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Una biografia rivoluzionaria

Di Sandro Moiso per Carmilla_Nei primi anni novanta del secolo appena trascorso, in un momento di gravi difficoltà economiche per l’Istituto Internazionale di Storia Sociale di Amsterdam, una cordata di imprenditori giapponesi offrì la propria disponibilità finanziaria per il salvataggio dell’immensa mole di carte marxiane (manoscritti originali, lettere, opuscoli originali, ecc) colà depositate. L’Istituto non dovette alla fine ricorrere a tale anomalo aiuto, ma, sicuramente, il caso costituisce motivo di interesse.

Certo i possibili finanziatori non erano animati né da un’improvvisa conversione al comunismo rivoluzionario né, tanto meno, dall’intenzione di diffondere tra i propri dipendenti una più approfondita riflessione sul lavoro, lo sfruttamento e l’estorsione del plusvalore.
Probabilmente, e più prosaicamente, intendevano non perdere l’occasione per provare a metter le mani su documenti ancora mai pubblicati ed assicurarsi così la possibilità futura di diffonderli, a proprio piacimento e secondo imperscrutabili calcoli, sul mercato editoriale.

Non è da escludere, però, che l’offerta nascondesse anche un reale interesse nei confronti di una teoria economico-politica che, nonostante la fine della storia predetta da Francis Fukuyama nel 1992 e il trionfo dei Chicago Boys di cui oggi possiamo ammirare la lungimiranza, aveva ancora molto da dire sull’essenza del capitalismo, sui suoi metodi di accumulazione e sulle sue crisi.
Insomma: siamo liberisti, ma non neghiamoci la possibilità di capire qualcosa di più del nostro avvenire e dei meccanismi economici da cui dipendiamo.

La parabola, se così è lecito chiamarla, serve a sottolineare un paradosso già altre volta segnalato: mentre i rappresentanti del capitale, pur negandola ad ogni piè sospinto, si armano e si preparano costantemente allo scontro e alla lotta di classe, anche studiando le idee e le strategie dell’avversario per farne il miglior uso possibile a proprio vantaggio, i rappresentanti della classe potenzialmente nemica si spalmano come nutella sull’ideologia liberista e rinunciano alle armi teoriche che avrebbero a disposizione, rinnegandole in toto.

Ora se questo avvenisse soltanto nelle file del PD e dei suoi consimili, oppure nelle dirigenze sindacali istituzionali non ci sarebbe da stupirsi. Soprattutto i primi dopo aver difeso il socialismo staliniano in un solo paese per decenni si sono premurati di buttare il bambino con l’acqua sporca, appena il crollo dell’URSS gli ha permesso di dichiarare la fine del comunismo e del pensiero marxista. Anche perché, in quella spaccata di gambe tra osservanza filo-sovietica e obbedienza alle necessità dello sviluppo e della crescita capitalistica, i ballerini di scuola togliattiana si dovevano trovare ormai in una posizione piuttosto scomoda e faticosa.

Ciò che sconforta è che anche tra frange e movimenti, organizzazioni e sindacati che si vorrebbero antagonisti e di base affiori spesso il desiderio di rinnovare, spesso senza nemmeno conoscere, o di abbandonare, ma si sa lo studio è sempre difficile, le idee che meglio hanno espresso i limiti e le contraddizioni del sistema che si vorrebbe abbattere.
Il secolo della pubblicità ha infatti impiantato nei cervelli un desiderio di novità che non può sconfinare in altro che non sia superficialità.

Così se si è già visto qualche editore divulgare un testo riguardante la fisica dei super-eroi, qualcun altro potrebbe oggi raccogliere, in un ben più ingombrante testo, l’economia e la sociologia dei cazzari che dovrebbe tener conto non solo delle boiate fantozziane espresse dai luminari al potere, ma anche delle involute, confuse ed estetizzanti teorie espresse da numerosi pseudo-leader ed intellettuali, soprattutto, di italica scuola.

Giunge pertanto come un soffio di aria fresca la ristampa, operata dalle Edizioni Shake, della biografia di Karl Marx scritta da Franz Mehring e pubblicata originariamente nel 1918.
Il testo mantiene la traduzione di Fausto Codino e Mario Alighiero Manacorda dell’edizione originale italiana del 1953, successivamente poi ripubblicata dagli Editori Riuniti nel 1972 e nel 1976. Poi, da allora, il silenzio, l’anonimato e la reclusione tra i libri reperibili nelle librerie dell’usato o sull’attuale bancarella universale, e costosa, di Maremagnum.

L’interesse non è, però, di tipo antiquario perché ci troviamo di fronte ad una delle due uniche biografie del Moro di Treviri degne non solo di nota, ma di essere studiate ed assimilate a fondo.
L’altra, per precisione documentaria, è quella curata più di recente da Maximilien Rubel e pubblicata nel 2001 da Colibrì con il titolo Karl Marx, saggio di biografia intellettuale.
L’autore, francese ed eretico, l’aveva scritta una prima volta nel 1957 e rivista nel 1971.

