Dopo la firma del primo memorandum d’accordo da parte del governo D’Alema nel 1998, è stato il governo Berlusconi a firmare nel 2002 l’accordo che ha fatto entrare l’Italia nel programma come partner di secondo livello. È stato nel 2007 il governo Prodi a perfezionarlo e prospettare l’acquisto di 131 caccia. È stato nel 2009 il governo Berlusconi a deliberarne l’acquisto. È stato nel 2012 il governo Monti a «ricalibrare» il numero dei caccia da 131 a 90 per dimostrare che, di fronte alla crisi, tutti devono stringere la cinghia. È stato nel 2013 il governo Letta e nel 2014 quello Renzi a confermare gli impegni dell’Italia nel programma F-35 capeggiato dalla Lockheed Martin, prima produttrice mondiale di armamenti con un fatturato militare annuo di oltre 36 miliardi di dollari. La macchina produttiva ormai è in moto. Il 12 luglio 2013 la Northrop Grumman, uno dei contrattisti, ha consegnato all’impianto Faco di Cameri la sezione centrale della fusoliera del primo F-35 destinato all’Italia. Ciò avveniva dopo che in maggio la Camera aveva impegnato il governo a «non procedere a nessuna fase di ulteriore acquisizione» dell’F-35.
Il 6 marzo 2014, comunica la Lockheed, è decollato per un volo di prova in Texas il primo F-35 con componenti delle ali fabbricati da Alenia Aermacchi. La stessa Lockheed pubblica una cartina della rete produttiva dell’F-35 in Italia. Componenti del caccia vengono prodotti a Cameri (No) da Alenia, a Borgomanero (No) da Mecaer, a Torino da Alenia Aeronautica e Selex Galileo, a Saronno (Va) da Rotodyna, a Milano da Secondo Mona e Aerea, a Genova da Piaggio Aero, a Casella (Ge) da Moog Casella, a La Spezia da Oto Melara ed Elettronica Melara, a Montevarchi (Ar) da Selex Communication e Sirio Panel, a Foligno (Pg) da Oma, a Ortona (Ch) da Samputensili, a Cisterna di Latina/Pomezia (Rm) da Selex Communication (Marconi), ad Aprilia (Lt) da Aviogel e Aero Sekur, a Roma da Selex SI, Elettronica, Gemelli, Logic, Mbda Italia, S3Log, Selex Communication (Marconi), Vitrociset; a Capua (CE) da Cira, a Palermo da Galileo Avionica.
L’Italia è stata dunque legata a doppio filo al programma F-35: in quanto produttrice del caccia, è obbligata ad acquistarne un congruo numero. Al massimo può dilazionare i lotti da acquistare, ma non scendere sotto certi livelli perché verrebbero danneggiate le industrie produttrici. Resta comunque il fatto che, mentre i milioni dei contratti per la produzione di componenti entrano nelle casse di aziende private, i miliardi per l’acquisto dei caccia escono dalle casse pubbliche. L’unica soluzione è uscire dal programma. Il presidente Obama, che Scanu assicura «non vuole interferire», è stato però chiaro: qualche «risparmio» lo potete promettere, basta però che non usciate dal programma.
Di Manlio Dinucci per Il Manifesto