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Intervista con Pervin Buldan, parlamentare curda dell’HDP

[ENG] Intervista rilasciata ai corrispondenti di Infoaut presenti in Turchia a ridosso dell’evento elettorale di questi giorni

Iniziamo dalle imminenti elezioni. Quali sono le tue aspettative e come guardi alle elezioni alla luce del processo di pace ora interrotto?

I risultati del 7 giugno sono stati molto importanti per il nostro partito. Nonostante gli ostacoli e l’oppressione, siamo riusciti a portare a casa il 13.2% dei voti ed 80 seggi. E’ la prima volta che un partito curdo riesce a far ciò nella storia della Turchia. Tuttavia, l’AKP aveva altre aspettative in termini di risultati elettorali e dato che non hanno potuto raggiungerli, hanno deciso di indire nuove elezioni. Le imminenti elezioni saranno il primo novembre e sono sicura che raggiungeremo risultati ancora migliori, forse vicini ai 100 seggi, a prescindere da quanto l’AKP abbia oppresso e bersagliato le forze democratiche di questo paese con le proprie politiche stragiste. Il processo di pace è stato congelato prima del 7 giugno su iniziativa del Primo Ministro, l’ultima volta che sono andata ad incontrare Abdullah Öcalan sull’isola di Imrali è stato il 5 aprile. Ma penso che gli imminenti risultati del primo novembre influiranno positivamente sulla possibilità di una ripartenza del processo di pace.

 

Questo ci porta alla nostra domanda riguardante Öcalan. Qual’è la sua situazione detentiva? Come sembrava l’ultima volta che lo hai visto e qual’era il suo punto di vista sul periodo degli ultimi due anni circa?

Mettiamola così. La sua salute ed il suo morale erano buoni, come sempre. Lo ho incontrato 33 volte e sembrava in buone condizioni, sebbene lamentasse problemi respiratori a causa dell’umidità sull’isola. Öcalan vive isolato rispetto agli altri 5 detenuti sull’isola, è da solo. Una nuova stanza con un grande tavolo è stata aperta sopra al luogo in cui si erano fino ad allora tenuti i nostri incontri. Ma da quando le trattative sono state rotte, la nuova stanza in cui i comitati dovevano tenere le riunioni è vuota. Öcalan ha fornito sempre importanti pareri e commenti sull’attuale situazione in Turchia e nel Medio Oriente. Ha effettuato tentativi ed appelli per la pace e la fine dello spargimento di sangue tra fratelli e sorelle. Il processo di pace riguardava tutto questo, che le voci delle armi dovessero tacere e che la politica democratica dovesse parlare. Öcalan ha sempre espresso critiche contro quanti si opponessero al processo di pace. Vede giustamente l’HDP come una grossa opportunità per una Turchia più democratica e non ha mai dubitato che il partito potesse facilmente superare la soglia di sbarramento se tutti avessero lavorato con impegno in proposito, ed ha avuto ragione.

 

Potresti descrivere il ruolo di Öcalan per il Movimento di Liberazione Curdo al di là del simbolico?

Parliamo del leader di un movimento quarantennale. E’ un attore importante non solo per i curdi ma per tutte le forze democratiche che lavorano per la pace in Turchia. E’ un leader che, almeno secondo la mia opinione, ha effettuato un gran lavoro per la lotta di liberazione curda, ed ha dato vita alla cultura ed all’identità di milioni di curdi. Come cittadina curda di questo paese, penso che Öcalan, che milioni di persone considerano il proprio leader, sia stato molto importante nelle vittorie in termini di diritti e nell’espansione del movimento. E’ una grande perdita per la Turchia e per il mondo che un attore ed un leader così importante sia rinchiuso in una cella da oltre 16 anni. Se fosse stato libero e in grado di svolgere le trattative all’esterno, il paese sarebbe un posto più sicuro e non un mare di sangue. Personalmente, penso che lui sia una possibilità per la Turchia in termini di pace e la possibilità di risolvere democraticamente la questione curda.

 

Dal punto di vista di uno straniero, pare che la novità dell’HDP sia stata la capacità di aprire uno spazio in cui molti popoli diversi siano capaci di trovare un terreno comune. Inoltre, negli ultimi due anni ci sono state sia la resistenza di Gezi che quella di Kobane. Questi due eventi hanno influito sul successo dell’HDP?

