Università di Torino: la nuova Aula Magna e cerimonie di eslcusione
Nell’opuscolo di presentazione della Nuova Aula Magna (notare il maiuscolo dell’aggettivo) si trova un paragrafo conclusivo che riassume la dettagliata spiegazione:
‘Il progetto della Nuova Aula Magna dell’Università degli Studi di Torino si configura non solo quale occasione di rinnovamento interno alle strutture attualmente a disposizione dell’Ente ma anche quale occasione irrinunciabile di rinnovamento di una parte di città che da lungo tempo, per il suo peculiare carattere, viene vissuta in modo saltuario ed è per lo più sconosciuta. Tuttavia, le sinergie connesso alla prossimità con le altre strutture universitarie e il suo peculiare carattere di luogo denso di storia e di significati elevano il Maneggio Chiablese e le annesse Scuderie a luogo particolarmente idoneo ad accogliere quelle attività di rilievo e prestigio che si misurano con la vita universitaria. Il Maneggio Chiablese è così stato concepito: un involucro prezioso che accoglie, avvolgendola, la Nuova Aula Magna che, a sua volta, si distingue per tecnologia, acustica, eleganza dell’interno.’ [1]
Queste poche righe ci danno uno sguardo sulle ragioni e sulle scelte di questo progetto. Ragioni e scelte connesse a una visione dell’università dello spazio cittadino in cui essa si trova e a una direzione dell’università stessa.
Per quanto riguarda le prime; ‘l’occasione irrinunciabile di rinnovamento di una parte di città’ fa riferimento alla ‘Zona di comando’ nello specifico all’area della Cavallerizza Reale, un meraviglioso pezzo del tessuto urbano torinese ancora importante nonostante il grave stato di abbandono.
Questo stato non è attribuibile ad ‘un peculiare carattere del luogo’, che al contrario con i suoi spazi si presta naturalmente ad essere vissuto; tre piani di abitazioni, delle piazzette, i grandi giardini, le sale teatrali… Piuttosto sembra chiaro, documentandosi un po, che ciò che ha causato il progressivo svuotamento della Cavallerizza sono decenni d’incuria di varie amministrazioni succedutesi. Infatti da sei mesi tutto il resto della superficie della Cavallerizza è stata occupata, e di conseguenza attraversata, da centinaia di abitanti di Torino che denunciano l’incuria e lottano contro la vendita di uno spazio pubblico sotto il nome di Assemblea Cavallerizza 14:45 [2]
Grazie al lavoro di documentazione dell’assemblea è noto che il comune ha dato il maneggio Chiablese all’università e messo in vendita tutto il resto, ad oggi l’amministrazione è già indebitata con la San Paolo per la vendita del sito tutt’ora all’asta, un processo evidentemente speculativo.
Dunque la visione universitaria della città sembra essere – volutamente – limitata ai confini dei suoi edifici senza tenere minimamente conto dei processi che determinano le trasformazioni del territorio. Accendendo ciecamente i riflettori sul suo nuovo sito di pregio l’università contribuisce ad intensificare l’oscurità sulla malagestione politica del territorio.
Rispetto alla funzione di questi spazi vale la pena fare una riflessione; la scelta di fare di 1250 mq (al netto con la muratura) una lussuosa Aula Magna e degli uffici non era l’unica possibile. Con facoltà come Psicologia o Lingue che non hanno spazi adeguati, con Palazzo Nuovo ancora fatiscente, costantemente inadeguato e il Campus che non ha di fatto cambiato tanto la situazione (basti pensare al problema del sovraffollamento delle aule), si potevano fare tante altre scelte su come usare i molti soldi spesi dall’università. Diciamo molti perché quanti siano precisamente è un’informazione non reperibile ma nella presentazione del progetto (che doveva finire nel 2013) sono dichiarati 6 milioni di euro!
Ecco che il silenzio dell’Ateneo sulla speculazione voluta dal comune sul resto della cavallerizza assume un significato diverso e colpevole. Infatti le scelte di distribuzione delle risorse universitarie rispecchiano perfettamente quelle dell’amministrazione cittadina.
Scelte che disegnano un territorio con spazi diversamente accessibili e diversamente vivibili. Da un lato un centro vetrina, smart e pieno di eventi per cui fare il biglietto ma senza luoghi di socialità, o case che non siano di lusso, dall’altro quartieri lasciati all’abbandono per cui non s’investe un centesimo in strade, servizi, sanità, scuole.
Il primo dicembre dunque l’università apre le porte di uno spazio che ne disegna il territorio nel medesimo senso; mettendo da un lato la Nuova Aula Magna, lussuosa tecnologica e apertissima per grandi eventi e lectio magistralis, dall’altro, al margine delle sue attenzioni e del suo portafogli, i vecchi problemi degli studenti che non sanno bene come pagare le tasse universitarie, senza borse di studio tra lavoretti del cavolo e aiuti dalla famiglia, oppure gli affitti sempre più cari, o i libri per quei professori che non accettano le fotocopie, o che non hanno spazi per mangiare o studiare insieme…
La Nuova Aula Magna celebra se stessa, il vuoto e l’esclusione che provocano queste scelte politiche, Ajani o chi per lui… ma non rappresenta nulla per gli studenti di quest’università che trovano spazi adeguati solo quando se li prendono!
dal blog del Cua Torino
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