Catastrofe annunciata
Quando ancora non si può numerare l’entità del disastro consumatosi a Fukushima -impossibilità di un bilancio che può solo essere peggio delle stime “prudenti” di questi giorni – già si presentano sulla scena gli impudenti “esperti” che sulla propaganda pro-nucleare hanno costruito carriere e prestigio.
Il premio per la sfacciataggine va oggi al Prof. Renato Angelo Ricci, da più parti elogiato come “decano dei fisici italiani”, oggi ospitato sulle pagine del Corriere della Sera dove, senza il minimo rispetto per i morti, ha ancora il coraggio di parlare di “eventuale «disastro»” (usa proprio le virgolette!) in riferimento alla tragedia consumatasi sulle coste giapponesi.
Le ansie del professor Ricci non contemplano la molto umana paura per le conseguenze tutt’oggi incalcolabili dell’incidente di Fukushima. No, il suo cruccio è che tra le vittime del disastro potrebbe anche esserci la tanto cara “razionalità” che fa optare tanti come lui (e i poteri che essi servono) per la scelta nucleare. Una scelta che gli “insigni professori” vorrebbero poter continuare a operare da soli nelle aule di laboratori in cui si decide molto delle scelte strategiche che ci riguardano tutti. Il vecchio mito dell’infallibilità della tecno-scienza e della sua necessari “autonomia”: un’autonomia che è l’esatto opposto di quella che perseguiamo come progetto e processo di liberazione. Un’autonomia che si configura piuttosto come “autonomizzazione” della Scienza oltre (e contro) l’umano.
In altre recenti interviste il professore lamentava che l’incidente nucleare di Fukushima “non è avvenuto per cause interne ma, per cause esterne di gigantesche proporzioni: un terremoto di grado 9 Richter”. Ricci non si chiede cosa può la sua razionalità scientifica contro disastri sempre possibili – con la piccola differenza che se di mezzo c’è una centrale nucleare il disastro si eleva a potenza nello spazio e nel tempo (centinai di km e innumerevoli generazioni a venire).
Il problema è in realtà un altro! Bisogna invertire i termini e rifiutare la trappola del calcolo minuto, il considerare quanto più o meno disastroso di Chernobyl sia stato quest’ennesimo incidente. Il nodo è alla radice! Ci viene detto che “nelle condizioni attuali non c’è alternativa al nucleare”. sono appunto quelle “condizioni attuali” che devono essere messe in discussione. Il sacrificio di forme di vita e alternatività possibili sacrificate ad un modello di sviluppo che di giorno in giorno mostra sempre di più la sua faccia necrogena, pagata con maggiore sfruttamento, guerre, stress psico-fisico massificato, distruzione irreversibile dell’ambiente, progressiva de-realizzazione…
Dire No al nucleare significa iniziare a dire No a un sistema che produce miseria e morte dietro l’apparenza di un’accessibilità a un “tutto” sempre meno sostenibile.
Come ha scritto bene qualcuno, la differenza è proprio tra incidente e catastrofe. Se Fukushima è l’incidente, la catastrofe è il nucleare stesso, scelta di un modello che produce: armi di distruzione di massa, rifiuti dal lunghissimo smaltimento, potere concentrato e “opaco”, separazione della tecno-scienza dalla politica, assoggettamento definitivo al modello del consumo distruttivo. L’incidente è solo il momento in cui la catastrofe si rende visibile.
Maelzel
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