Il comitato Un caso basco a Roma fa visita a Lander
Poco tempo prima di partire abbiamo dovuto scegliere due nomi da Roma per l’elenco dei visitatori, quelli che potranno entrare presso il carcere dove è detenuto Lander, nei prossimi mesi. Uno di questi sono io, e di questo non ringrazierò mai abbastanza i miei compagn@. Cosi durante questi giorni baschi sono partito per Madrid con il fratello e un suo amico verso il carcere di Estremera. La poca attenzione del controllo di turno e una buona dose di fortuna hanno fatto il resto. Documento, foto, impronte digitali e tutti dentro. A sentire i baschi un miracolo. L’effetto sorpresa è stato devastante. Lander non ci aspettava tutti insieme e subito l’incontro si è trasformato in una festa. Il vetro che ci divideva è spesso e il citofono certo non restituisce il giusto grado di intensità ad ogni emozione, ma quelle ultime barriere ci sono sembrate poca cosa. In quaranta minuti spesso ci siamo parlati sopra. Io ero l’unico a parlare in romanaccio ma mi sono fatto valere contro il loro euskera, che mai mi è sembrato cosi gentile e intimo. Lander era felicissimo di saperci nella sua Bilbo, nella sua Lekeito, con i suoi compagn@ e la sua famiglia. Sa del lavoro che stiamo portando avanti e che c’ero io solo perché tutti insieme non si può andare. Ringrazia per la solidarietà manifestata nella sua permanenza a Roma, ha un bel ricordo anche di quella maledetta giornata di aprile. Ha il volto pieno e rilassato, è aggiornato su ogni questione che riguarda Roma, il Paese Basco e il suo Athletic. Riceve molta posta e sente spesso i compagn@ nelle chiamate che ha a disposizione. Il suo regime di detenzione normale gli permette la mattina di correre e andare in palestra, partecipare a dei corsi di formazione, in particolare di lingue. Pranza e cena con altri due detenuti politici baschi e questo gli da molta forza. C’è pure una compagna dell’ala femminile che però non possono incontrare. Legge, ascolta la radio e tra poco riceverà anche una televisione. Veste magliette politiche o almeno per il momento gli è permesso. Estremera si trova a settanta kilometri da Madrid, intorno sembra un vero e proprio deserto, senza colori ne profumi. Cosi lontano, anche in questo, dal Paese Basco cosi pieno di foreste, fiumi, mare e montagne. Ho avuto questo pensiero stupido ripartendo dal carcere, senza sapere nemmeno se Lander ha una finestra o gli permesso guardare fuori. Ma tant’è. L’immagine che mi porto dentro di quei quaranta minuti è il sorriso perenne di Lander. Questo ho provato a trasmettere ai compagni che mi hanno fatto questo regalo, e al nipote piccolo che dopo poche ore mi chiedeva in lacrime perché lo zio a cui vuole tanto bene, non era lì con tutti noi. Quel sorriso l’ho imparato a conoscere quando l’ho incontrato a Regina Coeli, ce lo ha poi regalato davanti a quel cancello mentre lo scortavo per essere estradato, l’ho rivisto sabato. Sta lì ed è per tutti. So che “Lander sta bene” vuol dire poco e che è ingiusto pensarlo. Bene non può stare un detenuto. Bene non sta chi lotta per la libertà e si trova prigioniero. Bene non sta chi è lontano dal suo paese, dai suoi affetti, dai suoi compagn@. Bene non sta chi ha superato un anno di detenzione senza nemmeno essere stato condannato e senza neppure sapere l’inizio del processo. Lander dice sempre che il conflitto basco è una lotta contro due stati potenti, la Francia e la Spagna. Sarà questo genere di consapevolezza che fa vivere diversamente la repressione che subisce ogni militante basco; sarà che la detenzione in carcere è una condizione che un basco vive in ogni famiglia, quartiere, paese piccolo o grande che sia, da sempre; sarà che in fondo questi baschi so strani. Sarà che in questa condizione non c’è nulla di retorico. Sarà ma a chi mi domanda come sta Lander? Rispondo che sta bene e che per esserne sicuro il 24 agosto, con tutto il comitato, torneremo a trovarlo.
“Fermare l’estradizione non era solo una vittoria, era scrivere un pezzetto di storia. Forse essere stati cosi vicini dal raggiungere l’obiettivo da più rabbia e impotenza”
Davide
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