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Pre-elezioni in Spagna tra corruzione, fine del duopolio partitico e promesse da disattendere..

Per Mariano Rajoy questa indiscrezione a così poche ore dal voto sarebbe parte di una combutta per destabilizzare l’esito elettorale che vedrà gli spagnoli alle urne questa domenica. Un clima che sembra surriscaldarsi e pendere a favore dell’alleanza di “Unidos Podemos”. Il premier, nell’opaco tentativo di smorzare i toni sulla vicenda che vede clamorosamente coinvolto il suo ministro, ha dichiarato che confida nell’operato di Dìaz, e anzi ha espresso preoccupazioni per il fatto che possano essere avvenute delle registrazioni all’interno di un palazzo di governo.

Il direttore dell’ufficio antifrode catalano ha detto che darà le sue spiegazioni sui contenuti delle conversazioni, divenute di dominio pubblico, mentre il tavolo parlamentare ha convenuto di iniziare le procedure per la sua destituzione, su pressione di tutte le forze politiche catalane. L’oggetto delle conversazioni, di fatto, è la cospirazione contro diversi politici catalani legati al processo trasversale di indipendentizzazione della regione rispetto allo Stato Centrale. Una bomba mediatica esplosa proprio al fotofinish della campagna elettorale, a cui Rajoy e s suoi fidati hanno risposto cercando di ostentare calma e glissando sulla gravità dell’ accaduto. Ma l’aria attorno al Partido Popular pare essersi fatta irrespirabile, con lo stesso premier che afferma di non essere a piena conoscenza delle riunioni intercorse tra De Alfonso e Fernandéz Dìas, con quest’ultimo che afferma il contrario. Proprio al ministro degli Interni tre giorni fa sono state richieste immediate dimissioni da parte di un ampissimo ventaglio di partiti con rappresentanti in Parlamento.

L’episodio giunge complessivamente in una tornata elettorale in cui si sancisce de facto il declino definitivo del bipartitismo, con tutti i municipi interessati che tra il 2011 e il 2015 hanno visto un tracollo delle percentuali di votanti che hanno scelto o il Partido Popular e/o il PSOE.

A proposito di Podemos, ha suscitato non poche perplessità, per quanto riguarda la presentazione del suo programma politico ed economico, la serie di paragrafi dedicati alla lotta contro la precarietà, che per alcuni media di movimento è stato definita ben lungi dall’essere una vera proposta di contrasto alla condizione di precarietà che grava sulle spalle di milioni di spagnoli, giovani e meno giovani. La causa sarebbe dovuta alla continua ricerca di una mediazione fattibile con il PSOE, ossia il partito che maggiormente nelle ultime legislature ha dato impulso tramite le sue riforme alla regolamentazione della prearietà lavorativa.

Cruciale è il punto su cui si dichiara la necessità di pagare il debito con la Troika, ristrutturando e spalmando velocità e tempi di pagamento, che prevederebbero comunque in cambio l’accondiscendenza alla triade nell’ applicare ulteriori riforme del lavoro volte a precarizzare ulteriori settori nel mercato spagnolo.
Di fatto, Iglesias e il suo partito si starebbero rimangiando la promessa di rimettere mano alla riforma approvata dal PSOE nel 2010, che vide in risposta uno sciopero generale capillare e duro chiamato da tutti i sindacati del Paese. Quella riforma diede il là alla possibilità per le imprese di poter sottoporre decine di tipologie contrattuali, liberalizzando selvaggiamente, esternalizzando e trasformando strutturalmente diritti e doveri dei lavoratori (in un modo peraltro molto simile a quanto avvenuto con la Fornero prima e il Jobs Act a firma Renzi-Poletti poi).

Ora, nelle intenzioni di “Unidos Podemos”, l’alleanza tra Izquierda Unida e Podemos, c’è quella di riformare i contratti a tempo determinato, unendo le diverse tipologie in una uguale, senza intaccare la natura precaria degli stessi, lasciando a imprenditori e datori di lavoro mano larga per quanto riguarda modalità di applicazione, inquadramento lavorativo e possibilità di sfruttamento identiche al passato. Allo stesso tempo, l’intoccabilità dei salari e delle condizioni di flessibilità sarebe accompagnata dall’aumento del Salario Minimo Interprofessionale a 900 euro. A essere maggiormente messa a critica è la proposta di una ulteriore flessibilità interna delle mansioni lavorative che, semplificando, significherebbe una possibilità di riduzione dell’ orario a fronte di una maggiore produttività, ossia si tradurrebbe in una ancor maggiore precarizzazione delle forme lavorative attuali.
Sarà da capire se questa intenzione di programma dissuaderà alcuni settori popolari a dare la preferenza di voto a Iglesias con Izquierda Unida, oppure si manifesterà in modo inequivocabile la volontà, oltre tutte le altre condizioni,di mettere fine al duopolio partitico del quarantennio post-franchista.

A monte del voto, pesa un dissenso di fondo: sarebbe circa l’80% dell’elettorato complessivo a volere una riforma del sistema eletorale, a partire dall’equiparazione in numero di voti necessari ad ottenere un seggio  elettorale tra zone rurali e metropolitane: a Madrid per esempio è richiesto un numero di voti che è perfino di quattro volte superiore rispetto a quelli in provincia di Castiglia e Leòn. Questa disuguaglianza favorisce i grandi partiti tradizionali, che sono in caduta libera nelle zone maggiormente urbanizzate e ad alto tasso giovanile.

A chiusura della campagna l’eco dell’esito del BrExit sta tenendo banco nelle dichirazioni conclusive dei rapppresentanti dei vari partiti.

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