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RadioInfoAut intervista Giuseppe Genna: dopo Parigi, rompere il monologo bellico neoliberista

 

Con Genna siamo partiti da un’analisi della retorica del dolore onnipresente sui media, che si fonda su una spettacolarizzazione della sofferenza dettata dall’attacco subito che diventa strumento utile a processi di legittimazione delle retoriche della “punizione inflessibile” e della “guerra inevitabile”. Obama e Hollande parlano di Occidente sotto attacco da parte di terroristi e non invece di soldati, come dovrebbero essere chiamati questi combattenti di una guerra aperta dalle politiche neocolonialiste occidentali. Una distinzione utile a negare le responsabilità occidentali sminuendo a ruolo di “matti e barbari” coloro che vengono sedotti dal richiamo jihadista.

 

La realtà in cui ci troviamo ci parla di un conflitto che va oltre anche la nostra capacità di lettura e comprensione delle sue dinamiche, dove una guerra psichica e paranoica è sempre più interna alle nostre vite quotidiane. La necessità, per chi è schierato anche in campo intellettuale, è per Genna quella di rispondere con la rottura il più possibile allargata del monologo discorsivo regnante, scaturito dalla sconfitta pedagogica comportata dalla vittoria, dall’affermazione del neoliberismo che ha abbattuto la dialettica sociale per imporre pensiero unico.

 

Complicare il monologo del potere, rifiutare il ruolo dell’utile idiota è necessario per provare a contrapporsi a questo dispositivo. Genna va avanti ragionando sulla felicità di essere stato sospeso da Facebook per le sue affermazioni in merito ai fatti di Parigi, poiché così è stato messo nella condizione di poter attaccare con più visibilità il monologo discorsivo di cui sopra, che consiste anche nell’occupazione delle nostre vite da parte di un mercato assoluto che agisce in forma di colonizzazione biopolitica anche dei nostri punti di vista e dei nostri sentimenti emotivi, come ci racconta anche la questione delle bandierine francesi da apporre sopra le nostre immagini del profilo.

 

Ecco le domande e le risposte (audio) dello scrittore milanese ai microfoni di RadioInfoAut:

 

– A una settimana e più dalle impressioni a caldo di quanto accaduto a Parigi, torniamo su quanto scrivevi allora, ovvero della “reazione vociante di chi oggi grida all’umanità sotto attacco, e cioè qualunque osservatore che abbia accesso ai mezzi informativi, è non soltanto ipocrita, ma essa stessa è un atto di belligeranza all’interno di un protocollo bellico che ha raggiunto lo stato atmosferico: sono, in pratica, opinioni funzionali allo sviluppo del conflitto perenne”. Ci sembra che questa opinione da te espressa trovi conferma sostanziale nella retorica con cui negl ultimi giorni il mainstream alle nostre latitudini sta imponendo con la forza il consenso alle retoriche belliche.. cosa senti di aggiungere a quelle impressioni a poco più di dieci giorni di distanza?

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-Siamo in una fase in cui le chiavi di letttura di quanto accade sono piuttosto difficili da trovare, specie poiché non emerge un discorso, una sintesi rivoluzionaria reale su scala globale, soprattutto dopo la sconfitta dei movimenti rivoluzionari arabi del 2011 a seguito della risposta reazionaria della controparte: sebbene ci sia l’esempio “virtuoso” di quanto sta succedendo in Kurdistan, sembra mancare da parte dei movimenti una sintesi e una proposta complessiva. In questo ccampo, quanto manca il ruolo della letteratura, il contributo di una letteratura militante nel poter prefiguarare scenari e poter contribuire a uno sforzo di sintesi e proposta per e dei movimenti?

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– Dopo gli attacchi di Parigi, è emersa in maniera evidente il ruolo censore di strumenti come Facebook, ruolo che contrasta altamente con la sua apparente vocazione di spazio di espressione libera. Il tuo caso è esemplare, la censura del tuo profilo per aver espresso delle posizioni nette a seguito dei fatti di Parigi ne è una riprova; cosa ti senti di dire a riguardo di questa imposizione di Facebook, che a noi sembra peraltro l’estensione di quello che può accadere nei nostri territori in nome del controllo sociale e dell’imposizione di uno schieramento ben preciso in una guerra voluta e condotta da altri?

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