E’ vero che l’HDP è stato qualcosa di nuovo. Le persone hanno creduto veramente nell’HDP nelle elezioni del 7 giugno. Per la prima volta, la Turchia è la casa di un partito che non rappresenta solo i curdi, ma tutti i popoli oppressi. In realtà, non potevamo sostenere ciò in precedenza, quando eravamo un partito quasi completamente per i curdi. In Turchia non vivono solo curdi e turchi. Lo scopo del partito era quello di rappresentare tutti gli oppressi di questo paese. Ora, siamo un partito che dà spazio ad Armeni, Circassi, Assiri, Aleviti, Azeri, donne, giovani e LGBT ed a tutti quelli che sono ridotti al silenzio ed ignorati. La Turchia non ha mai visto prima un partito con questa composizione. Penso che ciò sia stato una chiave del nostro successo del superamento della soglia di sbarramento del 10%. L’ISIS ha attaccato Kobane e vi è entrato dentro, ha massacrato la gente ed ha stuprato donne con il sostegno dello stato turco. La Turchia ha nutrito l’ISIS senza curarsi del popolo di Kobane. Quando abbiamo incontrato ufficiali statali, abbiamo insistito su quanto importante fosse Kobane per i curdi anche in Turchia, che si sarebbero sollevati se i loro parenti fossero stati massacrati. Nonostante le preoccupazioni che abbiamo espresso, sfortunatamente il governo non ha prodotto buone politiche. Il governo che ha scelto di sostenere l’ISIS rispetto ai massacri di Kobane ed alle sofferenze dei curdi ha prodotto la rivolta del 6-7 ottobre 2014. Penso che ciò abbia avuto un grande impatto sui risultati elettorali. Così come Gezi nella Turchia occidentale. Questi due eventi hanno compattato i curdi e quei segmenti oppressi che volevano prestare il proprio sostegno per i curdi assieme. Le forze democratiche e di opposizione che componevano Gezi hanno infine rivendicato l’HDP come proprio partito, ed anche questo ci ha aiutato a superare la soglia di sbarramento.

 

Sei stata un’attivista di Yakay-Der, un’organizzazione che puntava a portare l’attenzione sui casi della ‘sparizione in custodia’ degli anni 1990. Che differenze vedi in termini di violenza di stato oggi rispetto a quella degli anni 90?

Da persona che ha vissuto negli anni ’90 della tortura, degli omicidi extragiudiziali e delle sparizioni, devo dire che c’è una grande differenza tra i due periodi. Oggi non vi sono più determinati gruppi entro lo stato che effettuano questi crimini in segreto. Oggi le cose sono completamente palesi quando il governo dell’AKP dà ordini diretti alle proprie forze di sicurezza di effettuare omicidi. Prima avevamo gruppi come Jitem e Kontrgerilla che effettuavano omicidi con il coinvolgimento dello stato laddove oggi anche il governo è coinvolto e tutti sono testimoni degli assassinii. Negli ultimi 3-4 mesi, abbiamo perciò assistito ad alcuni dei più sanguinosi massacri nella storia della Turchia. Un esempio è quello di Cizre, dove 22 sono state uccise dalle forze di sicurezza sotto il coprifuoco che regnava in molti posti del Kurdistan. A Suruc, 33 giovani accorsi in solidarietà con Kobane sono stati massacrati dall’ISIS sotto la sorveglianza delle forze di sicurezza. Poi abbiamo Ankara dove due attentatori suicidi si sono fatti esplodere alla manifestazione per la pace. Tutto ciò è accaduto sotto il governo dell’AKP ed è completamente differente dagli omicidi degli anni ’90. E’ più evidente come il governo sia coinvolto nei massacri ed è tutto risaputo. Perciò, siamo in una situazione perfino peggiore di prima.

 

Come donna e curda, come vedi le recenti sollevazioni in Palestina?

Onestamente, non ho avuto il tempo di seguire cosa stia accadendo laggiù. Non penso che i palestinesi vivano un contesto molto differente dal nostro, qui in Turchia. E’ dovere di tutti sollevarsi contro l’oppressione e l’ingiustizia. Questo sta accadendo ovunque. Se le donne ed i giovani si sollevano in quelle terre, è per necessità. I cittadini che lottano per la democratizzazione del loro paese, per i loro diritti, si uniscono per avere un posto migliore dove vivere. La Palestina ne è un esempio, la Turchia un altro.

 

 

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