InfoAut
Immagine di copertina per il post

Giustizia preventiva, Antigone chiama in causa la Corte Costituzionale: “Daspo e sorveglianze contro i diritti fondamentali”

Per Simona Filippi, difensore civico dell’associazione Antigone: “Non si possono bollare persone come pericolose solo sulla base di indizi”

A chiedere di accedere i fari sull’abuso che si sta facendo in Italia del ricorso alle misure di prevenzione è Simona Filippi, difensore civico di Antigone, associazione per i diritti e le garanzie nel sistema penale: “Il grande dilemma sulla giustizia preventiva è dato dal fatto che sono misure che possono essere applicate anche solo sulla base di indizi di pericolosità”. Un vulnus “che mette a rischio la tutela, garantita dalla Costituzione, della presunzione di innocenza”. In passato “sono stati fatti interventi costituzionali sul merito” e oggi “è il momento di riprendere quella strada”. Il motivo: “Di queste misure ne viene fatto un uso sempre più ampio e discutibile, come emerge dal caso che ho potuto analizzare delle sorveglianze speciali emesse a carico degli attivisti del movimento per il diritto all’abitare di Roma”. Un caso che deve far scattare più di un campanello d’allarme.

Avvocato, qual è il problema centrale in merito alle misure di prevenzione? 

Il caso di Roma dimostra come siano sufficienti degli indizi di pericolosità per limitare la libertà di una persona. Eppure è palese, come emerge dalla stessa sentenza con la quale è stata applicata la sorveglianza speciale, che non ci sia alcun fondamento per motivare tali misure: i precedenti penali richiamati a carico degli attivisti sono praticamente inesistenti, al massimo pendenti, quasi sempre archiviati. E’ quindi chiaro come sia stato fatto un discorso ad hoc su delle persone che politicamente hanno deciso di esporsi e che sono state in grado di creare intorno alla loro figura un movimento che possiamo anche chiamare antagonista. Ma da qui all’indicare queste persone come pericolose ce ne passa. Ma il problema, mi preme sottolineare, è generale. E’ il presupposto alla base delle misure di prevenzione, la “pericolosità”, che ci deve far paura. E’ arrivato il momento di un intervento legislativo chiarificatore.

I legali degli attivisti ai quali sono state applicate le misure di prevenzione chiamano quasi sempre in causa direttamente il Parlamento. Sarebbe auspicabile che Camera e Senato prendessero in mano la questione?

Il problema centrale è la discrezionalità con la quale si possono applicare queste misure. E la discrezionalità di un questore, di un magistrato, di un giudice non fa mai bene all’ordinamento. Le misure di prevenzione, è bene ricordare, incidono in maniera pesante sulla vita delle persone. Per questo è arrivato il momento di intervenire anche con un’eccezione di costituzionalità sul merito delle misure davanti al “giudice delle leggi”, davanti alla Corte Costituzionale.

Nel caso delle misure di prevenzione, che siano Daspo, sorveglianza speciale o fogli di via, sembra di essere in una “zona grigia” del diritto tra una valutazione ancorata al sospetto di pericolosità e una valutazione giudiziale di quel sospetto. Quale strada è più percorribile per “normare” questi strumenti? 

Mancano i punti di riferimento: la legge fornisce un’elencazione troppo generica. Sicuramente mettere dei paletti può essere utile e, per farlo, si può passare attraverso il Parlamento o tramite la Corte Costituzionale. Oggi, è la storia recente a dircelo, ho più fiducia nella seconda, ma ci sono a mio avviso i termini per arrivare fino alla Corte europea per i diritti dell’uomo visto che siamo davanti a un palese caso di limitazione del diritto di libertà e di movimento della persona. E’ arrivato, in poche parole, il momento di eliminare il concetto stesso di pericolosità sociale e mettere nero su bianco come le misure di prevenzione debbano essere stretta conseguenza di condanne e non, ad esempio, di denunce della polizia di Stato. Non possiamo continuare sulla strada della “miglior definizione della zona grigia”. E’ arrivato il momento di uscirne, di mettere fine a simili storture del nostro ordinamento. Il motivo è chiaro: siamo arrivati al punto in cui si possono applicare delle misure di prevenzione come la sorveglianza speciale in modo strumentale per arrivare a una futura condanna. Per questo dobbiamo rompere il connubio tra misure di prevenzione e indizi di pericolosità. Il rischio è quello di una deriva dei diritti fondamentali della persona e l’unico modo per scongiurarlo è far dichiarare le misure di prevenzione, per come sono usate oggi, incostituzionali soprattutto nel momento in cui si è iniziato ad applicarle per le cosiddette “attività di piazza”: considerate le problematiche in cui versa il Paese, il diritto a manifestare il proprio pensiero non può essere sacrificato sull’altare di una non meglio definita “pericolosità sociale”.

E’ davvero così dirimente la questione della “pericolosità sociale”? Più volte ne hai parlato, come se il primo passo da fare sia scardinare lo stesso concetto. 

Il tema della pericolosità è sintomo della schizofrenia di una legge talmente confusa la cui interpretazione è diventata troppo ampia. Il rischio, oggi, è che sia sufficiente essere segnalato agli organi di polizia per essere bollato come “soggetto pericoloso”. In fondo, la pericolosità e la sicurezza sono due temi centrali di ogni campagna elettorale e non è un caso che non appena ci si avvicini a qualsiasi scadenza politica si torni a parlare con grande facilità di “sicurezza”. La pericolosità è diventata un tema in grado di influenzare in maniera pesante la politica e centrale per l’opinione pubblica. E’ arrivato il momento di combattere i pregiudizi e finirla con questa paura delle persone “pericolose” altrimenti le conseguenze sono quelle che abbiamo appena elencato. Il rischio è mettere una croce sui diritti fondamentali della persona e fare carta straccia della Costituzione.

