Il teorema non sussiste. Assoluzione confermata per il Sud Ribelle
Una conferma. La Cassazione ha infatti accolto la richiesta del Procuratore Generale Nicola Lettieri che chiedeva il rigetto del ricorso presentato dal procuratore Generale di Catanzaro. Il ricorso richiedeva l’azzeramento del processo alla Rete del Sud Ribelle per via di un vizio di forma rintracciato, a detta della procura di Catanzaro, quando, in primo grado, il fascicolo del procedimento venne spostato ad un’altra sezione a seguito del trasferimento del presidente del collegio giudicante. L’azzeramento avrebbe comportato l’annullamento delle sentenze di assoluzione in primo e secondo grado per i tredici imputati e il processo avrebbe dovuto aver luogo nuovamente.
Il rigetto del ricorso conferma invece le assoluzioni e ancora una volta mostra la sconfitta completa della macchina giudiziaria che venne montata ad arte dalla procura cosentina guidata dal Pubblico ministero Domenico Fiordalisi, titolare nonché inventore dell’inchiesta, coadiuvato dal solerte lavoro delle questure meridionali, in particolare dall’operato del capo della digos di Cosenza, Alfredo Cantafora. Insomma, una trappola studiata per distruggere i movimenti sociali che dopo anni di silenzio tornavano, negli anni delle lotte globali, a scuotere il meridione costruendo per quei territori un orizzonte di riscatto e visibilità.
Questo infatti seppe costruire la Rete del Sud Ribelle: un orizzonte di riscatto e visibilità. La Rete nacque dopo il Marzo 2001, quando cinquantamila manifestanti provenienti da percorsi di lotta costruiti negli anni si ritrovano a Napoli per assediare i capi di stato barricati nel palazzo Reale in piazza del Plebiscito. La convergenza di numerose realtà di movimento impose una struttura organizzativa di coordinamento e azione comune dove associazioni, comitati di lotta delle fabbriche, comitati contro inceneritori e discariche, studenti, migranti potessero ritrovarsi e riconoscersi in un percorso unitario verso le giornate del G8 di Genova. Nacque la Rete del Sud Ribelle.
Certamente uno degli aspetti più grotteschi della vicenda giudiziaria che colpì il Sud Ribelle è costituito dal fatto che nei due momenti chiave delle mattanze di Napoli e Genova si incardina la base materiale del procedimento inquisitorio. Le ipotesi di reato che sorreggono il teorema di Fiordalisi si rintracciano nei momenti di maggiore violenza poliziesca dello Stato. Curioso paradosso. Ma, come è premessa di ogni operazione repressiva, la natura giuridica degli atti contestati è un fatto marginale per la stessa accusa. Ogni particolare, più che un fatto giuridicamente a sé stante, è indizio per quello che si sospetta un più ampio quadro criminoso, un elemento del teorema, e così l’impianto accusatorio diventa un gran calderone nel quale, non solo si sacrificano nelle aule di tribunale gli aspetti più individuali della quotidianità degli imputati, ma si pretende di giudicare – e automaticamente condannare – con un metro estraneo alla politica tutto un movimento sociale nella sua complessità sulla base esclusiva di sospetti, ipotesi, fantasie.
Perché, al di là di quanto successo a Napoli o a Genova, l’obbiettivo di Fiordalisi, per conto dello Stato, è stato quello di sradicare le opposizioni sociali che con prepotenza ribaltavano il piagnisteo assistenzialista sulla questione meridionale imponendo, con la forza di nuove relazioni e con la dignità delle lotte, una inedita centralità del discorso sul sud producendo percorsi autonomi nei territori.
Il processo al Sud Ribelle è stato soprattutto questo: la repressione di una via di riscatto estranea alle tradizionali reti di controllo dei partiti e delle istituzioni.
Leggi anche l’opuscolo “Da Cosenza a Genova andata e ritorno. L’inchiesta sul Sud Ribelle” di Francesco Cirillo, imputato nel processo.
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