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Dopo il Calcio le Olimpiadi, Israele blocca i materiali degli atleti palestinesi

Domani è prevista la cerimonia d’apertura dei giochi di Rio e non è ancora stato risolto il problema provocato dal blocco compiuto dalla sicurezza di Israele del materiale di gara e allenamento e delle uniformi da cerimonia degli atleti palestinesi. “Ormai le nostre cose non arriveranno in tempo in Brasile – prevede il judoka Simon Yacoub – e noi uomini compreremo un vestito per la cerimonia d’apertura. La nostra portabandiera per fortura sarà in uniforme con i colori della Palestina”.
 
Dopo il calcio, le Olimpiadi. Una nuova assurda vicenda conferma la grande difficoltà che i palestinesi, a causa dell’occupazione militare israeliana, incontrano quando praticano uno sport o devono partecipare a competizioni internazionali. La piccola delegazione olimpica della Palestina, appena sei atleti, ha denunciato al suo arrivo a Rio che la sicurezza israeliana, alla partenza per il Brasile, ha bloccato tutti gli indumenti da gara e da allenamento, le divise per la sfilata della cerimonia di apertura delle Olimpiadi e persino la bandiera. «Con noi abbiamo solo un paio di magliette a testa per allenarci e l’uniforme da podio, nient’altro – ha spiegato la capo delegazione palestinese, Ghadya Abu Zayyad incontrando i giornalisti all’arrivo al villaggio olimpico – se le cose non cambieranno subito, saremo costretti a cucirci da soli una bandiera per la cerimonia d’apertura e a comprarci divise improvvisate. Speriamo che il Cio risponda alla nostra richiesta di aiuto».

Cosa stia pensando di fare il Cio non è noto. E’ possibile che agli atleti palestinesi sia fornito del materiale, almeno per gli allenamenti. Sono però indispensabili gli indumenti da gara, con i colori nazionali. Più di tutto servono le divise e la bandiera per la sfilata dell’apertura dei giochi, quando la delegazione entrando nello stadio potrà affermare l’esistenza della Palestina in mondovisione, sotto gli occhi di almeno due miliardi di persone che in quel momento saranno davanti agli schermi televisivi. Non è un mistero, i palestinesi lo dicono apertamente, è questo il momento più importante per il loro team inviato a Rio. La presenza ai Giochi è motivo d’orgoglio per un popolo che aspira da decenni alla libertà e alla piena autodeterminazione. Invece dal punto di vista sportivo i sei atleti della Palestina non avranno possibilità di mettersi in luce. La loro presenza è solo simbolica e avvenuta in alcuni casi grazie alle wild card che il Cio garantisce alle nazioni che non raggiungono i risultati minimi per la qualificazione.

Mayada Assayad, 23 anni, l’atleta di punta del team palestinese, non ha fatto ricorso alla wild card e proverà a fare una bella figura nella regina delle competizioni olimpiche, la maratona. Nel nuoto la Palestina sarà rappresentata da Ahmad Jibril, 24 anni, nei 200 metri stile libero, e da Mary al Atrash nei 50 stile libero. Jibril aveva già partecipato ai Giochi Olimpici di Londra 2012 e in questi ultimi mesi si è allenato in Algeria. «In ogni caso prendere parte ai giochi per me è già una conquista importante. Farò ogni sforzo possibile per ottenere risultati positivi, per me, la mia famiglia e la mia gente», ha spiegato la giovane prima di partire per Rio. Con lo stesso spirito scenderà in gara Simon Yacoub, iscritto alle eliminatorie di judo, categorica 60 kg. Nell’equitazione la Palestina sarà rappresentata da Christian Zemerman, 54 anni, un cittadino tedesco di origini palestinesi. Ai Giochi dovrebbe prendere parte un sesto atleta palestinese, Mohammad Abu Khusa, un velocista che si è allenato per mesi alle Mauritius. La sua presenza però è molto incerta, pare per un infortunio.

Il Comitato olimpico palestinese (Cop), attraverso il suo segretario generale, Munther Masalmah, ha espresso grande soddisfazione per l’atteggiamento che i giovani palestinesi mostrano verso lo sport, malgrado le grandi difficoltà che devono affrontare per la mancanza di fondi, di strutture adeguate in Cisgiordania e nella malandata Striscia di Gaza e per le restrizioni attuate dalle autorità israeliane. L’ultima, appunto, con il blocco alla partenza degli indumenti da gara, le divise e la bandiera, per motivi che ieri sera restavano oscuri. Oggi, secondo quanto ha detto al manifesto un portavoce del Cop, Jawad Abdallah, dovrebbe essere diffuso un comunicato ufficiale che farà il punto della situazione e della risposta del Cio alla richiesta di aiuto dei palestinesi.

Intanto, nella Cisgiordania occupata, dopo gli ostacoli frapposti per presunte ”ragioni di sicurezza” da Israele, finalmente questo pomeriggio si disputerà ad Hebron l’attesa partita di ritorno della finale della Coppa della Palestina, fra la squadra locale, al-Ahli, e gli Shebab di Khan Younis (Gaza). Israele, pare dopo un intervento della Fifa, ha rilasciato i permessi ai giocatori di Gaza che aveva bloccato mercoledì scorso al valico di Erez rendendo impossibile lo svolgimento del match. La partita oltre ad assegnare il titolo di vincitore della premier league palestinese, apre la strada alla partecipazione ai Giochi d’Asia. All’andata, disputata a Gaza dieci giorni fa, ha prevalso la squadra di Hebron per 1-0.

da ilmanifesto

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