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Giù le mani dai nostri ulivi!

È stata anche molto evidente (stranamente!?) la quasi assenza, almeno apparente, delle forze dell’ordine. Forse perché stavolta non c’erano piante da abbattere? O forse perché ogni tanto allo Stato serve indossare la maschera della democrazia? Di fatto è e sarà ormai memoria storica salentina il brutale attacco autoritario che si è abbattuto ad Oria all’alba del 7 Luglio grazie ai poteri speciali dello stato di emergenza, con gravissime lesioni della libertà di manifestazione del dissenso, di pensiero, di parola, di stampa, calpestando lo stesso Stato di Diritto, visto che è stata anche impedita la possibilità ai legittimi proprietari e al sindaco di Oria di presenziare alle operazioni di eradicazione.

Il corteo è scivolato lungo la strada Oria-Carosino intriso di un’aria comunque strana. Al di là dei ramoscelli, delle corone di ulivo e delle candeline accese portate da molti, non c’era un’atmosfera particolarmente vivace e la stessa rabbia non sfornava nemmeno slogan altisonanti, ma diventava piuttosto riflessiva, consapevole di qualcosa irrimediabilmente già perduto. Tra le campagne, comunque molto verdi, del territorio oriatano, tra le interviste e i filmati di stampa e tv locali in mezzo al corteo, più di qualcuno faceva notare qualcosa di diverso in quelle terre: arature e potature più diffuse, quasi per cancellare i segni di abbandono o di non coltura, brandelli insomma di “resistenza soggettiva” al piano Silletti. Sicuramente il momento più toccante è stato quando il corteo ha lasciato la strada principale per imboccare la “classica stradina sterrata con la barra”, diventata ormai simbolo dell’attacco e della resistenza intorno all’invenzione “FOCOLAIO DI ORIA”. Visibilmente il paesaggio cambiava passo dopo passo. Senza la presenza di numerosi alberi di olivo la sensazione era quella di un deserto in mezzo a tanta vegetazione circostante. Quando poi sono state posate le candeline intorno a ciò che poteva ricordare la preesistente presenza di un grosso tronco di ulivo e al cui posto vi era soltanto un cartello della forestale che, quasi come un epitaffio, indicava il “pericolo del trattamento fitosanitario” (ai posteri l’ardua sentenza!), tutto quel vasto territorio, somigliante prima a un deserto, si trasformava con quei lumini e quegli epitaffi in un cimitero, complice anche la fioca luce dell’imbrunire. In mezzo ai flash per le numerose foto, la rabbia di ognuno saliva immaginando l’intero Salento come un deserto prima ed un cimitero dopo, depositario di urne vergognose della morte e dei resti della nostra cultura, delle nostre tradizioni, delle nostre economie, della nostra storia legata a quegli alberi millenari diventati impotenti di fronte a ruspe e motoseghe.

Il corteo arriva alla fine del suo percorso: il presidio “ORIA RESISTE”, le cui mura prima immerse in mezzo ad un folto verde-olivo, adesso nude e bianche circondate da un enorme piazzale lunare, unico risultato dopo il taglio degli alberi. Qui si tiene un dibattito con macchina e megafono. Tra gli interventi c’è sicuramente da ricordare quello del sindaco, il quale afferma che il comune di Oria sta facendo ricorso al Tar del Lazio contro l’intero programma del piano Silletti e che mette le chiavi della città di Oria a disposizione di tutte le associazioni e comitati che si sono battuti e si batteranno contro tale piano. Tutti gli interventi si sono succeduti con la consapevolezza di una rabbia sempre più crescente verso uno Stato, una Regione o qualsiasi Istituzione che, pur di avvallare chissà quali loschi interessi di progetti profittevoli, puntualmente non si vergogna di calpestare, svendere ed annientare la storia e la geografia di un intero territorio e di un’intera collettività.
Da qui l’esigenza unanime che la rabbia debba assolutamente trasformarsi in solidarietà, in comunanza, in organizzazione per impedire il prosieguo di questo scellerato, ingiustificato ed antipopolare piano Silletti.

Comitato Cittadino Antinucleare Maruggio aderente all’ Assemblea Permanente Olivo Resistente

 

da exitmedia

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