InfoAut

THE ACT OF KILLING, di Joshua Oppenheimer, 2012

 

Tra il 1965 e il 1966 in Indonesia, fino ad allora fra i cosiddetti “paesi non allineati”, prende il potere il generale Suharto, leader di una potente fazione di estrema destra dell’esercito indonesiano. Appena insiedatosi, Suharto ordina una rappresaglia nei confronti degli appartenenti al Partito Comunista (che allora contava 3 milioni di iscritti), accusati di essere responsabili del sequestro dell’ex presidente Sukarto e dell’omicidio di 6 generali. In pochi mesi, secondo i dati della CIA, 500.000 persone vengono uccise da esercito e gruppi paramilitari (i comunisti forniscono la cifra di 1.200.000 morti). Fra le vittime, anche indonesiani di etnia cinese, e un numero imprecisato di “intellettuali”. In quei mesi si distingue per crudeltà e ferocia, e per le centinaia di esecuzioni effettuate personalmente, un certo Anwar Congo. Anwar Congo, in carne ed ossa, è il protagonista di The Act of Killing.

Il progetto del film risale a poco meno di una decina di anni fa. Dopo avere collaborato a un altro film che affrontava in maniera diversa lo stesso tema , The Globalization Tapes, il regista Joshua Oppenheimer decide di trasferirsi stabilmente in Indonesia. Nel 2005 inizia a intervistare i responsabili delle carneficine e delle torture, ma anche alcuni sopravvissuti alla rappresaglia. Il problema è che il film che Oppenheimer sta costruendo, in questa forma, non ha possibilità di essere terminato. Che quei sopravvissuti intervistati vengano a loro volta uccisi, non è un rischio ma una certezza. Oppenheimer fa allora un tentativo. Rinuncia alle voci e ai volti dei sopravvissuti, e propone ai killers la realizzazione di un film nel film, chiedendo loro di mettere in scena le azioni più cruente di cui sono stati protagonisti, con loro stessi come attori, tanto nei ruolo di carnefici che in quello di vittime. Facendo leva sulla loro passione per il cinema americano (Anwar Congo dichiara di essere un fan di Marlon Brando, Elvis Presley e Al Pacino), e sul sogno di diventare loro stessi delle stelle del cinema, Oppenheimer riesce a convincere Anwar Congo e gli altri a girare The Act of Killing. “Un bellissimo film per le famiglie” dice Anwar. Il risultato è pazzesco, sbalorditivo, unico. Il film alterna le varie testimonianze e riflessioni di questi veri e propri tagliagole, con scene di finzione realizzate secondo una sceneggiatura scritta dagli stessi killers, che spaziano dal noir al western, fino al musical, secondo l’ispirazione fornita volta per volta dal loro immaginario cinematografico. Per rendere l’idea, citiamo un paio di sequenze, ma solo a titolo di esempio, perché qui non si tratta di selezionare scene o inquadrature di maggiore o minore “qualità”; qui ogni singolo istante del film “vale”, ogni momento è necessario.

In una delle sequenze che per comodità possiamo definire di “testimonianza”, vediamo Anwar Congo mostrarci uno dei luoghi dove avvenivano le esecuzioni, e spiegarci che uno dei problemi da risolvere (e da lui risolto) era come limitare la quantità di sangue che si spargeva sul pavimento quando le vittime venivano uccise a bastonate. Ecco allora Anwar prendere un fil di ferro, e insieme a un amico che lo aiuta nello dimostrazione pratica (prestandosi al ruolo di prigioniero comunista), spiegare di fronte alla cinepresa come fissando un capo del filo alla parete, attorcigliandolo intorno al collo del prigioniero, e infine tirando dall’altro capo con forza, il prigioniero moriva strangolato e mezzo decapitato, ma con poca fuoriuscita di sangue.
In un’altra sequenza, questa volta “messa in scena”, di fronte a una cascata, circondato dal verde della vegetazione e da alcune ragazze che ballano sulle note di Born Free, vediamo Anwar Congo, vestito con una tunica nera e le braccia rivolte al cielo, ricevere dalle mani di una delle sue vittime una medaglia, in segno di ringraziamento per averlo ucciso e quindi mandato in paradiso. Uno stacco ci mostra poi Anwar a casa sua, mentre guarda commosso la scena precedente, rivolgersi al regista e dire: “Josh, non avrei mai immaginato che avrei potuto realizzare qualcosa di così grande. Una cosa che mi rende orgoglioso è come la cascata riesca ad esprimere sentimenti tanto profondi”

