La crisi uccide
Piccole e grandi tragedie causate dalla crisi attraversano sempre di più il nostro paese da nord a sud: licenziamenti, fallimenti, lavori frustranti, debiti impossibili da risolvere sempre più provocano suicidi ed omicidi sull’onda della disperazione.
Ultimo il caso di Perugia, dove un piccolo imprenditore fa fuoco su due impiegate regionali, uccidendole. L’atto sarebbe scaturito da un taglio di una commessa regionale all’azienda dell’imprenditore che gli sarebbe costato più di 170 mila euro. L’uomo, dopo aver ucciso le due impiegate, si è tolto la vita.
Insomma, l’ennesima dimostrazione di come la crisi morda realmente e provochi proteste disperate ed individuali che finiscono per andare a colpire gli stessi che già pagano la crisi (una delle due commesse aveva addirittura un contratto precario, e nessuna delle due era responsabile delle pratiche che riguardavano la commessa all’impresa dell’omicida), dove non se stessi in forme di autolesionismo e nel suicidio. Piccoli imprenditori, artigiani benestanti e commercianti trovatisi di colpo sull’orlo del baratro e senza reti sociali, invece di tentare forme di organizzazione o per lo meno di solidarietà, sotto l’ascia spietata della concorrenza si lanciano in azioni individuali eclatanti che non fanno altro che rimpolpare la cronaca nera dei giornali che ci speculano sopra per vendere di più e lasciano dolore e morte intorno a loro.
La rabbia di chi oggi perde il posto di lavoro, vede la propria azienda andare in fallimento, sente intorno al collo il cappio di Equitalia dovrebbe scagliarsi sui veri responsabili di questa crisi (che non sono certo due impiegate regionali), il “fargliela pagare” oggi dovrebbe diventare un motivo conduttore per tutti coloro che vivono questa condizione. E la lotta serve a questo, a individuare il nemico da combattere e a costruire forme di solidarietà e cooperazione sociale, reti di sostentamento e mutuo soccorso che, come ad esempio in Val Susa, garantiscano la riproduzione sociale di molti anche in momenti di difficoltà.
In definitiva la risposta non può essere individuale alla crisi se vuole essere incisiva, ma è importante che sia collettiva e organizzata, spendere la propria rabbia nello scegliere di lottare per darsi anche nuova vita e non nella passività autolesionista di chi si pensa senza speranza.
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