Molte sono infatti le biografie del campione del comunismo pubblicate nel corso degli anni, ma quasi tutte, invariabilmente, peccano per eccesso agiografico oppure precipitano nella pruderie e nella curiosità per la vita privata e sessuale del medesimo oppure, ancora, nel romanticismo o nella demonizzazione dell’autore del Capitale.
Manca purtroppo, perché mai scritta, una ricostruzione biografica per mano di David Rjazanov, il comunista russo che più di ogni altro, negli anni successivi alla rivoluzione bolscevica, tentò di ricostruire oggettivamente il pensiero, l’opera e la vita di Karl Marx e Friedrich Engels.

La ricostruzione di questo percorso di scritture, ricerche e biografie non costituisce, in questo contesto, motivo di curiosità ed erudizione, ma serve a spiegare come, proprio attraverso la ricostruzione del percorso biografico, politico ed intellettuale degli autori del Manifesto del Partito Comunista, si sia, spesso, giocata una partita fondamentale per l’interpretazione dei loro testi e del loro pensiero intransigentemente rivoluzionario, soprattutto nel caso di Marx.

Intanto tutti e tre gli autori sopra citati (Mehring, Rubel e Rjazanov) risultano in qualche modo appartenere alle correnti ritenute eretiche dall’ortodossia socialista prima e comunista poi.
David Riazanov, nato nel 1870 come David Borisovich Goldendakh, fece parte fin dall’adolescenza dei narodniki, i populisti russi che intendevano rovesciare con la violenza il potere autocratico degli czar. Soltanto dopo un primo esilio tedesco entrò in contatto con il socialismo europeo di stampo marxista, mentre durante un secondo esilio londinese si legò alla figura di Leon Trotsky ed iniziò a raccogliere tutto il materiale pubblicato da Marx ed Engels sulla stampa periodica inglese e statunitense.

Proprio l’aver pubblicato nel 1917 una raccolta di articoli dei due padri del socialismo pubblicati sulla stampa anglofona, gli diede l’autorità per fondare nel 1921, a Mosca, il Marx-Engels Institut che avrebbe dovuto raccogliere tutti i materiali dei due autori per pubblicarli poi nelle Opere Complete per le quali si prevedeva, allora, un’edizione in 36 volumi. Pur essendo il curatore di opere fino ad allora inedite, la sua puntigliosità nel riscoprire le critiche marxiane ed engelsiane alla Russia zarista, alla cui grandeur intendeva in qualche modo richiamarsi Stalin, finirono con l’inimicargli i vertici del partito. Per cui nel 1931 fu allontanato dalla direzione dell’Istituto, che cambiò il suo nome in Marx-Engels-Lenin Institut, e, dopo una serie ininterrotta di persecuzioni e processi, condannato a morte nel 1938 in pieno terrore staliniano.

Maximilien Rubel (10 ottobre 1905 – 28 febbraio 1996), nato in Austria e naturalizzato francese, è stato sempre un comunista militante vicino alla Sinistra Comunista ed animatore del Groupe Communiste de Conseils, dopo aver fondato nel 1959 la rivista Etudes de marxologie.
Ha curato per La Pléiade la traduzione francese delle opere di Marx, introducendone alcune rimaste inedite fino ad allora e risistemando notevolmente, soprattutto, i libri secondo e il terzo del Capitale utilizzando note ed appunti tralasciati sia da Engels che da Kautsky.

Poiché era convinto che tutti i marxismi istituzionalizzati in partito non costituissero che un colossale, quando non truffaldino, fraintendimento del pensiero e dell’opera di Karl Marx, era solito affermare: «Non ascoltate i marxisti, leggete Marx!». A fianco all’opera segnalata più sopra va infatti ricordato anche il suo Marx critico del marxismo (Cappelli, 1981), che trae spunto proprio dalla perentoria affermazione dello stesso Marx: Io non sono marxista!

Franz Mehring, l’autore di cui si sta parlando, nacque nel 1846 in Pomerania da una famiglia borghese, lavorò fin da giovane nella stampa di tendenza socialista ed ebbe modo di conoscere personalmente sia Karl Marx che Friedrich Engels. Pur non condividendone sempre le scelte nella battaglia politica (soprattutto nei confronti di Ferdinand Lassalle) finì col guadagnarsi la stima dei due autori, tanto da far sì, come lui stesso rivela nell’introduzione alla Vita di Marx, che la figlia di Marx, Laura, chiedesse esplicitamente che tra i curatori del carteggio paterno con Engels fosse compreso lo stesso Mehring.

La biografia viene infatti curata da Mehring proprio a partire dal lavoro sul carteggio tra i due, in un periodo in cui l’autore è già in dissidio con la socialdemocrazia tedesca per i suoi cedimenti agli interessi imperialistici e borghesi. Così Mehring , in aperta rottura con il partito, aderirà alla Lega di Spartaco di Rosa Luxemburg e Karl Liebnecht, in cui militerà fino alla fine dei suoi giorni, nel 1919, poche settimane dopo l’uccisione dei due comunisti tedeschi ad opera delle squadre armate al servizio del neonato governo socialdemocratico di Weimar.

