8 marzo, la donna che crede nel centrosinistra ha sbagliato pianeta
1980, assemblea di base di una sezione del Pci bolognese. Tema: l’apertura del partito alla discussione pubblica sulle questioni legate all’omosessualità. Dopo una discussione assai concitata si alza un vecchio della sezione. Si tratta di un partigiano, molto noto e apprezzato nella sezione. Dice di essere iscritto al Pci da prima della guerra, di essere omosessuale e che quella era la prima volta in cui poteva parlarne liberamente. Facciamo caso alla data e al luogo di quella che è una storia vera. Siamo in una delle città più avanzate, dal punto di vista del costume dell’epoca, di questo paese, oltre un trentennio dopo la liberazione ed almeno una dozzina d’anni dopo la rivoluzione sessuale. Questo per dire quanto, nel maggiore partito della sinistra di allora, era il ritardo rispetto ai comportamenti reali della società e persino della sinistra italiana. Non a caso I sovversivi dei fratelli Taviani, un film sul disorientamento dei militanti di sinistra dopo la morte di Togliatti, contiene la storia di una moglie di un funzionario del Pci che scopre la propria omosessualità. I sovversivi, film non a caso presessantottino, contiene quindi la testimonianza della disintegrazione dei luoghi comuni sulla famiglia e sui comportamenti sessuali tipici del partitone ormai non più togliattiano (per estinzione naturale del tetragono capo ma anche per esaurita ragion d’essere in una società mutata e neanche più postcontadina). Del resto sono noti i tentennamenti del Pci rispetto all’atteggiamento da tenere nei confronti del referendum sul divorzio. Affiancare il movimento delle donne o dare segnali alla DC nel momento del compromesso storico? Non si creda che la risposta fu così lineare.
Basta dare un’occhiata all’idea di famiglia propagandata dal Pci per tutti gli anni ’50 e ’60 per avere un’idea del modo con il quale il partito si è formato sui temi della famiglia e della sessualità.Irrappresentabili gay e lesbiche (come il cosiddetto adulterio) e un’idea di rapporto uomo-donna molto simile a quello della famiglia democristiana e cattolica. Dove il ruolo della donna (madre, lavoratrice, militante) differiva da quello pensato dalla Dc ma dove il primato del ruolo, e dei ruoli, della famiglia era praticamente indissolubile. Inutile dire che gli echi della rivoluzione sessuale nella Russia post ’17 non erano arrivati a Botteghe Oscure. E in fondo non ci arriveranno mai. Si guardi all’apertura al movimento delle donne da parte dell’ultimo Berlinguer. Il tipo di movimento delle donne al quale si guardava è quello uscito svuotato dalla critica radicale al lavoro e ai ruoli sociali degli anni ’70. All’epoca bastò qualche concessione dialettica, e un po’ di quote femminili nel partito come nelle università e nelle amministrazioni, per assorbirlo. Basti dire che, prima ancora della caduta del muro di Berlino, il modello berlusconiano della donna “Drive-in” non era certo messo a critica ma lodato, dal punto di vista della ricchezza monetaria che produceva, come fenomeno di modernizzazione. E mica da una rivista qualsiasi. Da “Il Moderno” della corrente milanese che faceva capo a tale Giorgio Napolitano.
