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Euro-crisis. Il Re-nzi è nudo

Il piccolo terremoto d’oltralpe ridicolizza i vagheggiamenti dei vari retroscenisti dei giornali nostrani su un presunto asse Roma-Parigi deciso a pretendere maggiore flessibilità rispetto ai vincoli sul rapporto deficit/pil. Non solo, un Hollande in vena di strigliate ha convocato a Parigi un vertice del Partito Socialista Europeo proprio alla vigilia del consiglio europeo del 30 agosto che deciderà i nomi e i ruoli della nuova commissione europea, sede nella quale, come si strombettava su alcuni nostri fogliacci, Renzi, mosso da un pizzico di frizzante ribellismo, avrebbe provato a fare la voce grossa sulla flessibilità, facendosi forte di un presunto appoggio francese. Frottole.

I ruggiti del coniglio fiorentino non spaventano nessuno, in primo luogo Draghi, il quale davanti a queste sparate sullo sforamento del deficit ha serenamente alzato le spalle, invitando Renzi a cedere maggior sovranità in materia di politica economica e raccomandandosi, fintanto che sta lì, di portare almeno a termine le riforme… quelle sul mercato del lavoro, s’intende, mica quelle quisquilie delle riforme istituzionali demandate alla Boschi tra una tintarella e l’altra.

Renzi appare sempre più solo. I centri di potere che contano, in casa, in Europae oltre l’Atlantico, chiedono “fatti e non parole”. Ogni editoriale del Partito di Repubblica a firma Scalfari avanza una bocciatura invocando la giusta transizione a un regime oligarchico, del quale, va da sé, Eugenio non può che candidarsi a esserne partecipe. Solo Napolitano, temporeggiando perché a corto di carte da giocare, per ora resta a guardare senza silurare Renzi, il quale però, in un clima da ultima cena, confidava ai lupetti di San Rossore che anche lui verrà presto rottamato. Non servono le intime confessioni attorno al fuoco del campo scout per rendersi conto che la missione sistemica di Renzi è stata assolta dopo le consultazioni europee: neutralizzato il 5 stelle e omogeneizzato attorno al progetto della stabilità l’intero quadro istituzionale Renzi può anche esser scaricato.

Viale del tramonto allora? Forse… e allora Matteo messo alle strette sfrutta il tempo che gli rimane da qui all’approvazione della legge di stabilità (15 ottobre) per reinventarsi. Ma i compiti a casa che il governo si appresta a svolgere nel Consiglio dei Ministri del 29 agosto e che verranno presentati al Consiglio Europeo del 30 si attengono a una formula ben semplice e per nulla nuova: compressione salariale e investimento sulla rendita, come previsto dallo Sblocca Italia.

Ricette non dissimili da quelle imposte agli altri PIGS mediterranei. Tante sono state le pacche sulle spalle a una Spagna disciplinata per la quale il recente aumento degli indici di produttività ha significato un aumento della disoccupazione e dell’aumento dei carichi di lavoro assoluti. La Pizia della Bocconi, Tabellini, si era già espressa a riguardo invocando la diminuzione dei salari e Draghi non aspetta altro per approdare a una nuova tranche di prestiti alle banche praticamente a tasso zero, come nella primavera 2012.

Sul piano europeo comunque il rebus si fa via via più complesso. I conflitti alla periferia del vecchio continente infettano il cuore della macchina comunitaria iniziando a incrinare alcuni degli attuali equilibri. Sull’Ucraina, ad esempio, la Germania, avendo difficoltà ad invertire sul breve periodo un modello di economia a base export, potrebbe fare una prima mossa fuori dallo schema filo-atlantista che prevalentemente ha caratterizzato la crisi fin’ora. I bandi commerciali russi apriranno una falla profonda nel sistema tedesco nei semestri a venire e giusto l’altro giorno, mentre la Merkel s’intratteneva con Poroshenko, il Vicecancelliere Sigmar Gabriel si è lasciato sfuggire la proposta di una possibile federalizzazione dell’est russofono: esattamente il contrario dell’obbiettivo dell’integrità territoriale ucraina perseguito dalla Junta di Kiev e dagli USA.

Insomma, se anche la Germania, con una produttività impostata a colpi di workfare e mini-job, soffre del rallentamento dei mercati mondiali scivolando verso la stagnazione, allora, entro il quadro continentale, sembrano profilarsi scenari a più dimensioni. Scenari sia di tensione interstatuale, per il conflitto tra la ricerca di competitività interna e sui mercati d’esportazione, sia di accelerazione nell’area Euro dell’imposizione di una sempre più violenta gerarchizzazione salariale, polarizzando una distanza tra governi dell’austerity e terreni sociali da questi sconquassati. Su questi sarà indispensabile sviluppare, con esperimenti di sciopero sociale, le rigidità poste dalle lotte per l’abitare e i campi indicati dalla vivacità delle lotte dei facchini. Laddove non poste da queste istanze di ribellione ai costi unilaterali crisi, le ipotesi di redistribuzione della ricchezza (redditi di cittadinanza, universali. minimi e garantiti), qualora si dessero, si affaccerebbero su questo complesso scenario come esigenza di ulteriore omogeneizzazione e regolamentazione di una dimensione di classe subalterna del lavoro vivo e in funzione delle suddette opzioni di sviluppo sistemico della crisi. Ma chissà che le carte non si possano rimescolare in maniera interessante e con una rapidità inaspettata nel contrasto a queste opzioni proprio laddove Renzi si giocherà le partite più importanti della sua sopravvivenza politica, innanzitutto a partire dal delicato passaggio dell’approvazione della legge di stabilità in autunno…

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