InfoAut
Immagine di copertina per il post

“Goal economy”: dal calcio dei padroni a quello dei fondi bancari

Più che un libro è una fotografia. Goal Economy. Come la finanza globale ha trasformato il calcio di Marco Bellinazzo (Baldini e Castoldi 2015), giornalista del Sole 24 Ore, è infatti un lungo e completo ritratto dell’assetto finanziario del calcio mondiale, dal suo funzionamento generale fino, soprattutto, alla storia recente della proprietà, dei finanziatori, degli sponsor di ogni singola società. Una sorta di almanacco economico del calcio attuale, che sicuramente paga questo approccio in termini di scorrevolezza della lettura, ma è un rischio calcolato: difficile che un simile lavoro possa avere ritmi da romanzo. La sua grande utilità è sicuramente quella di essere un resoconto (abbastanza) neutro della situazione, e quindi ha il pregio di lasciar spazio a ognuno per tirare le sue conclusioni.

L’autore in realtà lascia trasparire qua e là il suo giudizio, specie quando mette a confronto i vari modelli dei principali paesi europei, ed è un giudizio certamente antitetico rispetto a quello che potremmo dare noi. La messa a confronto dei modelli inglese, tedesco, spagnolo, francese e italiano stimola in effetti molte riflessioni. Da una Premier League ricchissima e all’avanguardia della finanziarizzazione a un’Italia ancora legata al vecchio concetto di padrone-mecenate che fatica a stare al passo coi tempi, passando per una Spagna dilaniata dall’enorme gap tra le big e le altre, una Francia ancora cenerentola se si esclude il PSG degli sceicchi, e una Germania che offre forse gli spunti più interessanti. Il confronto più stimolante è proprio quello tra modello inglese e tedesco: da un lato, di là dalla Manica, lo svincolamento quasi totale del club dal tessuto sociale e storico della città, con un’enorme quantità e mobilità di capitale, faraonici diritti tv (distribuiti, va detto, con un certo buon senso), investimenti davvero di scala globale; dall’altro lato una Germania che punta invece molto sull’identità del club, e quindi su capitali più legati alle attività produttive del territorio, sulla partecipazione azionaria dei tifosi, non rinunciando però certo alla dimensione finanziaria globale, e dando vita forse a un sistema più “completo”.

Bellinazzo, che privilegia palesemente un giudizio sulla qualità dell’andamento aziendale rispetto a quello sui risultati ottenuti sul campo, sembra prediligere il modello inglese, una vera e propria macchina generatrice di profitti. Pur mostrando, ovviamente, grande ammirazione anche per il modello tedesco, anch’esso in definitiva una bella locomotiva. E il consiglio per chi insegue, Italia in primis, è quello di adeguarsi più in fretta possibile a questa realtà contemporanea. Insomma, la ricetta è “fare meglio il calcio moderno”.

Da una prospettiva anticapitalista, come quella di chi scrive, questo libro è il ritratto dell’omicidio del gioco del calcio perpetrato da tutti i meccanismi ben descritti nel libro. E quindi l’ovvia conclusione è che sia tutto da buttare a mare: sceicchi, multimiliardari russi e di ogni altra nazione, fondi d’investimento e sponsor che mettono le mani in tantissime squadre contemporaneamente, televisioni onnipotenti, e l’elenco potrebbe essere lunghissimo. La risposta razionale sarebbe abbandonare il calcio, o al massimo darsi anima e corpo al calcio popolare, cosa in ogni caso buona e giusta.

Ma il calcio, ahinoi, non è cosa razionale. E allora proviamo un attimo a giocare a spogliarci di questa lettura anticapitalista, e a parlare solo di calcio. E a pensare alla nostra squadra in mano a qualcuno di cui non gliene frega un cazzo. Perché forse il punto è questo. Il calcio è da sempre roba dei padroni, è una passione, è vero, che appartiene al popolo, ma i club sono sempre appartenuti a suoi nemici. E il tifo per la propria squadra è anche quanto di più interclassista ci sia, da che mondo è mondo. Per questo è importante sottolineare il passaggio da calcio dei padroni a calcio dei fondi d’investimento.