Erano i tempi in cui a sinistra era matura la fase delle lodi della donna-manager e imprenditrice che oggi non mancano mai in un convegno della Cgil che si rispetti dedicato alla condizione della donna. Quando dalla sinistra, nel lessico della politica ufficiale che definisce gli schieramenti, si è passati al centro-sinistra è chiaro che era pronto un ulteriore arretramento sul piano delle politiche e della richiesta dei diritti per le donne e per qualsiasi soggetto che esca dallo schema classico della famiglia (soggetto oggi molto più diffuso di anche dieci anni fa). Infatti si trattava, e si tratta, nel nuovo schieramento di “mediare con il centro” che in Italia è rappresentato dagli onnipresenti cattolici. E così via, nonostante le promesse elettorali, i Pacs per le famiglie di fatto figuriamoci se omosessuali, avanti con la connivenza con la trasformazione dell’aborto in martirio in molti consultori, e con la resa al modello berlusconiano di donna sotto ogni profilo (secondo la regola che ciò che ha mercato non ha critica, valore aureo del centrosinistra). Anzi più che resa, assorbimento, se si ricordano i gridolini di compiacimento di molti esponenti del centrosinistra (allora al governo) per la prima edizione del Grande Fratello. O la comparsata di Fassino a “C’è posta per te” della nota testimone dell’emancipazione femminile Maria De Filippi. Oppure la recente campagna con il culo (femminile) in bella mostra per pubblicizzare l’Unità di Concita “maggioranza morale” De Gregorio. La stessa direttrice che oggi ci tedia con le sue sbiadite critiche al modello berlusconiano “tette e culi” forse perché a lei bastano questi ultimi per lanciare una testata. E che dire di Repubblica, la testata più militante di tutte contro il governo berlusconiano? Basta dare un’occhiata alla pubblicità, e quindi al fatturato, per capire che sulle pagine del quotidiano diretto da Ezio Mauro il governo non è gradito ma il modello berlusconiano è gradito eccome. E sulla questione degli stupri in una società la cui composizione è mutata? Per il centrosinistra la risposta cambia quando si sta all’opposizione o al governo. Ecco qui una pagina de L’Unità con il centrosinistra al governo
“ Il 90% degli stupri commesso da italiani” (fonte Tesseramento) Per cui, siccome si sta al governo e non bisogna suscitare allarme, sugli stupri degli extracomunitari si evitano temi da Padania per gestire il paese. Ecco qui una pagina de L’Unità all’opposizione un paio d’anni dopo. «Aumentano gli stupri commessi dagli immigrati» (fonte L’Unità) Articolo con tanto di perla “Ed eccoci al problema che, dopo due leggi, la Turco-Napolitano e la Bossi-Fini, il nostro Paese ha tuttora: la difficoltà a rimpatriare.” Sembra proprio la Padania invece è l’Unità. Questi sono invece i toni della stagione dell’ opposizione, quando si tenta di sostituirsi alla destra.
Questo per dire cosa: le donne, gli stupri, i diritti civili per il centrosinistra (il cui centro è cattolico e la sinistra pure) sono tutti temi intercambiabili. Da far emergere nella stagione di convenienza elettorale e sommergere quando questa convenienza non c’è (esemplare la vicenda dei Pacs poi ammorditi in Dico poi affossati). Senza alcuna critica incisiva al modello berlusconiano, perché il fatturato di Cologno Monzese è “un patrimonio del paese” (parole di Veltroni e D’Alema, anno domini 1997) e arretrando sul piano delle parole d’ordine. Si veda la manifestazione, per altro giusta nelle motivazioni, del 13 febbraio. La parola d’ordine era “dignità”. Ora la dignità può averla anche il sottomesso, o la sottomessa, non prevede alcun spostamento nei poteri reali. Infatti le parole d’ordine di libertà e diritti, che di spostamento di potere ne producono, sono state seppellite e di corsa. E poi, belli gli esempi di dignità mostrati in pubblico. Sul palco della manifestazione romana del 13 febbraio ha parlato, ben ripresa dalle telecamere sotto gli applausi dello stato maggiore del centrosinistra, l’avvocato che ha difeso Giulio Andreotti al processo per mafia a Palermo. Riuscendo a fargli avere la prescrizione per un tipo di reati e quindi l’assoluzione per insufficienza di prove per altri. Si chiama Giulia Buongiorno e fa parte di quel tipo di schieramento, il terzo polo, che Bersani ha reputato indispensabile per “vincere”. Cosa non si sa, di sicuro niente per le donne. In ogni caso la donna che crede al centrosinistra, dopo decenni di fregature di ogni genere, ha sbagliato pianeta. Capita nei romanzi di fantascienza e, come vediamo, anche nella realtà.
Ti è piaciuto questo articolo? Infoaut è un network indipendente che si basa sul lavoro volontario e militante di molte persone. Puoi darci una mano diffondendo i nostri articoli, approfondimenti e reportage ad un pubblico il più vasto possibile e supportarci iscrivendoti al nostro canale telegram, o seguendo le nostre pagine social di facebook, instagram e youtube.