La buona scuola di Renzi e Giannini
Un documento di 136 pagine, o meglio di 136 slides tanto care a Renzi fin dal suo insediamento, per dare al tutto una verniciata di “novità”, accompagnato da un imbarazzante video in cui il premier presenta con trasporto e toni da consumato teatrante i piani del governo per il mondo della formazione. Non chiamatela l’ennesima “riforma della riforma” ci avverte Renzi, bensì una “rivoluzione” (sic).
La mossa del governo dopo i primi tentennamenti, comunque, sembra quella di provare a prendere tempo, annunciando in pompa magna la ristrutturazione della scuola sul finire dell’estate ma rimandando la discussione reale del decreto a gennaio, con la scusa di costruire una riforma “partecipata” da tutte le sue componenti.
Ma cosa si cela realmente al di là di quella che ieri è apparsa più che altro come un’operazione di marketing del governo, fatta di infografiche colorate e dell’accorato quanto illusorio invito al paese a “costruire assieme la scuola” con tanto di campagne di ascolto, hashtag e visite nelle scuole?
A sentire le linee guida presentate qualche giorno fa dal ministro Giannini durante il raduno nazionale di Comunione e Liberazione (la scelta della location era già di per sé emblematica…), di rivoluzionario si scorgeva ben poco all’orizzonte delle macerie del mondo della formazione: sponsor privati, meritocrazia e parificazione con le scuole paritarie lasciavano piuttosto intravedere una semplice riedizione in salsa renziana dei vecchi decreti che ci sono succeduti negli ultimi anni e, semmai, un approfondimento delle tendenze già in atto. E il documento presentato ieri con toni da annunciazione conferma sostanzialmente questo quadro.
Il primo e grande slogan con cui il governo ha lanciato la riforma riguarda l’assunzione di quei precari da anni in attesa di un posto nelle graduatorie: prima si è parlato di 100.000, poi di 150.000 e la chiarezza in merito non è molta. Quel che è certo è che in cambio il premier pretenderà che i neoassunti rinuncino agli scatti di carriera legati all’anzianità a favore di quelli legati al merito, altro grande leitmotiv del piano Renzi-Giannini. Il tutto, inoltre, appare traballante considerando che i fondi necessari a garantire le assunzioni andranno trovati tra le briciole del patto di stabilità.
Per quanto riguarda il corpo studentesco, invece, emerge compiutamente la volontà di metterlo a profitto già a partire dalle aule, inserendo l’obbligatorietà di apprendistati (rigorosamente non retribuiti) che andranno a colpire in particolare gli istituti tecnici e professionali. Il tutto, ovviamente, a favore delle imprese, che emergono come colonna portante del piano del governo. Non solo: il prolungamento dell’orario di apertura delle scuole auspicato da Renzi si fonderà sostanzialmente sul lavoro volontario di associazioni e studenti universitari, il tutto in cambio di qualche credito formativo.
Infine, relegata all’ultimo punto del programma, c’è la questione delle risorse da destinare alla formazione, vera spina nel fianco di tutte le ultime riforme succedutesi negli anni che le hanno progressivamente saccheggiate a colpi di tagli e decreti. Su questo Renzi non usa giri di parole: le risorse pubbliche non sono sufficienti e sarà quindi compito dei singoli istituti attrarre capitali privati, in una corsa alle risorse improntata ancora una volta all’efficienza e al merito, criteri secondo cui le scuole saranno valutate e schedate.
Insomma, se davvero il governo intende tenere fede alla promessa di voler andare scuola per scuola a presentare la sua riforma (“anche in quelle occupate”…), non possiamo che augurarci che in tutta Italia gli studenti si faranno trovare pronti a dare la giusta accoglienza al piano di Renzi e del ministro Giannini…
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