
Rivolta a Guantanamo per difendere i compagni in sciopero della fame

Il portavoce della prigione Usa, Robert Durand, ha precisato che i detenuti avevano cercato di “limitare la possibilità di osservazione delle guardie, coprendo le telecamere di sorveglianza, le finestre e le pareti divisorie in vetro”. Le guardie sono intervenute per rimuovere questi ostacoli, ma “alcuni detenuti hanno opposto resistenza con armi improvvisate e, in risposta, sono stati esplosi quattro proiettili non letali”.
Ieri, venticinque organizzazioni per la difesa dei diritti dell’uomo  hanno esortato il presidente degli Stati Uniti, con una manifestazione  davanti alla Casa Bianca, a “chiudere Guantanamo e a mettere fine alle  detenzioni senza processi”, chiedendo “misure rapide per gestire in modo  umano e legale” le situazioni di decine di prigionieri. Con un  cappuccio nero sul capo e vestiti di arancione, la divisa dei carcerati  di Guantanmo, nove dei manifestanti hanno interpretato la parte dei nove  detenuti già morti dietro le sbarre, senza neppure un processo: “Sono  morto in attesa di giustizia” si leggeva su uno striscione “Quanti altri  ancora?”. Manifestazioni simili si sono svolte anche a New York, a San  Francisco, Los Angeles e Chicago.
Da oltre due mesi i detenuti sono  in sciopero della fame a rotazione contro il fatto che la maggioranza  dei 166 prigionieri è detenuta da oltre 11 anni senza incriminazione e  non conosce la propria sorte. 86 detenuti sono stati dichiarati “idonei  al rilascio” in mancanza di prove, ma sono ancora nel carcere.  Guantanamo resta finora la piu’ grande promessa non mantenuta di Barack  Obama. Il presidente americano all’indomani dell’insediamento alla Casa  Bianca a gennaio del 2009 aveva promesso la chiusura della struttura  dove l’amministrazione Bush aveva stipato centinaia di “nemici  combattenti” (la dizione inventata per non riconoscere loro lo status di  ‘prigionieri di guerra’ e i relativi diritti).
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