InfoAut
Immagine di copertina per il post

Cella zero, 22 agenti indagati per i pestaggi nel carcere di Poggioreale

A Gennaio 2014 Fanpage.it, in un servizio esclusivo, raccoglie la testimonianza di un ex detenuto che apre lo squarcio decisivo sull’orrore della“cella zero” del carcere di Poggioreale. Ma le denunce – scopriamo –  erano già 40, ed erano tra le mani della Garante dei Detenuti della Campania, Adriana Tocco. Pareti sporche di sangue, maltrattamenti, percosse, timpani perforati a suon schiaffi e pugni. “Erano le dieci e mezza di sera. All’improvviso, senza motivo sono stato portato giù nella cella zero: le guardie mi hanno fatto spogliare nudo, mi hanno picchiato, mi hanno umiliato”: così iniziava l’intervista realizzata dal nostro giornale, che raccontava l’esistenza di una “cella zero” e di indicibili violenze. Una Abu Ghraib napoletana.

Una lunga battaglia contro le violenze in carcere

Ma erano anni che si parlava di una cella degli orrori. Il primo a denunciarne l’esistenza, nel 2012, è stato Pietro Ioia, attivista per i diritti dei detenuti, presidente dell’associazione degli ex detenuti napoletani, che contro i maltrattamenti nel carcere napoletano ha ingaggiato una lunga battaglia. Sempre nel 2012, dopo la denuncia di Ioia, l’associazione “Il carcere Possibile”, guidata a quei tempi dall’avvocato Riccardo Polidoro,presentò un esposto in Procura a Napoli. Nel 2014, a seguito del servizio e della conseguente bufera mediatica, fu aperta un’altra inchiesta condotta dai procuratori aggiunti Valentina Rametta e Giuseppina Loreto e coordinata dal pm Alfonso D’Avino, che accorpò anche la precedente. Poi seguì una visita della Commissione Libertà Civili del Parlamento europeo e la direttrice, Teresa Abate, fu sollevata dall’incarico e trasferita in un’altra sede. Anche l’associazione Antigone Campania e i Radicali ebbero parole dure per quella modalità di gestione del carcere, improntata sulla violenza. L’esistenza della cella espressamente “adibita” ai pestaggi non sembra aver trovato ancora riscontri specifici nell’attività investigativa, ma ci sono 22 agenti indagati e un medico per lesioni e abuso di mezzi di correzione nei confronti dei detenuti.

L’inchiesta della Procura di Napoli

L’inchiesta della Procura di Napoli, condotta dai procuratori aggiunti Valentina Rametta e Giuseppina Loreto e coordinata dal pm Alfonso D’Avino, è molto complessa ma stamattina sono arrivati i 23 avvisi di conclusione delle indagini: ora bisognerà capire se per gli indagati si deciderà il rinvio a giudizio o l’archiviazione. Al di là della verità giudiziaria, che emergerà, c’è quella raccontata, vissuta, incisa sulla pelle degli ex detenuti. “Dopo le denunce, con il nuovo direttore non arrivano più notizie di pestaggi e violenze sui detenuti – racconta Pietro Ioia – E’ un risultato straordinario. Io per primo ho subito tante volte violenze all’interno di quel carcere. Anche per futili motivi, come nel 1995: mi pestarono a sangue perché avevo un mazzetto di carte in cella, con il quale passavo il tempo. Una volta, negli anni Ottanta, sono stato anche incappucciato e minacciato con un cappio”. Ma Ioia non era certo un’eccezione: “Negli anni ho visto centinaia di detenuti con i timpani spaccati e gli ematomi sul corpo”.  Tanto è stato fatto, dopo la bufera, ma tanto resta ancora da fare: “Per trent’anni c’era una squadretta, un gruppo fisso di persone – racconta – Da quello che so, le guardie indagate non hanno più contatti con i detenuti”. Se ci sarà un processo, annuncia Ioia, l’associazione degli ex detenuti napoletani si costituirà parte civile: “Oggi è un’ulteriore conferma che ho sempre detto la verità, nonostante i tanti attacchi ricevuti per questo”.