Proprio a causa del suo lavoro sulla vita di Marx, Mehring entrerà in conflitto con Rjazanov da cui fu virulentemente attaccato, proprio per l’influenza che Kautsky, il “papa rosso” della socialdemocrazia tedesca, esercitava ancora su una parte del socialismo internazionale, anche se da lì a poco lo svolgersi degli eventi nella Russia dell’ottobre del 1917 avrebbe dato fiato alle correnti più intransigenti a scapito dell’ortodossia socialdemocratica.

E lo stesso Mehring a rivelarlo nell’introduzione:”Nemmeno un’ombra del carattere di questa donna generosa (Laura Marx – N.d.A) rivelarono invece i due custodi di Sion del marxismo che, quando io ero ormai avanti nell’esecuzione del mio progetto di biografia,proruppero in uno sfogo di indignazione morale, perché io avevo azzardato nella “Neue Zeit” alcune osservazioni sui rapporti di Lassalle e Bakunin con Marx, senza fare il dovuto inchino davanti alla leggenda ufficiale del partito” (pag.6).

Ecco qui sta il punto, la biografia di Marx scritta da Mehring, così come quella elaborata da Rubel o quella che avrebbe potuto elaborare Rjazanov, alla luce dei testi da lui riscoperti e pubblicati, è una biografia interpretativa e, allo stesso tempo, parzialmente critica dell’operato di Marx, fuori da qualsiasi intento agiografico e meramente celebrativo. Agiografia e celebrazioni che spesso hanno mirato alla salvaguardia dei presunti custodi dell’ortodossia più che a diffondere la riflessione sul pensiero marxiano e la sua conoscenza.

Tant’è che proprio nell’opera di presentazione dell’opera di Marx contenuta nel suo testo, Mehring si farà aiutare da Rosa Luxemburg proprio per meglio esporre il contenuto dei libri del Capitale, in particolare del secondo e del terzo, di cui la rivoluzionaria tedesca sarà magnifica interprete proprio nella sua opera più importante: L’accumulazione del capitale, pubblicata a Berlino nel 1913.
Il testo di Mehring è quindi importante proprio per la comprensione della teoria marxista, ponendosi al di fuori della vulgata “ortodossa” socialdemocratica che finirà, poi, per tracimare in quella dell’Internazionale comunista stalinizzata.

Altro punto interessante dell’opera è proprio quello riguardante la concezione marxiana del partito che, ben lungi dal ritenere ferma e immutabile nel tempo l’organizzazione di combattimento teorico e militante del proletariato, è assolutamente mobile e variabile nelle sue forme che sono invariabilmente destinate a morire, ad appassire o a tradire la causa al termine di ogni ciclo rivoluzionario. Basti pensare al passaggio dello stesso Marx dalla Lega dei Comunisti alla successiva Prima Internazionale dei Lavoratori che, poi, lo stesso abbandonerà al suo destino nel settembre del 1874.

Importante, e sempre sottovalutata dagli ortodossi e dagli antiautoritari, è infatti la lettera, del 1860, in cui Marx spiegherà a Freiligrath che per lui il partito non può essere un’associazione defunta o una direzione di giornale:”Per Partito io intendo il partito nel suo grande senso storico” (pp.225 – 226). E’ una nota questa fondamentale per comprendere appieno ciò che deve essere l’organizzazione formale della classe operaia o dei comunisti tout. court: un’organizzazione, saldamente strutturata e diretta che si forma nel momento del bisogno per dirigere la classe nella lotta le cui condizioni possono essere ogni volta diversamente date.

Sarà proprio questa concezione, per fare solo qualche esempio, a far comprendere a Marx l’importanza della Comune di Parigi del 1871 e a Lenin, inizialmente contrario, la novità costituita dell’esperienza dei consigli operai (soviet) nella rivoluzione del 1905. Sarà questa attitudine, infine, a far sì che Marx possa scrivere, nella sua Critica del programma di Gotha, parole di fuoco nei confronti del nascente Partito Socialdemocratico tedesco di cui egli coglie, già nel 1875, tutti i limiti e i compromessi.

La dialettica tra partito storico e partito formale, sulla quale è tornato più volte il francese Jacques Camatte a partire dagli anni sessanta, è l’unica a garantire dinamicità all’azione di classe organizzata, evitando le secche del settarismo, del revisionismo e del parlamentarismo.
Il pensiero e l’azione di Marx, allora come oggi, hanno continuato a costituire materiale ad alta incandescenza rivoluzionaria che nemmeno una ormai secolare rielaborazione e riduzione ad opera dei suoi avversari e dei suoi canonizzatori è riuscita a raffreddare.

Quindi, in tempi di risveglio dell’attenzione per l’opera di Marx ed Engels e di crisi storica del capitalismo drogato, l’opera meritoria di ristampa fatta dalle Edizioni Shake non può che essere la benvenuta, destinata alla più larga diffusione possibile tra tutti coloro che intendono davvero misurarsi da antagonisti con il miserevole esistente.

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