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Elezioni: sistema politico in disfacimento…è un male?

Un italiano su quattro che non vota, a cui vanno aggiunte le schede bianche (1,2%) e nulle (2,5%); il boom del MoVimento 5 Stelle, primo partito alla Camera per poche decine di migliaia di voti e decisivo, con la sua sessantina di senatori, a Palazzo Madama. E ancora: Berlusconi che perde meno del previsto, la Lega che crolla in Veneto e Piemonte ma tiene in Lombardia e si aggrappa al risultato del Pirellone, dove lo scrutinio è appena iniziato; il centrosinistra, con Pd al 25,4% e SeL al 3,2% che conquista il premio di maggioranza alla Camera, anche se per soli 124mila voti, figli dell’accordo con i trentini della SVP, mentre al Senato in attesa dei dati definitivi dell’estero è testa a testa attorno ai 120 seggi con il centrodestra: una sfida comunque inutile, dato che nessuno avrà  la maggioranza assoluta pari a 158 senatori.

E ancora: la bocciatura per la lista dell’austerity targata Monti, al 10%, con Udc (forse) e Fli (certamente) fuori dalla Camera. L’asfaltatura per Rivoluzione civile, ben lontana dalle soglie di sbarramento, sia alla Camera che al Senato, lascia fuori dal Parlamento Rifondazione, Pdci, Verdi e IdV, mentre il PcL di Ferrando ottiene 90mila voti, lo 0,3%. Infine, la conferma dell’inesistente consenso elettorale di neofascisti vari: 0,26% per Forza Nuova, 0,15% Casa Pound, 0,13 Fiamma Tricolore.

Questi i dati, in estrema sintesi, che emergono dal voto delle politiche di domenica e lunedi.

Oggi i media mainstream discettano di percentuali e scenari futuri. Più sensato, invece, guardare i numeri assoluti, che danno il senso di un cedimento strutturale del sistema politico uscito da Tangentopoli.Innanzitutto i votanti: nel 2008 andarono alle urne 38 milioni di italiani, mentre ieri poco più di 35 milioni. Alla Camera, dove votano anche gli under 25, il Pd perde poco meno di un terzo dei voti: da 12 milioni a 8milioni e mezzo. Poche migliaia di voti in meno rispetto allo tsunami del MoVimento 5 Stelle.

L’altro arto del bipolarismo sghembo di questi vent’anni, il Pdl, fa peggio del Pd: passa da quasi 14milioni di voti, nel 2008, a poco più di 7milioni, ieri. Anche la Lega nord si dimezza: da 3milioni e 1milione e 400mila consensi, pari a 18 deputati. Per la prima volta, quindi, i leghisti non hanno i numeri per il proprio gruppo a Monte Citorio, salvo probabili deroghe di Palazzo. Il mancato tracollo del centrodestra è attribuito quindi non ai partiti della coalizione, quanto alla capacità elettorale diretta di Berlusconi, dimostratasi anche ieri.

Il tentativo di puntellare il sistema di finta alternanza fino ad oggi in vigore con l’innesto di Monti non è riuscito. Ai centristi sono andati 3,5milioni di voti, con l’Udc ridottosi a un quarto: da 2milioni a circa 600mila. Infine Ingroia, che fa peggio della Sinistra Arcobaleno: allora Bertinotti, fuori dal Parlamento, arrivò a 1milione e 124mila voti, diventati 765mila nell’ultimo week end. Arretra, sempre a sinistra, anche il Pcl di Ferrando: nel 2008 aveva 200mila voti; ieri, 90mila.

Dal punto di vista del nuovo possibile esecutivo, tutto è ancora in alto mare.  Bersani è intervenuto nella notte sostenendo di “voler gestire il risultato nell’interesse dell’Italia”. Le parole di Bersani, unite a quelle di Vendola, che ha parlato di “convergenze con i 5 Stelle”, stoppano le prime dichiarazioni dei democratici come il responsabile economico Fassina, che aveva parlato della necessità di tornare al voto quanto prima, oltre ai mal di pancia interni, con Civati che chiede la testa del segretario. Contrario alle urne anche Berlusconi, che parlando alla televisione di famiglia, Canale 5, ha sostenuto di non “ritenere le urne una buona prospettiva. Serve un governo, rifletteremo con il Pd”. L’ipotesi di un governissimo, però, sarebbe già stata respinta dallo stesso Bersani.

Di alleanze si parlerà probabilmente dopo l’esito delle Regionali: lo scrutinio è iniziato alle 14, si votava in Lombardia, Lazio e Molise, tre regioni di centrodestra, dove le giunte erano cadute per i guai giudiziari di Pdl e Lega Nord. I primi dati assegnerebbero il Molise al centrosinistra, in vantaggio anche nel Lazio ma con il MoVimento 5 Stelle a poche incollature. La Lombardia resterebbe invece, seppur di poco, nelle mani del centrodestra in generale, e del leghista Maroni in particolare.

Ascolta le considerazioni del ricercatore in studi politici alla statale di Milano Raffaele Sciortino:

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da radiondadurto

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