Di calcio femminile, veti e sogni con vittorie sul campo e fuori
Il 23 marzo 1885, nello Stadio Crouch End di Londra, due squadre composte totalmente da donne hanno svolto la prima partita ufficiale della storia del calcio femminile.
di Maria Teresa Messidoro (*) da La Bottega del Barbieri
L’evento era organizzato dal British Ladies Football Club (BLFC), contrapponendo donne del sud e del nord della città di Londra.
Avevano accolto l’invito di Nettie Honeyball, l’organizzatrice del Club e dell’evento.
Per la cronaca, la partita finì 7 a 1 a favore delle donne del nord.
Commentando la partita, il reporter di “The Daily Sketch”, scrisse:
“Pochi minuti sono stati sufficienti a dimostrare che il calcio praticato delle donne, se le British Ladies possono essere prese come criterio, è totalmente fuori questione.
A un calciatore sono richieste velocità, giudizio, abilità e coraggio.
Nessuna di queste quattro qualità è stata mostrata sabato.
Per gran parte della gara le donne vagavano senza meta sul campo,
in un trottare senza grazia.” (1)
Si era fatto subito intendere ciò che avrebbero dovuto subire le donne del calcio.
Ma lo scetticismo e le offese non scoraggiarono Nettie Honeyball e le altre: loro avevano un sogno e lo avrebbero difeso.
Nettie Honeyball era in realtà lo pseudonimo di Jessie Allen, di professione cassiera, che si era appassionata al football ascoltando i discorsi entusiasti dei clienti del suo negozio.
Veniva trattata con sufficienza se solo provava a parlarne. Decise allora di impegnarsi a cambiare per sempre il modo di pensare di una società maschilista e conservatrice come quella inglese: pubblicando un annuncio sui giornali, fondò, la prima lega calcistica femminile.
Bastò questo annuncio per dare inizio alla svolta.
In poco tempo aderirono trenta giovani donne, tutte unite da un obiettivo dichiarato dalla stessa Nettie:
“Dimostrare al mondo che le donne non sono quelle creature ornamentali e inutili che gli uomini immaginano…”
Con il sostegno del marito Frederick Smith, Nettie organizzò un tour attraverso l’Inghilterra.
Dopo la prima storica partita, Il 6 aprile dello stesso anno, al Preston Park di Brighton, una seconda gara vide ancora una volta le “rosse” del nord trionfare sulle “blu” del sud per 8-3.
Ben 5.000 spettatori accorsero alla loro terza gara nella quale rosse e blu raccolsero addirittura 100 sterline d’incassi.
Il tour proseguì per mesi, durante i quali le ragazze lottano per dimostrare che anche loro possono giocare a calcio.
Ma in una società maschilista sembra che si tratti di una partita persa in partenza.
Quello che fino a quel momento era stato criticato e visto con scetticismo, si trasformò in violenza; gli insulti si trasformano in una sassaiola. Quelle donne che volevano solo giocare a calcio furono aggredite violentemente durante un tour in Scozia.
Nessuno condannò, molti, anzi, giustificarono: le ragazze del British Ladies FC capirono che la loro favola era finita.
Il 900 non è stato certo migliore, per il calcio femminile.
Nel 1921, l’Inghilterra proibì il calcio praticato dalle donne, almeno a livello ufficiale. A ruota, la Germania lo proibì dal 1941 al 1970, la Francia dal 1940 al 1970.
Il problema era profondo: il calcio non era soltanto inteso come un gioco prettamente maschile, ma come un gioco in cui si rafforzava la mascolinità. Quindi il calcio femminile doveva essere considerato nocivo per le donne dal punto di vista della salute, e scorretto, partendo dai modelli etici sociali allora vigenti. Lo stereotipo comune imponeva il ruolo di una donna madre, angelo del focolare: erano quindi da evitare giochi considerati aggressivi, capaci di ledere la femminilità.
Il calcio femminile era giunto anche in Italia, in netto ritardo rispetto ad altri paesi europei, agli inizi del 1933 grazie ad un gruppo di ragazze milanesi che aveva fondato il Gruppo Femminile Calcistico. Le calciatrici indossavano gonne e sottane ed in porta giocavano dei ragazzini quindicenni.
L’11 giugno 1933 le calciatrici milanesi giocarono la prima partita davanti al grande pubblico: G.S. Cinzano-G.S. Ambrosiano. Il match si replicò il 9 luglio e tra gli spettatori vi erano anche alcuni dirigenti dello Sparta Praga, a Milano per la semifinale della Mitropa Cup.
