InfoAut
Immagine di copertina per il post

I lavoratori giapponesi che vivono negli internet cafè

Fumiya, ventiseienne giapponese che lavora come addetto alla sicurezza, ha vissuto per 10 mesi in un Internet café aperto 24/24. In un cubicolo claustrofobico, Fumiya sta seduto ricurvo davanti a uno schermo illuminato, mentre fuma una sigaretta dopo l’altra e tracanna bibite nelle pause tra i turni di lavoro. Quando riesce a dormire, si mette un telo davanti alla faccia per non vedere le luci.

Fumiya si trova qui perché con il suo stipendio non può permettersi di affittare un appartamento. Ora, per l’equivalente di 15 dollari a notte, può stare in una piccola stanza di un Internet café, e si considera fortunato ad aver trovato un posto a buon mercato dove vivere, definendo il luogo come “ben equipaggiato” perché ha docce e servizi di lavanderia.

I lavoratori come Fumiya sono i soggetti del nuovo documentario della giornalista SHIHO FUKADA, intitolato Net Café Refugees. Il documentario mostra come in Giappone i ritmi di lavoro serrati e la diffusione degli impieghi part-time abbiano creato un numero enorme di “sfollati” nel paese, che non possono permettersi un appartamento e vivono in questi centri.

“Questa disparità porta alla povertà,” ha affermato.

 

Fumiya, un lavoratore giapponese che vive in un Internet cafè, si mette un telo sulla testa per dormire. Immagine: SHIHO FUKADA

Fumiya non è solo: secondo un sondaggio del Ministero della Salute e del Lavoro giapponese del 2007, circa 5.400 persone vivevano negli Internet café per lunghi periodi perché non potevano permettersi di vivere in vere case.

Questi rifugiati degli Internet café hanno iniziato ad apparire intorno alla fine degli anni ’90, e il loro numero è aumentato esponenzialmente negli ultimi dieci anni, secondo il documentario. Il fenomeno è parte di una crisi più ampia che colpisce il lavoro, in parte dovuta alla PARZIALE LEGALIZZAZIONE del lavoro temporaneo avvenuta nel 1986, che è stato poi legalizzato completamente nel 1999. Da allora la quantità di lavoratori con contratti a breve termine è arrivata al 38% del totale degli impiegati, secondo un rappresentante sindacale interpellato nel documentario, che ha affermato che questi lavoratori guadagnano “meno della metà di quanto prendano i lavoratori a tempo pieno.”

 

Fumiya nell’internet cafè. Immagine: SHIHO FUKADA

Ma anche i lavoratori con un salario hanno non pochi problemi. Un ex impiegato che appare nel documentario, di nome Tadayuki Sakai, afferma di aver vissuto in un Internet café per quattro mesi. Prima aveva un lavoro a tempo pieno presso una compagnia di carte di credito, ma afferma di aver iniziato a soffrire di grave depressione a causa delle 120/200 ore di lavoro mensili. Sakai dice che non aveva il tempo di tornare a casa, ed era obbligato a rimanere a dormire in ufficio per poi svegliarsi e continuare a lavorare. Dopo che il suo boss e i suoi colleghi hanno iniziato ad evitarlo dicendo in giro che era un uomo debole, Sakai ha deciso di lasciar perdere.

“Credo che ci siano molte persone nella mia situazione in Giappone,” afferma Sakai. E ha ragione. Il paese ha UNO DEI TASSI DI SUICIDIO PIÙ ALTI DEL MONDO e ciò è strettamente legato a motivi connessi al lavoro. Questi suicidi sono diventati così frequenti che è stato coniato un termine per le morti e i suicidi legati al lavoro, “karōshi,” che significa letteralmente “morte da eccesso di lavoro”. La prima legge giapponese per contrastare questo fenomeno è stataAPPROVATA NEL 2014.

 

Tadayuki Sakai, un lavoratore giapponese che vive in un internet café, ha lasciato il lavoro dopo la diagnosi di depressione. Immagine: SHIHO FUKADA

Fukada, la regista, ha detto a Motherboard via email che questi di problemi, in Giappone, mettono in luce due facce della stessa medaglia.

“C’è un grosso sbilanciamento del mercato del lavoro, dove alcuni si sentono obbligati a lavorare fino allo sfinimento, mentre gli altri non hanno abbastanza lavoro per sopravvivere,” ha detto. “I disoccupati vogliono trovare lavoro a qualunque costo––che sia a tempo pieno o meno. Ma i lavori interinali non garantiscono nè stabilità nè prospettive future, perciò cercano un lavoro full time. Ma una volta che lo ottengono, li aspettano turni impossibili e tanto stress. Non c’è via d’uscita, qualunque strada intraprendano.”

 

Sakai sdraiato nel suo loculo. Immagine: SHIHO FUKADA

Secondo Fukada era importante che questa storia venisse raccontata perché raramente i giapponesi condividono i loro problemi con gli altri, preferiscono “soffrire in solitudine.”

“Ho deciso di realizzare questa serie perché volevo mettere in luce le condizioni estreme in cui alcuni giapponesi sono costretti a lavorare, volevo mostrare come le persone vengono trattate sempre più come macchine usa e getta,” mi ha detto.

Dopo la pesante RECESSIONE DEL 2014, i film di Fukada hanno documentato i problemi economici e non che i lavoratori del paese hanno dovuto affrontare. Net Café Refugees è uno dei film della serie chiamata “Japan’s Disposable Workers” [“Lavoratori giapponesi usa e getta.”]