Il carcere di Poggioreale sta lentamente cambiando

Dopo lo scandalo, il direttore del carcere di Poggioreale, da due anni, è Antonio Fullone: dagli ambienti penitenziari trapela una relativa serenità rispetto a quanto sta accadendo, si era preparati all’eventualità di uno sviluppo delle indagini in questo senso e negli anni si è cercato di rasserenare il clima tra guardie penitenziarie e detenuti, seppur in un contesto complicatissimo – sovraffollamento, inclinazione alla violenza, condizioni a volte fatiscenti del carcere – e ora un primo risultato raggiunto sembra essere una complessiva diversità relazionale. Contestualmente, ci sono stati alcuni cambiamenti all’interno della casa circondariale che – ricordiamo –  tra il 2013 e il 2014 è stata nell’occhio del ciclone e sotto i riflettori dell’Europa, pietra dello scandalo per la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Si è avviata la ristrutturazione di alcuni padiglioni, avviate alcune azioni di manutenzione straordinaria, sono state raddoppiate le ore di passeggio, si stanno introducendo varie attività e si stanno sperimentando le celle aperte, almeno in una parte dell’istituto di pena. Ma tanto resta ancora da fare: basti pensare che Poggioreale è di nuovo sovraffollato, e quest’anno ha toccato e superato più volte la soglia dei 2mila detenuti. Sul versante della violenza, dagli ambienti penitenziari c’è chi pone l’accento sul lavoro psicologico e di accompagnamento che si sta facendo, un cambiamento culturale assolutamente necessario. ( Gaia Bozza da Fanpage )

Poggioreale/Antigone. “Bene si faccia chiarezza. Se le denunce fossero provate, ancora una volta mancherebbe il reato di tortura”

Si è chiusa oggi l’inchiesta sulle violenze che sarebbero avvenute nel carcere di Poggioreale – e in particolare nella cosiddetta “cella zero” – tra il 2012 e il 2014. A denunciarle furono alcuni detenuti che, direttamente, avrebbero subito tali violenze per le quali oggi 23 persone (22 agenti di polizia penitenziaria e un medico) risultano indagate.

La cella zero sarebbe una stanza vuota, senza videosorveglianza, sporca di sangue sulle pareti.

I reati ipotizzati a vario titolo dalla Procura di Napoli – che segue l’inchiesta – vanno dal sequestro di persona, all’abuso di autorità, maltrattamenti, lesioni, violenza privata.

“Ogni tentativo di fare chiarezza è sempre importante, soprattutto nei casi di violenze che avvengono quando un cittadino è sottoposto all’affidamento dello Stato” dichiara Patrizio Gonnella, presidente di Antigone. “Quello che ci auguriamo è che si arrivi presto ad appurare eventuali responsabilità senza che, nel caso di colpevolezza degli indagati, intervenga la prescrizione come già avvenuto in altri casi simili”.

“In episodi come quelli denunciati nel carcere di Poggioreale, infatti, il rischio di prescrizione, proprio nei casi di colpevolezza, è sempre molto alto poiché spesso le denunce avvengono molto tempo dopo i fatti, anche per paura di eventuali ritorsioni finché si è sottoposti a custodia” prosegue Gonnella che sottolinea come, dai primi casi che emergerebbero da queste denunce, sarebbero già passati 4 anni.

“Purtroppo, se i fatti denunciati corrispondessero a realtà, dovremo constatare ancora una volta come in Italia manchi il reato di tortura poiché, soprattutto le violenze che sarebbero avvenute nella cella zero, questo sono”. “Reato di tortura – sottolinea ancora il presidente di Antigone – che eviterebbe anche il rischio della prescrizione e quindi dell’impunità”.

“Per tale ragione – conclude Gonnella – chiediamo che non si perda ulteriormente tempo e a settembre il Parlamento ricalendarizzi la discussione e approvi la migliore legge possibile”.

Un ulteriore elemento riguarda la questione dell’isolamento.

“Benché la cella zero, se fosse riconosciute le accuse, rappresenterebbe un luogo che va al di là di ogni regolamento – sottolinea ancora Gonnella – l’isolamento è un particolare regime dove, più facilmente, possono avvenire violenze. Rappresenta inoltre una soluzione particolarmente afflittiva che spesso porta i detenuti ad atti di autolesionismo e a suicidi”. “Per questa ragione – conclude Gonnella – abbiamo da poco presentato una proposta di legge, invitando i parlamentari della Commissione Giustizia di Camera e Senato di farla loro, per una riforma profonda di questo regime”.

La proposta di legge di riforma dell’isolamento e alcuni degli episodi avventui in questi reparti nel corso degli anni.

da: osservatoriorepressione.info

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Culture

Un’Anabasi post-sovietica. Storia del Gruppo Wagner

Gli uomini in mimetica camminano soli o a coppie dentro fitti banchi di nebbia, a malapena si intravedono i campi desolati attorno alla lingua di cemento.

Immagine di copertina per il post
Culture

Il primo vertice antiterrorismo internazionale – Roma 1898

Un evento spesso trascurato dalla storiografia italiana, anche da quella che si è occupata del movimento operaio e delle sue lotte, ma che obbliga a riflettere su una serie di nodi ancora tutti da sciogliere

Immagine di copertina per il post
Culture

Frankenstein, quel mostro nato dalle ombre oscure della guerra

Al mostro viene negato un nome e una individualità, esattamente come al proletariato

Immagine di copertina per il post
Culture

“No Comment”: i Kneecap tornano a colpire con Banksy

Dalla Belfast ribelle al cuore dell’establishment londinese, i Kneecap tornano a colpire.

