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G8 University Summit: non passa il teorema Sparagna!

Ai/le diciannove imputat* sono state inflitte pene che vanno dai nove ai dieci mesi ed un’assoluzione, non riconoscendo, di fatto, l’impostazione teoremetica del Pm Sparagna. Condanne comunque alte, a fronte di una giornata di lotta che portò in piazza migliaia di studenti provenienti da tutta Italia che, insieme e nonostante i divieti della Questura di Torino, decisero di dirigersi verso  il Castello del Valentino per rompere i divieti.

Le pratiche e le parole d’ordine quel giorno in piazza furono le stesse che da mesi riempivano le università, le scuole e le piazze  di tutta l’Italia, portando  studenti,  giovani precari e docenti a rivendicare il diritto a decidere del proprio futuro, a fronte della riforma Gelmini e delle politiche del governo.

Pene alte dicevamo, ma nettamente inferiori a quelle richieste dalla procura che andavano dai due anni e sei mesi ai due anni e otto mesi. Chiara la volontà politica della magistratura, evidenziata già dalle prime fasi del processo, che voleva ottenere delle condanne esemplari e punitive, utili deterrenti alle prime forme di protesta che si stanno dando contro la crisi sempre più incalzante e da monito a chi pratica il conflitto sociale. Gli è andata male!

La procura ha inoltre tentato, a fronte della miseria di prove legate a reati specifici, di far passare il concetto del “concorso morale” per cui non importa quale sia la reale consistenza delle prove, basta l’essere stati presenti ad un corteo che ha agito un certo livello di conflitto (lo stesso concorso morale che vediamo sponsorizzato nel processo contro i 46 No Tav che il 21 novembre  entrerà in fase dibattimentale).

Ricordiamo bene le dichiarazioni di Caselli e dei sui tirapiedi il giorno degli arresti nel luglio 2009, parlavano di “organizzazione paramilitare”, premeditata da tempo, addirittura di un corteo preso in ostaggio da 300 facinorosi che avevano sovra-determinato la volontà collettiva. Nelle ore immediatamente successive l’Onda nazionale diede una risposta straordinaria ed inequivocabile, cortei e proteste in tutta Italia al grido “dietro quello scudo c’eravamo tutti, l’onda non si arresta!”

Non sono riusciti, attraverso questo processo, a demolire la ricchezza e potenza di ciò che era stato costruito nelle università in quei mesi e ciò che è rimasto, in termini di consapevolezza e capacità di analisi.

Che la storia non la possano riscrivere i tribunali è un assunto dal quale partire, importante quanto la consapevolezza che quel giorno il movimento dell’Onda, con coraggio e determinazione, ne ha scritto un pezzo importante.

Dietro quello scudo, oggi più che mai, c’eravamo davvero tutt*!

 

ps: ci sembra anche utile far notare, a bilancio di un processo che dopo 3 anni e ½ è giunto alla sola sentenza di primo grado, il rapporto tra queste condanne e quelle di quanti hanno optato per il patteggiamento o il rito abbreviato. In alcuni casi, 6 mesi, in altri 1 anno e qualche mese! Non conveniva stare tutti dentro un unico processo? Questo esito ci sembra una conferma della necessità di affronatre sempre i processi riguardanti mobilitazioni sociali e politiche in termini dibattimentali, dando battaglia alle riucostruzioni teorematiche, rifiutandosi di accettare una «colpevolezza» a priori. Si paga sempre (perché le lotte costano) ma si possono giocare (collettivamente) carte che hanno comunque una valenza politica: ribadire la legittimità delle lotte e del conflitto sociale!

Ascolta la diretta con Gianluca, effettuata durante la mattinata informativa di RadioBlackout

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Sulla giornata del 19 maggio 2009:

Comunicato dell’Onda Anomala contro il G8

Va ora in Onda il conflitto [editoriale Infoaut]

Gran Torino [di Marco Philopat e Duka]

Una mamma al contro G8 degli studenti

 

Sull’operazione «Rewind»

 

Le ragioni dell’Onda e il Guardiano della Repubblica [Network Antagonista Torinese]

Venite pure nelle nostre case [a cura di Infoaut_Bologna]

Conferenza stampa Onda: “io c’ero”, “liberi tutti”

Andrea Benino: Appunti sull’Onda anomala, il g8 dell’università, la repressione e ciò che (presumibilmente ci attende)

 

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