Perché a questi, ai nuovi padroni del calcio, non interessa il calcio. L’acquisto di un club, o di quote di esso, è legato a valutazioni di opportunità economica rispetto a un pacchetto di investimenti multimiliardari possibili. Potrei comprare l’Arsenal, oppure quattro miniere in Sudafrica, o forse rilevare azioni della Gazprom. L’Arsenal promette un buon trend di affari nei prossimi anni, e allora sai che c’è, prendiamoci sto Arsenal e proviamo a tirarne fuori qualche centinaio di milioni di euro. È chiaro che questa dinamica, prevedendo grandi investimenti nel club per averne ritorno commerciale e ricavarne profitto, può portare anche a successi sportivi (anche se le inglesi in questi anni ne stanno raccogliendo ben pochi nelle competizioni internazionali) tramite l’acquisto di grandi campioni. Ma non c’è progetto, non c’è visione, non c’è vero interesse, non c’è anima. Non c’è tifo.

Per chi ama il calcio è inconcepibile che il proprio presidente possa non essere tifoso della squadra. Che possa esultare a una vittoria solo perché pensa al premio Uefa incassato. Che ci sia il costante rischio che dopo due anni opti invece per le miniere in Sudafrica e lasci il club alla deriva, o semplicemente in mano al prossimo squalo.

Qui non si tratta di essere nostalgici dei presidenti italiani “all’amatriciana”, che spesso sono stati personaggi di uno squallore umano e politico fuori dal comune. Il punto è che, se parliamo di calcio, il presidente (e in generale la dirigenza e chi ci mette i soldi) non può non essere legato nel profondo alla storia e all’identità del club. Con il club potrà anche fare schifezze finanziarie, imbrogli, o anche solo errori madornali, ma sempre nel tentativo di fare il bene della sua squadra. E a un gol importante esulterà come un pazzo perché ha segnato la sua squadra, e non (o non solo) perché ha appena guadagnato altri due milioni. Così come di fronte a una retrocessione lo vedrai con le lacrime agli occhi perché ha perso la squadra per cui fa il tifo e rispetto alla quale sente delle responsabilità.

Il calcio verso cui andiamo, e in cui in parte già siamo, è cinema, è fiction. Magari anche di altissima qualità, almeno in alcuni casi. Ma il gioco del calcio, lungi dall’essere mai stato una cosa pura e incontaminata, è questo. Se non c’è esplosione di gioia infantile, o infinito dolore, o inspiegabile follia, ma solo dei listini che salgono e scendono, iniziate a chiamarlo con un altro nome.

Matthias Moretti-tratto da: sportpopolare.it

17 maggio 2016

da: senzasoste.it

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Culture

Al mio popolo

Lo scorso 25 settembre è deceduta a Cuba Assata Shakur, importante membro delle Pantere Nere prima, della Black Liberation Army poi.

Immagine di copertina per il post
Culture

Sport e dintorni – A proposito di Italia-Israele di calcio e della neutralità dello sport

La retorica dello sport come ambito da mantenersi separato dal resto della realtà presuppone che quanti lo praticano o lo seguono operino una sorta di momentanea sospensione dal mondo a cui pure appartengono, sospensione che riappacifica, durante le gare, le conflittualità e le brutalità quotidiane.

Immagine di copertina per il post
Culture

Palestina, dove si uccide anche la cultura

Come archeologi impegnati nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale del nostro Paese, sentiamo l’esigenza e il dovere di esprimerci su quanto accade nella Striscia di Gaza e nel resto della Palestina.

Immagine di copertina per il post
Culture

Lo schianto di un imperialismo straccione

Una rivoluzione che, se aveva fatto scrivere ad una importate testata giornalistica britannica che: «Il capitalismo è morto in Portogallo», aveva avuto però i suoi effetti più sconvolgenti e duraturi in Africa, nei territori un tempo facenti parte dell’”impero” portoghese: Angola, Mozambico, Guinea Bissau e Capo Verde.