Immagine di copertina per il post
Culture

Israele sull’orlo dell’abisso

Ilan Pappé, La fine di Israele. Il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina, Fazi Editore, Roma 2025, pp. 287

Immagine di copertina per il post
Culture

Se la Cina ha vinto

Se l’obiettivo di un titolo apodittico come “La Cina ha vinto” è convincere il lettore della validità della propria tesi, Alessandro Aresu vi riesce pienamente.

Immagine di copertina per il post
Culture

Mala tempora currunt

Don’t let this shakes go on,It’s time we have a break from itIt’s time we had some leaveWe’ve been livin’ in the flames,We’ve been eatin’ out our brainsOh, please, don’t let these shakes go on(Veteran of the Psychic Wars, 1981 –Testo: Michael Moorcock. Musica: Blue Oyster Cult) di Sandro Moiso, da Carmilla Che per l’Occidente […]

Immagine di copertina per il post
Culture

Bolivia in fiamme: dentro un ecocidio latinoamericano

Bolivia Burning: Inside a Latin American Ecocide è un documentario di 52 minuti di The Gecko Project che porta gli spettatori all’interno di una delle crisi ambientali più sottovalutate al mondo: la rapida distruzione delle foreste in Bolivia.

Immagine di copertina per il post
Culture

Scolpire il tempo, seminare il vento, creare antagonismo

Siamo la natura che si ribella!, ammonisce con efficace sintesi uno striscione no-tav esprimendo un radicale antagonismo nei confronti del mortifero sfruttamento capitalista patito dall’essere umano e dalla natura, di cui è parte.

Immagine di copertina per il post
Culture

Al mio popolo

Lo scorso 25 settembre è deceduta a Cuba Assata Shakur, importante membro delle Pantere Nere prima, della Black Liberation Army poi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi e appalti: l’Italia mantiene aperto il canale con l’industria militare israeliana

Nonostante la campagna di sterminio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, Arma dei Carabinieri e Polizia di Stato continuano ad equipaggiare i propri reparti di pronto intervento rifornendosi presso le più importanti aziende israeliane.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Morte di Ramy Elgaml: altri due indagati per falso tra i carabinieri premiati con l’Ambrogino d’Oro

Altri due carabinieri sono stati iscritti nel registro degli indagati con le accuse di aver fornito false informazioni al pubblico ministero e di falso ideologico in atti pubblici nell’ambito dell’indagine sulla morte di Ramy Elgaml

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Genova: corteo operaio sotto la Prefettura. Sfondate le reti della polizia, lacrimogeni sulle tute blu

La rabbia operaia continua a riempire le strade della città ligure contro il (non) piano del governo Meloni sul destino di migliaia di operai ex-Ilva e sul futuro del comparto siderurgico in Italia.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Presidio permanente di San Giuliano: dove abbattono case, noi costruiamo resistenza!

Martedì 2 dicembre, durante l’assemblea popolare, i/le giovani No Tav, hanno fatto un importante annuncio: casa Zuccotti, dopo essere stata espropriata da Telt, torna a nuova vita.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: riflessioni attorno “all’assalto squadrista alla sede della Stampa” e alla libertà di informazione

Il centro sociale Askatasuna di Torino è tornato al centro del dibattito politico nazionale dopo l’azione alla redazione de La Stampa del 28 novembre durante la manifestazione nel giorno dello sciopero generale

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Appello di docenti, ricercatori e ricercatrici universitarie per la liberazione di Mohamed Shahin

Riportiamo l’appello di docenti, ricercatori e ricercatrici per la liberazione di Mohamed Shahin, per firmare a questo link.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili in Italia

Diamo il via all’inchiesta collettiva sugli investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili che abbiamo deciso di iniziare durante la “Due giorni a difesa dell’Appennino” a Villore, di cui qui si può leggere un resoconto e le indicazioni per collaborare a questo lavoro.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Un primo resoconto dell’appuntamento “Due giorni a difesa dell’Appennino”: come continuare a rendere vivi i nostri presidi di resistenza dal basso

Iniziamo a restituire parte della ricchezza della due giorni a difesa dell’Appennino, svoltasi in una cornice incantevole a Villore, piccolo paese inerpicato tra boschi di marronete e corsi d’acqua, alle porte del parco nazionale delle Foreste Casentinesi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bambini sfruttati e affumicati nei campi della California

Molto lontano dai campi di Entre Ríos o Santa Fe, i bambini contadini della California lavorano dagli 11 ai 12 anni, sfruttati, mal pagati, in terreni affumicati con pesticidi e con il terrore di essere deportati insieme alle loro famiglie di migranti.