sia una futura minaccia per l’ordine pubblico e la moralità e quindi potrebbe potenzialmente compierne. Un giudizio che quindi investe la persona, ci si arroga il diritto di prevedere i suoi comportamenti futuri.

Questa è la pericolosità che deriva dall’applicazione di una misura del genere, eredità del codice Rocco di stampo fascista, ma legittimata nell’ordinamento repubblicano: limitare così gravemente la libertà di circolazione, di associazione, di partecipazione alla vita pubblica per  un individuo dimostra la fragilità di chi per garantire l’ordine pubblico ricorre a strumenti repressivi , che calpestano i diritti fondamentali sulla base di valutazioni discrezionali. Nel corso degli anni le forze di sicurezza a Bergamo non sono state in grado di garantire l’ordine pubblico allo stadio, e fuori, e sono stati molti i Questori che non hanno retto il colpo della piazza bergamasca. Il Questore attuale sceglie di calpestare i diritti per dare un segnale chiaro alla tifoseria: vi elimineremo con ogni mezzo necessario.  E allora ecco che la repressione sceglie una serie di forme speciali da applicare a Galimberti: una quindicina di anni di DASPO, fogli di via da alcune città (l’ultimo da Ascoli notificato guarda caso due giorni prima della decisione del Tribunale sulla sorveglianza), l’incredibile obbligo di stare fuori dalla provincia di Bergamo (dove il Bocia abita e risiede) che lo ha costretto all’”esilio” per mesi. Far apparire un fenomeno un’emergenza serve per giustificare la serie di interventi speciali che si programmano.

E allora L’Eco di Bergamo diviene un alleato strategico: tutto fa brodo pur di screditare gli ultras. La manipolazione dell’informazione è avvenuta raramente con falsità, ma ponendo alla ribalta particolari insignificanti, facendoli divenire il centro della notizia.  Allora se chi frequenta la curva viene trovato con delle sostanze stupefacenti ecco che la sua appartenenza al tifo organizzato diventa cruciale. Come se non si sapesse che le sostanze in questa provincia sono utilizzate da migliaia di persone e sono diffuse un po’ ovunque. Allora il foglio di via da Ascoli per tre ragazzi (di cui solo uno in possesso di un petardo) diventa una Nuova tegola per il Bocia.

Certo la strumentalità nel gestire le informazioni ha provocato molte reazioni  che L’eco di Bergamo non ha potuto ignorare completamente. Qualche spazio bisogna darlo anche alle centinaia di lettere di protesta che arrivano in redazione, ma la bilancia pende decisamente contro gli ultras e il loro mondo.

Il rischio in città è quello di dividersi tra chi difende il Bocia, in quanto amico o ultras e chi lo attacca per tutto quello che rappresenta. Non è necessario schierarsi pro o contro a quello che è ormai divenuto un personaggio: la posta in gioco non è la difesa o la condanna per il leader degli Ultras dell’Atalanta. Il problema è chiedersi se è legittima o meno una misura repressiva come la sorveglianza speciale. La manifestazione di oggi dimostra che contro questo provvedimento gli ultras sanno quanto meno reagire. Non otterranno il ritiro delle limitazioni, ma sono stati in grado di sollevare il problema di fronte a tutta l’opinione pubblica. Per le vie della città hanno sfilato circa millecinquecento persone e oltre alla solidarietà a Galimberti il corteo ha più volte richiesto la liberazione per i tre ragazzi in carcere da oltre un mese. La solidarietà a Claudio Galimberti è arrivata da tutto il paese e ha varcato anche i confini nazionali, ma il fiume di gente che è sceso in piazza ieri e i molteplici attestati di solidarietà dei giorni scorsi hanno dimostrato il radicamento di una curva nel tessuto sociale di Bergamo.

Resta tuttavia da chiedersi: se la sorveglianza speciale fosse stata affibbiata a un comune mortale, senza nessuno pronto a sacrificare tutta la propria energia per lui, chi ne avrebbe parlato? Eppure le persone che subiscono questa misura sono in aumento, oggi giorno in Italia viene applicata su tre persone.

Ieri  una parte della città ha dato un segnale chiaro: le avventate manovre della Questura, avvallate dal Tribunale, sono un pericoloso precedente per tutti. Il fenomeno ultras è stato un comodo laboratorio per le strategie repressive dello Stato. Anni fa qualcuno intravedeva nelle diffide, poi  DASPO,  un pericoloso intervento per arginare il fenomeno della violenza negli stadi: infatti in seguito proprio le diffide siano state distribuite anche per manifestazioni pubbliche che nulla avevano a che fare con il tifo organizzato. Il Questore Fabiano meno di un anno fa proponeva il DASPO dai locali e dai bar per risolvere il fenomeno della movida. Questa proposta evidenzia quanto sia concreto il rischio che l’ordine pubblico venga gestito da moderni sceriffi, pronti a calpestare anche i diritti più elementari.

Se si decide di non alzare la voce contro la indebita restrizione della libertà degli ultras, si rischia di essere poco credibili quando ci si erge a difensori della libertà per contrastare le politiche di controllo e repressione che avvengono sui nostri territori. La libertà è per tutti o per nessuno. I tifosi della Curva nord lo hanno capito prima di altri quando esposero nella curva uno striscione con la scritta “PRIMA GLI ULTRAS POI TUTTA LA CITTA’”.

da BgReport

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