Non aggiungiamo altro, anche se ci sarebbero tante altre cose da dire e da approfondire. Per una volta, affermare “ci si potrebbe scrivere un libro”, non è una frase fatta. Il film pone continuamente domande e interrogativi sul rapporto tra realtà e finzione, suggerisce riflessioni e pensieri sull’essenza degli uomini e del potere, e ci accompagna con onestà intellettuale, senza sentimenti di condanna e senza cadere nella trappola della compassione, in quella che è di fatto una presa di coscienza, per quanto corrotta e distorta da incubi mostruosi e folli illusioni. Qui siamo oltre i concetti coi quali siamo abituati a confrontarci quando parliamo di sterminio, genocidio, pulizia etnica (“banalità del male”, “zona grigia”, il più rassicurante “follia”). The Act of Killing spalanca le porte dell’abisso, senza mostrarci una sola goccia di vero sangue, senza l’utilizzo di una sola immagine di repertorio, senza forzare il discorso in alcuna direzione, e ci costringe a interrogarci sulla realtà sotto ogni suo aspetto: morale, politico, economico, sociale, storico. Una complessità, una ricchezza e una prospettiva con le quali qualunque documentarista degno di tale nome sarà in futuro obbligato a confrontarsi.

Kino Glaz

Al link in pdf le Press Note (eng)

Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.

pubblicato il in Culturedi redazioneTag correlati:

Articoli correlati

Immagine di copertina per il post
Culture

Un’Anabasi post-sovietica. Storia del Gruppo Wagner

Gli uomini in mimetica camminano soli o a coppie dentro fitti banchi di nebbia, a malapena si intravedono i campi desolati attorno alla lingua di cemento.

Immagine di copertina per il post
Culture

Il primo vertice antiterrorismo internazionale – Roma 1898

Un evento spesso trascurato dalla storiografia italiana, anche da quella che si è occupata del movimento operaio e delle sue lotte, ma che obbliga a riflettere su una serie di nodi ancora tutti da sciogliere

Immagine di copertina per il post
Culture

Frankenstein, quel mostro nato dalle ombre oscure della guerra

Al mostro viene negato un nome e una individualità, esattamente come al proletariato

Immagine di copertina per il post
Culture

“No Comment”: i Kneecap tornano a colpire con Banksy

Dalla Belfast ribelle al cuore dell’establishment londinese, i Kneecap tornano a colpire.

Immagine di copertina per il post
Culture

Israele sull’orlo dell’abisso

Ilan Pappé, La fine di Israele. Il collasso del sionismo e la pace possibile in Palestina, Fazi Editore, Roma 2025, pp. 287

Immagine di copertina per il post
Culture

Se la Cina ha vinto

Se l’obiettivo di un titolo apodittico come “La Cina ha vinto” è convincere il lettore della validità della propria tesi, Alessandro Aresu vi riesce pienamente.

Immagine di copertina per il post
Culture

Mala tempora currunt

Don’t let this shakes go on,It’s time we have a break from itIt’s time we had some leaveWe’ve been livin’ in the flames,We’ve been eatin’ out our brainsOh, please, don’t let these shakes go on(Veteran of the Psychic Wars, 1981 –Testo: Michael Moorcock. Musica: Blue Oyster Cult) di Sandro Moiso, da Carmilla Che per l’Occidente […]

Immagine di copertina per il post
Culture

Bolivia in fiamme: dentro un ecocidio latinoamericano

Bolivia Burning: Inside a Latin American Ecocide è un documentario di 52 minuti di The Gecko Project che porta gli spettatori all’interno di una delle crisi ambientali più sottovalutate al mondo: la rapida distruzione delle foreste in Bolivia.

