L’università La Sapienza è una grande opera!
Abbiamo letto ieri su L’Espresso l’ennesima inchiesta su università e mondo accademico; questa volta il protagonista è il Direttore Generale della Sapienza Carlo Musto D’Amore. D’Amore gestisce, da più di quindici anni, le gare e gli appalti nell’ateneo più grande d’Europa e per fare ciò è pagato ben 200 mila euro l’anno. Tuttavia, non è tanto la gestione fallimentare dei fondi dell’ateneo, a provocare scalpore nell’opinione pubblica, quanto il fatto che la persona incaricata di un ruolo così determinante sia un geometra e non abbia nessun titolo che ne certifichi le competenze. Che le università italiane non siano il regno della meritocrazia è noto… Musto D’Amore, proprio come il suo amico ed ex Rettore Luigi Frati (è lui che l’ha riconfermato sebbene fosse andato in pensione), ha “piazzato” tutta la propria famiglia in diversi atenei italiani.
Di questo se ne erano già accorti i giornalisti de L’Espresso dove già era stato pubblicato un approfondimento sull’ateneo romano: “Università, altro che merito. E’ tutto truccato. Vi racconto come funziona nei nostri atenei” in cui veniva delineato un quadro drammatico: concorsi truccati, assegnazione di fondi gestita in modo paramafioso, docenti universitari che obbligano gli studenti a comprare i propri libri a prezzi fuori mercato.
Noi D’Amore, però, lo conosciamo da anni; da quando, con i lavoratori delle pulizie e delle guardianie della Sapienza, abbiamo portato avanti una mobilitazione contro le pessime condizioni di lavoro a cui sono sottoposti. I lavoratori sono esternalizzati a società esterne, tuttavia La Sapienza non è priva di responsabilità. Proprio il Direttore Generale, infatti, è responsabile delle gare d’appalto del La Sapienza, gare che si sono sempre concluse al ribasso a favore di cooperative che risparmiano non pagando i lavoratori, negandogli i materiali neccessari per lavorare in sicurezza, e che sono state protagoniste di vicende poco limpide anche per il loro operato al di fuori dall’università. Ne è un esempio l’azienda che gestisce la sicurezza armata della città universitaria, la Sipro, implicata due anni fa in un’inchiesta per infiltrazioni mafiose. L’ A.d. della Sipro Gangi è coinvolto in un’intercettazione con l’ex-Ministro delle Infrastrutture Lupi (sarà un caso?) così si esprimeva: “Tu basta che mi ordini. Io porto 200 soldati… Li ammazziamo direttamente e buona notte ai suonatori”. Ma conto chi inveivano? Ai manifestanti che occupavano la piazza antistante al Ministero delle Infrastrutture il 19 e il 20 ottobre 2013 proprio per denunciare, con non poca lungimiranza, la pericolosità della politiche delle grandi opere portata avanti dal Ministro Lupi.
La gestione criminale delle grandi opere e dell’utilizzo delle risorse pubbliche permea completamente la gestione degli atenei italiani. Università-aziende, in cui i servizi sono completamente esternalizzati e gestiti tramite cooperative mafiose e gare d’appalto truccate; in cui le aziende e i privati hanno un ruolo sempre più determinante. Atenei in cui la politica, così come la intendono l’ex Ministro Lupi e gli attori di Mafia Capitale, fa da padrona.
Le riforme dell’università, ultima la Gelmini, hanno definanziato ricerca, didattica e fondi per il diritto allo studio e, oltre a favorire spudoratamente le università private, hanno contribuito a rendere quelle pubbliche sempre di più dei parcheggi per giovani spaventati da precarietà e tassi di disoccupazione alle stelle. Dei parcheggi che però conviene riempire e sui è facile lucrare per chi, come D’Amore, ne gestisce la parte finanziaria. Allora, è facile fare il parallelo tra gli studenti delle università pubbliche e i migranti nei centri per rifugiati gestiti, per esempio, da una cooperitiva di Buzzi. E viene quasi naturale pensare una grande università come una grande opera, ciò che emerge, infatti, è che la gestione de La Sapienza non differisce troppo da quella del TAV, dell’EXPO 2015 o del Mose.
Da anni, governi di diverso colore stanno distruggendo l’istruzione pubblica a colpi di riforme della scuola e dell’università e, allo stesso tempo, garantiscono la sopravvivenza e la riproduzione di meccanismi di speculazione e furto di denaro pubblico. A questo quadro si aggiunge il Jobs Act del ministro Poletti, prima a capo della Legacoop, che istituzionalizza il lavoro gratuito e cancella qualsiasi briciola di garanzia e di welfare nel mondo del lavoro.
E quest’anno non si può non soffermarsi su EXPO 2015 a Milano, il grande evento per eccellenza, in cui si propone ai giovani di lavorare gratuitamente o a un euro l’ora, già alle luci della ribalta per diverse inchieste che delineano un quadro vergognoso: i politici e gli imprenditori, di destra e sinistra, si stanno spartendo una ricca torta!
All’interno di EXPO 2015 diverse università figurano come sponsor accanto alle più grandi multinazionali del mondo, le uniche possibilità lavorative che vengono offerte agli studenti e ai giovani sono a titolo gratuito o sottopagate all’interne delle cooperative che gestiscono il grande evento. Così si compie quel processo teso a rendere sempre più labili i confini tra interessi pubblici e privati, tra le università, le aziende e le grandi opere.
Meno alloggi per gli studenti, libri di testo a prezzi salati, borse di studio inesistenti, tasse universitarie in continua crescita… in questo quadro, dobbiamo pretendere a gran voce che la formazione sia gratuita e accessibile a tutti e che, a fronte ai milioni di euro che politici e imprenditori rubano, non possiamo più accettare di lavorare gratis, di fare tirocini, apprendistati in vista di una futura (ma sempre più lontana) risoluzione della disoccupazione giovanile e della precarizzazione del mondo del lavoro. Dobbiamo iniziare a capire come, unendoci con chi viene colpito dal Jobs Act, dal Piano Casa, dallo Sblocca Italia, dalla Buona Scuola, dalla mafia delle cooperative, tornare a scendere in piazza in migliaia.
Noi inizieremo sabato 28 marzo alle 16 a Piazza di Porta Pia, sotto il Ministero delle Infrastrutture, simbolo del sistema delle grandi opere e delle speculazioni, a gridare con forza:
#AndateveneTutti !
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