Immagine di copertina per il post
Culture

Respirando Gaza

Respiro i miei pensieri, non sono io, è un verso di Blessing Calciati, l’ho letto ieri sera ed è perciò che stanotte mi sono svegliato respirando male.

Immagine di copertina per il post
Culture

“Questo libro è illegale”

Come i testi clandestini nei sistemi autoritari, questo glossario serve per resistere alla repressione e per non piegarsi a una logica da Stato di polizia che criminalizza il dissenso e assoggetta i diritti alla paura.

Immagine di copertina per il post
Culture

“The Ashes of Moria”: che cosa rimane del campo profughi più grande d’Europa?

A cinque dall’incendio che lo ha distrutto, il documentario porta nel cuore del campo, tra odori, rumori, paure e violenze. Allo stesso tempo offre le coordinate per capire i meccanismi attuali delle brutali politiche europee.

Immagine di copertina per il post
Culture

Diritto all’abitare, diritto alla città

Il tema dell’abitare ha assunto una centralità paragonabile al tema lavoro, nella definizione delle gerarchie sociali e dei destini individuali, dentro le metropoli tardocapitaliste.

Immagine di copertina per il post
Culture

XXXIII Festa di Radio Onda d’Urto. 6-23 agosto 2025: tutto il programma!

La Festa di Radio Onda d’Urto si tiene da mercoledì 6 a sabato 23 agosto 2025 in via Serenissima a Brescia! Quella 2025 è un’edizione – la numero XXXIII – speciale perché coincide con i primi 40 anni (1985-2025) di Radio Onda d’Urto!

Immagine di copertina per il post
Culture

Vita e morte di Raffaele Fiore, quando la classe operaia scese in via Fani

Raffaele Fiore ha incarnato l’antropologia ribelle, l’irriducibile insubordinazione di quella nuova classe operaia

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Comunicato delle realtà palestinesi italiane

Roma, 4 ottobre 2025, un milione in piazza per la Palestina libera e la sua Resistenza.

Immagine di copertina per il post
Editoriali

Alcune riflessioni a caldo su “Blocchiamo tutto”

E’ quasi impossibile fare un bilancio organico di queste giornate incredibili. Il movimento “Blocchiamo tutto” ha rappresentato una vera discontinuità politica e sociale nella storia italiana.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Hamas accetta parte dell’accordo. Trump chiede a Israele il cessate il fuoco

Hamas ha risposto al piano del presidente Usa Donald Trump sul futuro di Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Palestina: 473 i componenti della Global Sumud Flotilla rapiti. Continua il viaggio della Thousand Madleens to Gaza

Sono 473 i componenti degli equipaggi della Global Sumud Flotilla rapiti in acque internazionali dalle forze occupanti dell’esercito israeliano dopo l’assalto alle imbarcazioni iniziato la sera di mercoledì 1 ottobre 2025 a meno di 70 miglia da Gaza.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Argentina: Feroce repressione sui pensionati davanti al Congresso ha fatto 20 feriti

I manifestanti stavano sul marciapiede quando le forze di sicurezza federali sono passate all’attacco. Denunciano l’uso di un nuovo gas irritante, più potente di quelli precedenti.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bloccando tutto – E’ sciopero generale

Oltre 100 manifestazioni in tutta Italia. Nonostante le intimidazioni del governo le piazze si sono riempite ovunque. Superati ampiamente i numeri del 22 ottobre in molte città.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Giorni di protesta in Marocco

Dal 25 settembre sono in corso una serie di mobilitazioni nelle città più grandi del Marocco, da Tangeri fino ad Agadir.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Comunicato di solidarietà all3 compagn3 fermate il 22 settembre a Milano: Ettore e Mina liber3 subito!

Ripubblichiamo il comunicato di solidarietà nei confronti di Ettore e Mina, ora agli arresti domiciliari a Milano scritto e pubblicato dal coordinamento cittadino Torino per Gaza