Daniele Nalbone

da: today.it

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Culture

Un’Anabasi post-sovietica. Storia del Gruppo Wagner

Gli uomini in mimetica camminano soli o a coppie dentro fitti banchi di nebbia, a malapena si intravedono i campi desolati attorno alla lingua di cemento.

Immagine di copertina per il post
Culture

Il primo vertice antiterrorismo internazionale – Roma 1898

Un evento spesso trascurato dalla storiografia italiana, anche da quella che si è occupata del movimento operaio e delle sue lotte, ma che obbliga a riflettere su una serie di nodi ancora tutti da sciogliere

Immagine di copertina per il post
Culture

Frankenstein, quel mostro nato dalle ombre oscure della guerra

Al mostro viene negato un nome e una individualità, esattamente come al proletariato

Immagine di copertina per il post
Culture

“No Comment”: i Kneecap tornano a colpire con Banksy

Dalla Belfast ribelle al cuore dell’establishment londinese, i Kneecap tornano a colpire.

Immagine di copertina per il post
Culture

Israele sull’orlo dell’abisso

Ilan Pappé, La fine di Israele. Il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina, Fazi Editore, Roma 2025, pp. 287

Immagine di copertina per il post
Culture

Se la Cina ha vinto

Se l’obiettivo di un titolo apodittico come “La Cina ha vinto” è convincere il lettore della validità della propria tesi, Alessandro Aresu vi riesce pienamente.

Immagine di copertina per il post
Culture

Mala tempora currunt

Don’t let this shakes go on,It’s time we have a break from itIt’s time we had some leaveWe’ve been livin’ in the flames,We’ve been eatin’ out our brainsOh, please, don’t let these shakes go on(Veteran of the Psychic Wars, 1981 –Testo: Michael Moorcock. Musica: Blue Oyster Cult) di Sandro Moiso, da Carmilla Che per l’Occidente […]

Immagine di copertina per il post
Culture

Bolivia in fiamme: dentro un ecocidio latinoamericano

Bolivia Burning: Inside a Latin American Ecocide è un documentario di 52 minuti di The Gecko Project che porta gli spettatori all’interno di una delle crisi ambientali più sottovalutate al mondo: la rapida distruzione delle foreste in Bolivia.

Immagine di copertina per il post
Culture

Scolpire il tempo, seminare il vento, creare antagonismo

Siamo la natura che si ribella!, ammonisce con efficace sintesi uno striscione no-tav esprimendo un radicale antagonismo nei confronti del mortifero sfruttamento capitalista patito dall’essere umano e dalla natura, di cui è parte.

Immagine di copertina per il post
Culture

Al mio popolo

Lo scorso 25 settembre è deceduta a Cuba Assata Shakur, importante membro delle Pantere Nere prima, della Black Liberation Army poi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi e appalti: l’Italia mantiene aperto il canale con l’industria militare israeliana

Nonostante la campagna di sterminio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, Arma dei Carabinieri e Polizia di Stato continuano ad equipaggiare i propri reparti di pronto intervento rifornendosi presso le più importanti aziende israeliane.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Morte di Ramy Elgaml: altri due indagati per falso tra i carabinieri premiati con l’Ambrogino d’Oro

Altri due carabinieri sono stati iscritti nel registro degli indagati con le accuse di aver fornito false informazioni al pubblico ministero e di falso ideologico in atti pubblici nell’ambito dell’indagine sulla morte di Ramy Elgaml

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Genova: corteo operaio sotto la Prefettura. Sfondate le reti della polizia, lacrimogeni sulle tute blu

La rabbia operaia continua a riempire le strade della città ligure contro il (non) piano del governo Meloni sul destino di migliaia di operai ex-Ilva e sul futuro del comparto siderurgico in Italia.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Presidio permanente di San Giuliano: dove abbattono case, noi costruiamo resistenza!

Martedì 2 dicembre, durante l’assemblea popolare, i/le giovani No Tav, hanno fatto un importante annuncio: casa Zuccotti, dopo essere stata espropriata da Telt, torna a nuova vita.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: riflessioni attorno “all’assalto squadrista alla sede della Stampa” e alla libertà di informazione

Il centro sociale Askatasuna di Torino è tornato al centro del dibattito politico nazionale dopo l’azione alla redazione de La Stampa del 28 novembre durante la manifestazione nel giorno dello sciopero generale

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Appello di docenti, ricercatori e ricercatrici universitarie per la liberazione di Mohamed Shahin

Riportiamo l’appello di docenti, ricercatori e ricercatrici per la liberazione di Mohamed Shahin, per firmare a questo link.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili in Italia

Diamo il via all’inchiesta collettiva sugli investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili che abbiamo deciso di iniziare durante la “Due giorni a difesa dell’Appennino” a Villore, di cui qui si può leggere un resoconto e le indicazioni per collaborare a questo lavoro.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Un primo resoconto dell’appuntamento “Due giorni a difesa dell’Appennino”: come continuare a rendere vivi i nostri presidi di resistenza dal basso

Iniziamo a restituire parte della ricchezza della due giorni a difesa dell’Appennino, svoltasi in una cornice incantevole a Villore, piccolo paese inerpicato tra boschi di marronete e corsi d’acqua, alle porte del parco nazionale delle Foreste Casentinesi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bambini sfruttati e affumicati nei campi della California

Molto lontano dai campi di Entre Ríos o Santa Fe, i bambini contadini della California lavorano dagli 11 ai 12 anni, sfruttati, mal pagati, in terreni affumicati con pesticidi e con il terrore di essere deportati insieme alle loro famiglie di migranti.