Torino, subisce trapianto di fegato e viene licenziato
Questo è il trattamento subito da Antonio Forchione, operaio dell’Oerlikon Graziano di Rivoli.
Il suo calvario inizia la scorsa estate quando i medici gli avevano diagnosticato un carcinoma epatico e che senza un trapianto di fegato non sarebbe sopravvissuto. Per fortuna dopo poche settimane, trovato un donatore, supera l’intervento che gli salva la vita e così inizia il periodo di convalescenza stimato dai medici di 6 mesi. Al suo rientro nel gennaio scorso però, i vertici aziendali, consapevoli per ordine dei medici di non poterlo più esporre alle polveri di lavorazione prodotte dallo stabilimento e della sua invalidità certificata del 100%, gli “consigliano” di passare ancora qualche giorno di malattia con la scusante di non sapere che mansione affidargli. Terminati anche questi giorni, al suo rientro, rimbalzato una seconda volta dagli stessi superiori con l’affermazione “che ci fai qui?”, scopre che ad attenderlo a casa c’era una lettera di licenziamento.
Ma non è la prima volta che la Oerlikon Graziano si rende protagonista di vicende di questo genere.
Impresa con oltre 1500 dipendenti in Italia, 700 solo nello stabilimento di Rivoli (Torino). Possiede infatti un altro stabilimento a Bari con altri 400 dipendenti diventato anch’esso famoso per un caso analogo di appena venti giorni fa in cui un altro operaio, Massimo Paparella, 19 anni di lavoro, ha subito un licenziamento poche settimane dopo aver denunciato l’azienda per aver imposto loro di andare in bagno insieme per non perdere tempo. Una pratica perversa di cui si sente sempre più spesso parlare (Amazon, per dirne una) in cui, in questo caso, agli operai venivano fornite 2 pause di 9 minuti ciascuna per ogni turno di lavoro in cui gli stessi operai dovevano decidere se mangiare un boccone, andare in bagno o fumare una sigaretta. Come arance spremute fino all’ultima goccia.
Anche qui, come nel caso di Rivoli, sono le condizioni di salute di Massimo che vengono sfruttate dall’azienda. Infatti, dopo essersi sottoposto ad un intervento al cuore postumo la denuncia, i vertici aziendali colgono la palla al balzo per indirizzargli una lettera di licenziamento con la scusante di “tutelare le sue condizioni di salute”.
Insomma, è evidente il filo rosso che collega questi due casi. Una pratica aziendale che prevede lo sbarazzarsi alla svelta non solo e banalmente di chi, in qualche modo, dà fastidio all’azienda denunciando le condizioni di sfruttamento dei lavoratori, ma soprattutto sbarazzandosi di chi per malattia e condizioni fisiche non più ottimali non può garantire i ritmi di lavoro scanditi dall’azienda. Ciò significa che chi non più più essere spremuto come previsto, viene licenziato. Secondo la Oerlikon Graziano, chi si ammala e non è più in grado di rendere al pari dei “sani”, diventa un corpo morto per l’azienda, una macchina difettosa, un ingranaggio più lento degli altri di cui è meglio sbarazzarsi per assumerne un altro in grado di rendere il dovuto. Operai trattati né più né meno di macchine in cui non c’è rispetto di chi ha lavorato una vita per l’azienda ed addirittura ha rischiato di perderla per la stessa. Nessun rimborso, nessun ringraziamento, solo cinismo al pari di quando si rompe il cambio alla nostra auto e dal meccanico decidiamo di sostituirlo con uno nuovo buttando quello rotto senza nemmeno pensarci sopra un attimo.
Se pensavamo di aver superato questa pratica ottocentesca con la conquista di una serie di diritti e tutele sul luogo di lavoro, è evidente che, grazie soprattutto ai sindacati odierni, il piano di smantellamento di tutto ciò è in atto da tempo con la scusante della crisi e della salvaguardia del “dio-produzione”. Il tutto ha dato un’accelerata fortissima a nuovi processi di sfruttamento dei lavoratori.
E’ chiaro che con lo smantellamento dell’articolo 18, con l’attuazione del Jobs Act di Renzi, le aziende abbiano acquisito ampi poteri sulla gestione dei lavoratori e sulla decisione di allontanamento e licenziamento. Diventa quasi scontato che con questi presupposti governativi si creino situazioni come quelle dell’azienda sopraindicata dove ci si sbarazza di un operaio “vecchio-rotto” in favore di uno “nuovo-funzionante”, proprio come si trattasse di un macchinario.
Ieri, intanto, è stato proclamato uno sciopero di 2 ore all’Oerlikon Graziano da tutti i sindacati a cui hanno aderito la stragrande maggioranza dei colleghi in solidarietà ad Antonio.
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