Gli altri tre film, incluso uno sui suicidi legati al lavoro dal titolo Overworked to Suicide sono disponibili anche online, QUI

da HTTP://MOTHERBOARD.VICE.COM/IT

Fonte: Cortocircuito

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Culture

Un’Anabasi post-sovietica. Storia del Gruppo Wagner

Gli uomini in mimetica camminano soli o a coppie dentro fitti banchi di nebbia, a malapena si intravedono i campi desolati attorno alla lingua di cemento.

Immagine di copertina per il post
Culture

Il primo vertice antiterrorismo internazionale – Roma 1898

Un evento spesso trascurato dalla storiografia italiana, anche da quella che si è occupata del movimento operaio e delle sue lotte, ma che obbliga a riflettere su una serie di nodi ancora tutti da sciogliere

Immagine di copertina per il post
Culture

Frankenstein, quel mostro nato dalle ombre oscure della guerra

Al mostro viene negato un nome e una individualità, esattamente come al proletariato

Immagine di copertina per il post
Culture

“No Comment”: i Kneecap tornano a colpire con Banksy

Dalla Belfast ribelle al cuore dell’establishment londinese, i Kneecap tornano a colpire.

Immagine di copertina per il post
Culture

Israele sull’orlo dell’abisso

Ilan Pappé, La fine di Israele. Il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina, Fazi Editore, Roma 2025, pp. 287

Immagine di copertina per il post
Culture

Se la Cina ha vinto

Se l’obiettivo di un titolo apodittico come “La Cina ha vinto” è convincere il lettore della validità della propria tesi, Alessandro Aresu vi riesce pienamente.

Immagine di copertina per il post
Culture

Mala tempora currunt

Don’t let this shakes go on,It’s time we have a break from itIt’s time we had some leaveWe’ve been livin’ in the flames,We’ve been eatin’ out our brainsOh, please, don’t let these shakes go on(Veteran of the Psychic Wars, 1981 –Testo: Michael Moorcock. Musica: Blue Oyster Cult) di Sandro Moiso, da Carmilla Che per l’Occidente […]

Immagine di copertina per il post
Culture

Bolivia in fiamme: dentro un ecocidio latinoamericano

Bolivia Burning: Inside a Latin American Ecocide è un documentario di 52 minuti di The Gecko Project che porta gli spettatori all’interno di una delle crisi ambientali più sottovalutate al mondo: la rapida distruzione delle foreste in Bolivia.

Immagine di copertina per il post
Culture

Scolpire il tempo, seminare il vento, creare antagonismo

Siamo la natura che si ribella!, ammonisce con efficace sintesi uno striscione no-tav esprimendo un radicale antagonismo nei confronti del mortifero sfruttamento capitalista patito dall’essere umano e dalla natura, di cui è parte.

Immagine di copertina per il post
Culture

Al mio popolo

Lo scorso 25 settembre è deceduta a Cuba Assata Shakur, importante membro delle Pantere Nere prima, della Black Liberation Army poi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi e appalti: l’Italia mantiene aperto il canale con l’industria militare israeliana

Nonostante la campagna di sterminio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, Arma dei Carabinieri e Polizia di Stato continuano ad equipaggiare i propri reparti di pronto intervento rifornendosi presso le più importanti aziende israeliane.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Morte di Ramy Elgaml: altri due indagati per falso tra i carabinieri premiati con l’Ambrogino d’Oro

Altri due carabinieri sono stati iscritti nel registro degli indagati con le accuse di aver fornito false informazioni al pubblico ministero e di falso ideologico in atti pubblici nell’ambito dell’indagine sulla morte di Ramy Elgaml

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Genova: corteo operaio sotto la Prefettura. Sfondate le reti della polizia, lacrimogeni sulle tute blu

La rabbia operaia continua a riempire le strade della città ligure contro il (non) piano del governo Meloni sul destino di migliaia di operai ex-Ilva e sul futuro del comparto siderurgico in Italia.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Presidio permanente di San Giuliano: dove abbattono case, noi costruiamo resistenza!

Martedì 2 dicembre, durante l’assemblea popolare, i/le giovani No Tav, hanno fatto un importante annuncio: casa Zuccotti, dopo essere stata espropriata da Telt, torna a nuova vita.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: riflessioni attorno “all’assalto squadrista alla sede della Stampa” e alla libertà di informazione

Il centro sociale Askatasuna di Torino è tornato al centro del dibattito politico nazionale dopo l’azione alla redazione de La Stampa del 28 novembre durante la manifestazione nel giorno dello sciopero generale

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Appello di docenti, ricercatori e ricercatrici universitarie per la liberazione di Mohamed Shahin

Riportiamo l’appello di docenti, ricercatori e ricercatrici per la liberazione di Mohamed Shahin, per firmare a questo link.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili in Italia

Diamo il via all’inchiesta collettiva sugli investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili che abbiamo deciso di iniziare durante la “Due giorni a difesa dell’Appennino” a Villore, di cui qui si può leggere un resoconto e le indicazioni per collaborare a questo lavoro.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Un primo resoconto dell’appuntamento “Due giorni a difesa dell’Appennino”: come continuare a rendere vivi i nostri presidi di resistenza dal basso

Iniziamo a restituire parte della ricchezza della due giorni a difesa dell’Appennino, svoltasi in una cornice incantevole a Villore, piccolo paese inerpicato tra boschi di marronete e corsi d’acqua, alle porte del parco nazionale delle Foreste Casentinesi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bambini sfruttati e affumicati nei campi della California

Molto lontano dai campi di Entre Ríos o Santa Fe, i bambini contadini della California lavorano dagli 11 ai 12 anni, sfruttati, mal pagati, in terreni affumicati con pesticidi e con il terrore di essere deportati insieme alle loro famiglie di migranti.