Il calcio femminile cominciò a diffondersi, tanto che la società Serenissima di Alessandria dopo quell’estate costituì una sua squadra.
Ai primi di ottobre era stato programmato un incontro di calcio proprio tra le milanesi e le alessandrine, ma alla fine la partita saltò per l’intromissione del CONI, che il 22 novembre 1933 rende pubblica la propria decisione attraverso le colonne del Littoriale (l’attuale Corriere dello Sport)
Ecco la parte più significativa dell’intervento:
“Si può affermare dunque che il C.O.N.I., pur non contrastando il naturale, spontaneo, libero fiorire di una attività femminile nostrana, ossequiosa sempre delle norme che il Regime ha dettato per l’educazione civile della donna, ne segue d’anno in anno le manifestazioni con il fermo proposito di mantenere nei limiti di quegli esercizi nei quali, nelle Olimpiadi moderne, sono state con onore ammesse le donne.
Sarebbe invero antitetico con il dovere del C.O.N.I., ché quello di ottenere che una nazionale florida e vivente, quale è l’Italia, affermi in ognuna delle prove olimpiche la propria efficienza e maturità sportiva, che in Italia si ostacolassero legittime manifestazioni, di una metodica attività sportiva femminile, quando educatori, politici, fisiologhi, tecnici, uomini insomma di specchiata responsabilità, in ogni altra nazione civile, hanno proclamato utili gli esercizi sportivi permessi alle donne nelle Olimpiadi, alla integrazione morale e fisica delle migliori qualità muliebri. Tali esercizi sono: alcune prove, proporzionalmente e scientificamente ridotte, di atletica leggera; il fioretto per la scherma; il pattinaggio artistico; la ginnastica collettiva; alcune prove di nuoto; il tennis.
In ossequio a tale programma, e conscio dei doveri che il Regime gli ha affidati, il C.O.N.I. ha sempre represso, o fatto reprimere, qualsiasi tentativo sporadico di introdurre in Italia uno “spettacolare” sportivo femminile, che del resto, non esitiamo ad affermarlo, sarebbe stato condannato dal nostro pubblico. Anche recentemente il C.O.N.I. ha perentoriamente vietato esibizioni pubbliche di calcio femminile, come per il passato ha fatto per il pugilato.” (3)
Tale divieto determinò la fine sia del Gruppo Femminile Calcistico che della sezione femminile della Serenissima. E farà calare il sipario sul calcio femminile in Italia
L’America Latina non fu una eccezione nell’ostacolare il calcio femminile, anche se le proibizioni non furono così esplicite.
In Argentina, ad esempio, il calcio femminile iniziò nella decade del 1920, ma ben presto fu tacciato di invasione, e lo stesso successe in Cile, dove squadre come Las Atómicas e Las Dinamitas, che incominciarono a giocare nel 1950, furono messe in ridicolo dalla stampa e dalla società.
Le donne giocano al calcio soltanto per attrarre gli uomini
Non sono mancate le proibizioni ufficiali, come in Brasile, dove nel 1941, sotto la presidenza di Getúlio Vargas, venne emesso un decreto, la legge 3199, che affermava:
Non si permetterà alle donne praticare sport incompatibili con la loro natura
La parola d’ordine era dunque controllare i corpi delle donne, impedendo che volassero sui campi da gioco.
Una parola d’ordine difficile da rispettare, visto che nel decennio del 1930, solo a Rio de Janeiro, c’erano 15 squadre femminili, che a volte suscitavano più interesse che le corrispondenti squadre maschili. (4)
Avvolgiamo rapidamente il nastro della storia e arriviamo ai giorni nostri, mentre si gioca la nona edizione dei Campionati mondiali di calcio femminile, in Australia e Nuova Zelanda
La prima volta fu nel 1991 in Cina, vinsero gli Stati Uniti, che dominarono il torneo.
In questa edizione, Colombia, Argentina, Brasile, Panama, Costarica e Giamaica stanno rappresentando il mondo latinoamericano nel calcio femminile. Con molte speranze e obiettivi da raggiungere.
Gabriela Ardila, storica colombiana autrice del libro A las patadas: historias del fútbol practicado en Colombia desde 1949 scrive che “il calcio è diventato importante nei paesi latinoamericani per combattere una idea di nazione tipicamente maschile. Una idea di nazione forte, competitiva, che esercita resistenza all’entrata delle donne, e dei loro corpi, nel mondo calcistico” (5)
Mi piacerebbe raccontare la storia di Marta Vieira Da Silva, giocatrice brasiliana, che con i suoi 37 anni è diventata una leggenda del calcio femminile. Nel 2018 vinse il premio The Best della Fifa.
