Territorio contro spettacolo: fascioglobalisti, sovranità fittizia e confine
Non ci dilungheremo qui sulla cronaca della giornata di ieri, quando 300 persone hanno varcato il confine tra Italia e Francia ridicolizzando un gruppuscolo di fascisti francesi che aveva annunciato che avrebbe presidiato la frontiera per impedire ogni tipo di passaggio.
Non ci fermiamo sui sorrisi, sulla forza e sull’avventura di montagne che tornano a essere luogo di resistenza ma prendiamo brevemente questo spazio per abbozzare qualche considerazione su questa giornata di lotta a partire dalla sua importanza politica. Perché se è la capacità di cambiare le carte in tavola il metro su cui misurare il peso di una pratica conflittuale, ci sembra che la giornata di ieri al confine tra Claviere e Briançon restituisca indicazioni importanti per come è riuscita a far cadere le maschere di una recita fatta sulle spalle dei migranti cui tutti si trovano, di grado o di forza, a recitare il proprio ruolo, dalla clowneria fascista alle associazioni “umanitarie”, dalla gendarmerie francese alle autorità locali italiane. La marcia sul confine, i tafferugli con i gendarmi per passare, l’arrivo in Francia di qualche decina di migranti sono l’irruzione di un po’ di reale sul palcoscenico. Il palesarsi di un conflitto inceppa un meccanismo ben oliato, porta scompiglio da entrambi i lati della frontiera e obbliga tutti quanti a riposizionarsi.
Innanzitutto, rivela la verità della retorica identitaria dei vari gruppi fascisti: sotto la sovranità, niente. Marca il paradosso solo apparente per cui, per i fascisti, i territori di cui si riempiono tanto la bocca sono in realtà solo spazi vuoti. Come definire altrimenti l’invasione con droni ed elicotteri da parte degli identitaires francesi al Colle della scala? Un’azione completamente avulsa dal territorio che la circonda, fatta da fascioglobalisti che su quelle montagne al meglio vanno a passare la settimana bianca una volta all’anno. D’altronde dove si erano piazzati per la loro pagliacciata non ci passa proprio nessuno, perché è a rischio valanga da diverso tempo. Insomma, persino i migranti conoscono quel territorio meglio di loro. Perché nonostante la nostalgia per il Volk e per le identità “forti”, declinata in diverse maniere nel pulviscolo dell’estrema destra europea, la retorica sovranista non è che l’altra faccia dell’atomizzazione sociale e dello svuotamento di ogni tipo di legame comunitario. Il suo successo sta nel dare un significante vuoto alle monadi da social network, divise e frustrate, sulla falsariga della comunità fittizia dello stato-nazione. Quando si esce da internet e dalla condiscendenza dello spettacolo mediatico, quando a quella retorica si contrappone la materialità di un territorio che si è formato come “territorio per sé” dentro uno scontro, di quella retorica – figuriamoci di quelle persone – non rimane nulla: sciolte come neve al sole.
È stata anche una festa, quella di ieri, tanta gente è riuscita a raggiungere ciò che voleva. Non l’accoglienza, non l’assistenza ma poter cercare una vita migliore dove credono, come tanti loro coetanei dalla pelle bianca che hanno avuto la fortuna di nascere in Europa invece di arrivarci su una barca. Lo dice anche la Stampa di oggi, restituendo la gioia di alcuni dei migranti arrivati a Briançon grazie al corteo. “Ma è una festa a cui non partecipano i vertici di Rainbow for Africa, così come la stessa diocesi di Susa” precisa il quotidiano, prima di dare parola in un trafiletto proprio alla ONG che sta fornendo un aiuto a Bardonecchia. “Lavoriamo in una prospettiva diversa” dicono da Rainbow for Africa condannando la manifestazione di ieri, quella di “aiutarli.” Ma aiutarli a fare cosa? Le persone che arrivano al confine sono lì per varcarlo. Invece per l’ONG l’aiuto è quello di farli restare i migranti “all’interno del sistema di accoglienza italiano”, ossia a recitare sul palcoscenico in cui fanno profitti le cooperative, speculano i fascisti e vengono disciplinati i migranti. Se i migranti oltrepassano il confine, infatti, “non abbiamo idea di cosa gli succederà in Francia”. Esce fuori con limpidezza tutta la costruzione coloniale del corpo migrante, un corpo malato da assistere, un corpo sempre bambino da educare e integrare. Meglio assistiti che clandestini, chiosano da Rainbow for Africa, fregandosene ampiamente della volontà delle migliaia che sono già passati di li proprio dicendo meglio clandestini che assistiti.
Dall’ONG dicono che chiunque assiste i profughi “non può avere che la nostra approvazione” ciò che bisogna evitare che con l’avvicinarsi dell’estate qualcuno possa favorire una politicizzazione (loro dicono “strumentalizzazione”) dei migranti. Insomma, i migranti ci vanno bene nella loro passività, quando sono dei poverini da aiutare (o degli “approfittatori” su cui costruire carriere politiche) ma quando diventano soggetto politico sono da riportare alla loro subalternità: tutti manipolati. Uno spettro sembra soprattutto agitare associazioni e sindaci, che si possa togliere alla destra (nelle sue declinazioni democratiche, liberali o nazionaliste) il monopolio della politicizzazione di una delle contraddizioni del nostro tempo: quella dei flussi migratori, di una soggettività giovane e proletaria che spinge (alle frontiere e nelle metropoli) perché vuole migliori condizioni di vita. A destra sui migranti si faccia politica, a sinistra si faccia solidarietà. È qui che c’è un punto a nostro avviso dirimente, un’indicazione di cui dovremmo fare tesoro: è solo quando si esce dal perimetro dell’accoglienza, che sia istituzionale o dal basso, che si riesce a spostare dei rapporti di forza e a rompere i meccanismi del pietismo democratico, ad aiutare concretamente i migranti invece che fornirgli solo “assistenza” e a ricacciare i fascisti nelle fogne che meritano.
Oggi il Ministro dell’interno francese si è scomodato per condannare la manifestazione di ieri, parlando di violenza e suscitando numerose reazioni rispetto all’iniziativa fascista che senza il corteo di ieri sarebbe stata subita in silenzio. L’ipocrita scaramuccia diplomatica sullo “sconfinamento” dei doganieri francesi, qualche settimana fa, ha reso visibile fino a che punto sulla frontiera si addensano tutte le contraddizioni dello spazio europeo con la sua divisione funzionale dei ruoli che riserva all’Italia quello di contenitore e contenimento di flussi per la maggior parte diretti verso il Nord Europa. La lotta dei migranti per passare il confine tra Italia e Francia mostra quanto abbia il fiato corto la retorica sovranista, che scoppierà inevitabilmente, a breve, in opposti nazionalismi. Nei prossimi mesi alcuni di questi nodi verranno al pettine. Le fondamenta di questa Unione europea traballano ben più a causa di questa spinta a una vita migliore da parte dei nostri che di chissà quale marea populista. La lotta dei migranti per passare il confine è profondamente politica, le occasioni per far uscire questa dimensione saranno tante. Una comincia da subito: i quattro ragazzi italiani arrestati per il corteo di ieri sono accusati di “favoreggiamento dell’immigrazione illegale in banda organizzata”. Il delitto di solidarietà in tutta la sua brutale chiarezza.
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