Immagine di copertina per il post
Culture

Scolpire il tempo, seminare il vento, creare antagonismo

Siamo la natura che si ribella!, ammonisce con efficace sintesi uno striscione no-tav esprimendo un radicale antagonismo nei confronti del mortifero sfruttamento capitalista patito dall’essere umano e dalla natura, di cui è parte.

Immagine di copertina per il post
Culture

Al mio popolo

Lo scorso 25 settembre è deceduta a Cuba Assata Shakur, importante membro delle Pantere Nere prima, della Black Liberation Army poi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Armi e appalti: l’Italia mantiene aperto il canale con l’industria militare israeliana

Nonostante la campagna di sterminio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, Arma dei Carabinieri e Polizia di Stato continuano ad equipaggiare i propri reparti di pronto intervento rifornendosi presso le più importanti aziende israeliane.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Morte di Ramy Elgaml: altri due indagati per falso tra i carabinieri premiati con l’Ambrogino d’Oro

Altri due carabinieri sono stati iscritti nel registro degli indagati con le accuse di aver fornito false informazioni al pubblico ministero e di falso ideologico in atti pubblici nell’ambito dell’indagine sulla morte di Ramy Elgaml

Immagine di copertina per il post
Sfruttamento

Genova: corteo operaio sotto la Prefettura. Sfondate le reti della polizia, lacrimogeni sulle tute blu

La rabbia operaia continua a riempire le strade della città ligure contro il (non) piano del governo Meloni sul destino di migliaia di operai ex-Ilva e sul futuro del comparto siderurgico in Italia.

Immagine di copertina per il post
Crisi Climatica

Presidio permanente di San Giuliano: dove abbattono case, noi costruiamo resistenza!

Martedì 2 dicembre, durante l’assemblea popolare, i/le giovani No Tav, hanno fatto un importante annuncio: casa Zuccotti, dopo essere stata espropriata da Telt, torna a nuova vita.

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Torino: riflessioni attorno “all’assalto squadrista alla sede della Stampa” e alla libertà di informazione

Il centro sociale Askatasuna di Torino è tornato al centro del dibattito politico nazionale dopo l’azione alla redazione de La Stampa del 28 novembre durante la manifestazione nel giorno dello sciopero generale

Immagine di copertina per il post
Divise & Potere

Appello di docenti, ricercatori e ricercatrici universitarie per la liberazione di Mohamed Shahin

Riportiamo l’appello di docenti, ricercatori e ricercatrici per la liberazione di Mohamed Shahin, per firmare a questo link.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili in Italia

Diamo il via all’inchiesta collettiva sugli investimenti israeliani sui progetti delle grandi rinnovabili che abbiamo deciso di iniziare durante la “Due giorni a difesa dell’Appennino” a Villore, di cui qui si può leggere un resoconto e le indicazioni per collaborare a questo lavoro.

Immagine di copertina per il post
Confluenza

Un primo resoconto dell’appuntamento “Due giorni a difesa dell’Appennino”: come continuare a rendere vivi i nostri presidi di resistenza dal basso

Iniziamo a restituire parte della ricchezza della due giorni a difesa dell’Appennino, svoltasi in una cornice incantevole a Villore, piccolo paese inerpicato tra boschi di marronete e corsi d’acqua, alle porte del parco nazionale delle Foreste Casentinesi.

Immagine di copertina per il post
Conflitti Globali

Bambini sfruttati e affumicati nei campi della California

Molto lontano dai campi di Entre Ríos o Santa Fe, i bambini contadini della California lavorano dagli 11 ai 12 anni, sfruttati, mal pagati, in terreni affumicati con pesticidi e con il terrore di essere deportati insieme alle loro famiglie di migranti.