O della colombiana Catalina Usme, 33 anni, riconosciuta come leader nella sua nazionale, oltre ad essere prima nella classifica delle marcatrici della Colombia.
Non potrei dimenticarmi di Estefania Banini, considerata una delle migliori giocatrici argentine di tutti i tempi, anche se attualmente gioca nell’Atletico Madrid.
Più volte ha denunciato il maschilismo nello sport.
Ancora più sconosciute sicuramente sono Marta Alejandra Cox, giocatrice di Panama, venticinquenne, e Melissa Herrera, 25 anni, costaricense e attualmente giocatrice del Bordeaux.
Per non parlare di Camila Lujián Gómez, una emigrante paraguayana di 18 anni, che vive nel fatiscente quartiere Barrio 31 di Buenos Aires. Camila, giocatrice di calcio per passione, non riceve un salario per questa sua attività e deve districarsi tra un lavoro come baby sitter e il tempo da dedicare al calcio. (6)
O di Pamela Sibrián, ala destra di Alianza Women, una squadra di calcio femminile salvadoregna, fondata il 15 giugno 2016, divenuta una delle squadre più importanti a livello nazionale e centroamericano. Le ragazze che diedero vita a questo sogno, si allenavano in un campetto improvvisato di fronte all’Hotel Sheraton; il campo ora non c’è più, perché è stato sostituito da un parcheggio, ma quelle ragazze hanno reso possibile il loro sogno.
Nella mia infanzia ho giocato al calcio, ero ala sinistra per la precisione, sfruttando i miei tiri mancini; allora giocavo in una improvvisata squadra mista, riempiendo le giornate di estate assolate in campagna dai nonni.
Ho sempre seguito con passione il calcio, oggi ancora di più quello che richiama l’attenzione sulla breccia salariale tra donne e uomini sui campi da gioco, quello che ci ricorda che la parità è doverosa ma difficile da conquistare.
Per la cronaca, negli attuali campionati del mondo femminili, Panama, Costa Rica e Haiti sono stati eliminati con 0 punti nei propri gironi, Argentina e Brasile sono state clamorosamente eliminate, passano agli ottavi invece la Colombia e l’imprevedibile Giamaica, che ha segnato un solo goal nel girone, con Allyson Swaby. Sorprendentemente, passa il turno il Marocco, che emula i propri fratelli maschi, giunti quarti nell’ultimo campionato del mondo maschile.
Accede agli ottavi anche la Nigeria, con la sua campionessa Asisat Oshoala, che ha scelto il calcio, preferendolo al percorso da avvocatessa. Ha girato mezzo mondo, diventando la prima calciatrice africana a militare nel campionato inglese, poi ha giocato in Cina, ora è al Barcellona.
E l’Italia? Scusatemi, ma anche nel tifo calcistico sono internazionalista.
- https://www.golditacco.it/23-marzo-1895-la-prima-volta-del-calcio-femminile-nettie-honeyball-la-pioniera/ ; leggere anche https://www.uomonelpallone.it/nettie-honeyball-prima-donna-nel-pallone/
- Frase riportata nel libro Futbolera: A History of Women and Sports in Latin America, di Brenda Elsey e Joshua Nadel
- Tratto da https://www.glieroidelcalcio.com/il-calcio-femminile-vietato-dal-regime/ un articolo in cui appaiono anche queste indicazioni bibliografiche per saperne di più sul calcio femminile in Italia: “Le pioniere del calcio. La storia di un gruppo di donne che sfidò il regime fascista”della Bradipolibri (Prefazione scritta dal CT della nazionale Milena Bertolini)
e “Quando le ballerine danzavano col pallone. La storia del calcio femminile” della GEO Edizioni (Prefazione scritta dal Vice Presidente L.N.D. Delegato per il Calcio Femminile Sandro Morgana).
- Informazioni tratte da https://nuso.org/articulo/futbol-femenino-america-latina-historia-feminismo-mujeres/ , un articolo completo e dettagliato di Claudia Martínez Mina
- https://it.eseuro.com/sport/568147.html
- http://enelarea.com.ar/2023/07/22/las-futbolistas-latinoamericanas-nacen-en-los-barrios-mas-pobres/
- (*) Tifosa, curiosa, amante dell’America Latina sempre
La “bottega” segnala che Maria Teresa Messidoro (colonna di codesto stra-blog) scrive spesso – e bene – intorno al groviglio che potremmo definire sport/donne; qui il penultimo suo articolo: Giochi centramericani: nomi e soprannomi, sport e politica
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