Uno studentato occupato, una libreria universitaria che dopo il fallimento riprende vita, una mensa autogestita: fioriscono in tutto il territorio nazionale esperienze di riappropriazione diretta da parte di giovani e studenti. Abbiamo concepito questo incontro con l’intento di confrontare queste esperienze, capire insieme cos’è che funziona e cosa no, ma soprattutto per conoscerci e sperimentarci. Siamo convinti infatti che tutte queste situazioni abbiano un portato immediatamente conflittuale ed esplosivo e che riescano ad inserirsi in modo efficace nelle contraddizioni che la nostra generazione vive quotidianamente.
Vogliono farci credere che il nostro futuro è già scritto nella sua negazione e la nostra vita è già delineata e scandita: la scommessa è proprio quella di dimostrare che nulla è già determinato e che insieme possiamo scrivere la nostra storia, per questo motivo oramai da mesi abbiamo intrapreso un percorso di riappropriazione nominato “degage” che ci ha portato a fare numerose azioni finora ma che è in continua crescita, maturazione ed allargamento. Vogliamo anche dimostrare che l’alternativa esiste solo nella lotta, non esistono facili ricette o soluzioni individuali per sfuggire alla devastazione delle nostre vite: soltanto insieme mettendoci in gioco, rischiando, provando e sbagliando possiamo costruire e sviluppare un potere ed un sapere che metta in crisi il destino già scritto del nostro paese e della nostra generazione.
Pensiamo anche che il motore delle nostre lotte debba essere la capacità di sognare e di desiderare: nel mondo dell’immaginazione tutto è possibile e dobbiamo lavorare affinché i sogni non rimangano illusioni ma diventino percorsi di lotta. Crediamo che la tendenza debba essere quella di riappropriarci di tutto quello che ci spetta, non definendo però così un limite a ciò che possiamo riprendere od ottenere: pensiamo infatti che tutti i nostri desideri si trasformino immediatamente in necessità nel momento in cui si fanno interpreti di un desiderio collettivo. Per questo motivo abbiamo voluto intitolare questa due giorni “riprendersi tutto”, perché pensiamo che sia legittimo riappropriarsi di tutto quello che non abbiamo, non rispettando i tradizionali canoni che secondo il sentire comune impongono ad un giovane di desiderare ma non troppo, volere ma non troppo, facendo diventare la logica dei sacrifici le catene della nostra generazione. Siamo convinti che insieme possiamo liberarci da queste catene, occupando uno studentato per abbattere i costi dell’affitto e liberando così tempi di vita, o autogestendo una mensa o una libreria, costruendo percorsi organizzativi che rendano immediatamente migliori le vite di chi li anima e che si mostrino come modelli chiari e soprattutto riproducibili. Vogliamo invitare alla discussione tutti i soggetti e le realtà che animano quotidianamente percorsi di riappropriazione, chiedendo ad ognuno di portare il contributo della propria esperienza per affinare tecniche e costruire prospettive.
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