In che mani siamo…
Con una svolta tanto repentina quanto la decisone di muovere guerra all’alleato del giorno prima, il governo annuncia oggi la decisione di soprassedere sul programma nucleare, abrogando con un improvviso colpo di spugna tutte le norme previste per la realizzazione di impianti di tal fatta nel Paese.
Chissà se anche questa volta si faranno largo le tesi impropriamente ottimistiche di quanti scorgono vittorie dietro ogni tentennamento della controparte. Per quanto ci riguarda, l’unica certezza che traiamo da quest’ennesima sortita del “ceto dirigente” nostrano è piuttosto la conferma della più totale e miserabile assenza di politica che da esso promana.
Ancora una volta l’unico obiettivo perseguito è quello di salvare le brache ( e possibilmente le poltrone) di una casta alla perenne ricerca di un equilibrio impossibile. La scelta ha infatti con ogni evidenza l’effetto di far decadere il quesito referendario per l’abrogazione della legge con cui si apriva la strada al ritorno dell’energia atomica in Italia. E già che ci siamo, invalidare di conseguenza anche i referendum sull’acqua pubblica (per il quale si sono mobilitati milioni di italiani/e) e quello contro il legittimo impedimento. Quesito questo che iniziava ad impensierire seriamente un premier alle prese con scandali e processi di ogni tipo. La logica adottata dai nostri governanti dev’essere proceduta come segue: la paura materializzatasi sotto gli occhi di molti/e col disastro di Fukushima avrebbe potuto far decollare il quorum di un referendum altrimenti difficile; chiunque avrebbe fatto lo sforzo di recarsi alle urne, già che c’era, avrebbe anche votato per l’acqua pubblica e contro i favoritismi penali a misura di Cavaliere. Tanto vale prendere tre piccioni con una fava e annullare il quesito più problematico, il resto verrà da sé.
E così, una decisione che dovrebbe essere presa con la giusta gravità e verificata da un dibattito pubblico approfondito, viene rimossa con la stessa velocità con cui la si voleva far passare.
Certo non ci lamentiamo di una misura che ci fa vincere una battaglia senza neanche averla iniziata. Consapevoli che riproveranno a far rientrare dalla finestra, in tempi più propizi, quanto appena cacciato dalla porta.
Nell’immediato però, misuriamo ancora una volta l’assenza di una visione strategica di medio-lungo periodo in favore di una governance dell’eterno presente che a volte deve gestire -anche contro i propri interessi- le conseguenze politiche della videocrazia.
redazione Infoaut
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