Prato: la Marcia per la Libertà conquista il centro
In oltre 3000 oggi sono scesi in strada a Prato.
La Marcia per la Libertà lanciata dai SiCobas di Prato ha radunato uno stuolo d’indignazione per le multe arrivate agli operai e alle studentesse accusate nel corso di uno sciopero contro la Superlativa del reato di blocco stradale, reato introdotto dal decreto Salvini, del quale, nonostante entro le sedi istituzionali se ne lamenti l’antidemocraticità, non viene mai proposta l’abrogazione, dimostrando come la criminalizzazione dell’espressione di dissenso sia una costante trasversale ad ogni governo che si succede in carica.
Il corteo in maggioranza composto da lavoratori SiCobas ha preteso a gran voce la cancellazione immediata delle multe e l’abolizione del decreto. Insieme a lavoratori, studenti e solidali, diretti o potenziali bersagli delle norme liberticide, hanno marciato anche consiglieri comunali e regionali e un circolo del PD, per mostrare come anche dalle sedi istituzionali c’è chi sceglie di stare a fianco di chi viene prima sfruttato e poi criminalizzato, nonché pone agli intenti di questo decreto una critica che va oltre la retorica della vittima migrante. In questo dissociandosi dall’ipocrisia, magistralmente espressa dalle dichiarazioni del sindaco Biffoni, di chi critica “la cattiveria di Salvini” e dei suoi decreti per poi schierarsi contro ciò che tali decreti cercano di reprimere: il diritto ad esser retribuiti per il proprio lavoro e delle condizioni lavorative dignitose.
La determinazione del corteo ha sbattuto in faccia alla questura di Prato la sua ingenuità nel pensare che 700 metri sarebbero bastati ad una marcia per la quale sono arrivati diversi pullman da tutta Italia. In maniera spontanea, tranquilla e determinata, una volta arrivati alla piazza a due passi dalla stazione, dove per il questore ci si sarebbe dovuti fermare, si è presa una svolta e ci si è diretti verso la piazza del centro, termine vero dell’iniziativa, posta nel cuore della città, in mezzo alle strade percorse da gente prevalentemente ignara di un’ingiustizia strutturale che le stesse autorità di rappresentanza cercano di invisibilizzare. Il tentativo di contenimento preventivamente messo in campo dalla questura è saltato così come è andata in fumo qualsiasi manovra di esclusione di parti: tutti e tutte hanno sfilato, senza smettere di intonare cori e alzare cartelli, fino a raggiungere la piazza, eludendo qualsiasi tentativo di precedere o spezzare il corteo.
Nel presidio finale della piazza del comune, la cima delle scalinate del palazzo pretorio si è riempita di striscioni contro lo sfruttamento, le multe, i licenziamenti, contro cui i lavoratori di Prato si sono trovati periodicamente a lottare davanti ai cancelli delle tintorie, piuttosto che della Coop. I numerosi interventi hanno ribadito l’importanza dello sciopero come arma lecita contro i padroni e un sistema del profitto che si gioca sulla loro pelle, l’importanza di essere uniti contro le leggi ingiuste, razziste e discriminatorie che la politica strumentale al profitto produce e legittima ad ogni livello di rappresentanza. Come sfogo alla frustrazione per non aver influito sulle sorti della giornata o forse per produrre briciole da dare in pasto a qualche giornaletto affiliato, la polizia decide di caricare a manganellate la piazza mentre questa si stava già svuotando. Nonostante le persone stessero defluendo spontaneamente verso la stazione, un massiccio cordone di polizia si è accodata spingendo violentemente gli ultimi rimasti, in un dispiegamento di forza totalmente fine a se stessa, che riflette l’impotenza dei suoi attori.
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