Catania, dalla banchina
Catania – Le 177 persone imprigionate sulla nave Diciotti sono bloccate da cinque giorni, dopo aver attraversato il Canale di Sicilia su un barcone. Da ieri sera sono attraccati al porto di Catania con il divieto assoluto di sbarcare da parte del Viminale. Il ricatto del governo italiano continua e lo scopo è quello di costringere i paesi dell’Unione Europea ad accogliere parte dei migranti. Una prova di forza che si gioca sulla pelle di 177 bambini, donne e uomini. Se prima erano solo le navi delle ONG ad avere il divieto di sbarcare, adesso anche la Guardia Costiera subisce la stessa sorte; se prima almeno i più vulnerabili venivano tutelati, adesso anche i minori (più di 20) sono bloccati a bordo.
Al porto di Catania la scena che si presenta allo sguardo crea un cortocircuito sconvolgente: sulla banchina i bar sparano musica a tutto volume, a destra un’enorme nave da crociera tirata a lucido e a sinistra la nave della Guardia Costiera con il ponte pieno di persone sedute, in piedi, inquiete, sospese in una silenziosa attesa. L’accesso al molo al quale è attraccata la Diciotti è bloccato da ogni lato con un dispiegamento di forze dell’ordine variegato: polizia, carabinieri, guardia di finanza, militari. Tanti sono i proclami riguardo ai soldi “sprecati” per accogliere chi ha bisogno d’aiuto, viene da chiedersi quanto costa questo sfoggio di forza militare?
Sulla banchina alla quale è attraccata la nave non è permesso stare nemmeno alla Croce Rossa, solo divise e mezzi delle forze dell’ordine. Più che una situazione di stallo è un pugno in occhio. A potersi avvicinare un po’ di più sono solo i giornalisti che, dall’alto, senza possibilità di accesso alla banchina, scattano foto, in attesa di uno sbarco che non si sa quando avverrà. La rete antirazzista catanese, vari collettivi e associazioni hanno presidiato la zona per tutto il giorno al grido di “Freedom, Hurrya, Libertà”, esponendo uno striscione che recita “Stop the attack on refugees”, per far arrivare una voce di solidarietà ai migranti imprigionati e ribadire che a Catania nessuno è illegale.
Nessuna strategia politica può giustificare il modo in cui la dignità di queste persone è calpestata, oltraggiata, offesa. Persone che, prima di attraversare il Mediterraneo, hanno sicuramente vissuto l’orrore dei centri di detenzione libici sponsorizzati dall’UE e che hanno il sacrosanto diritto di potersi cercare una vita migliore altrove.
21.08.2018
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