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Colonia e la razzializzazione del sessismo

Il sospetto coinvolgimento di circa 22 richiedenti asilo e di numerosi nord-africani nei borseggiamenti e nelle molestie sessuali denunciati da decine di donne durante il capodanno nella città di Colonia – e in altre città tedesche – è stato usato dalle destre per brandire l’immagine dell’uomo islamico come minaccia ai diritti delle donne.

Non si tratta certo di un’immagine nuova. L’idea che Islam e diritti delle donne siano incompatibili storicamente fu introdotta nel dibattito occidentale dai colonizzatori europei ed è stata rispolverata più di recente dall’amministrazione Bush quando giustificò l’occupazione dell’Afghanistan come necessaria per liberare le donne afghane dall’oppressione talebana. Ancora più di recente, altri attori politici hanno fatto eco ai movimenti di destra invocando la mano dura contro i musulmani in nome delle donne. In Germania la nota femminista Alice Schwarzer per esempio è stata una delle critiche più feroci dell’Islam, sostenendo che sia come religione che come cultura l’Islam opprima le donne; negli anni la Schwarzer è stata sostenuta da un ampio ventaglio di commentator politici, anche di sinistra, come nel noto caso del socialdemocratico Thilo Sarrazin.

La convinzione che la cultura islamica sia nemica delle donne è talmente diffusa nel paese che secondo un sondaggio condotto dall’agenzia Allensbach nel 2012, l’83% dei tedeschi intervistati associa la parola “Islam” con “oppressione delle donne”.

È importante ricordare tuttavia che in Germania i musulmani non sono stati i soli ad essere accusati di ‘misoginia innata’. Negli anni Ottanta, note femministe come Gerda Weiler e Christa Mulack accusarono l’ebraismo di aver introdotto il patriarcato in Occidente. In quegli stessi anni pare anche fosse normale tra le file dei Verdi parlare dell’ebraismo come di una religione che giustifica la violenza contro le donne e la pedofilia.

Nella storia tedesca recente, perciò, il sessismo è stato più volte presentato come un problema che affligge soprattutto religioni e culture non-cristiane. Tuttavia, presentare il problema in questo modo è estremamente pericoloso per la causa delle donne e per la loro sicurezza, non solo perché distorce i fatti, ma anche perché distoglie l’attenzione – e anche i fondi pubblici… – sia dai buchi enormi del sistema legislativo tedesco in materia di diritti delle donne, sia anche dalla realtà quotidiana di violenza e sessismo esperite dalle donne tedesche.

Per esempio, la legge tedesca sulla violenza sessuale rende molto difficile perseguire i molestatori sessuali, proprio come quelli denunciati dopo la notte di capodanno. Le sezioni 177-9 del codice penale tedesco definiscono lo stupro come coercizione sessuale con l’uso della forza, ma non parlano di consenso. I centri anti-stupro e le associazioni di donne per anni hanno criticato l’ambiguità della formulazione della legge. Tale ambiguità ha infatti consentito a molti giudici di non considerare la mancanza di consenso come prova sufficiente di stupro, o di non perseguire molestie come le aggressioni sessuali improvvise o i palpeggiamenti.

 

Inoltre le statistiche mostrano che la maggioranza dei casi di violenza sessuale e abuso – in Germania così come altrove – non riguarda musulmani, immigrati, o richiedenti asilo. L’inchiesta condotta dall’Unione Europea nel 2014 sulla violenza contro le donne per esempio riporta che su un campione di 100,000 donne tedesche intervistate, il 37% sostiene di aver avuto almeno un’esperienza di aggressione o minaccia di violenza da parte di un partner o non-partner. Le intervistate facevano riferimento soprattutto a uomini a loro familiari: mariti, padri, parenti, amici o datori di lavoro.

Da una prospettiva leggermente diversa, è importante notare che in un paese come l’Olanda l’idea che il sessismo sia un problema soprattutto tra le comunità migranti (soprattutto musulmane) e tra le minoranze etniche ha contribuito a distrarre attenzione pubblica e soldi da iniziative volte a combattere l’ineguaglianza di genere tra gli olandesi “bianchi”.

Durante gli anni 2000, i tagli neoliberisti alla spesa pubblica hanno danneggiato in particolare le organizzazioni di donne e le iniziative per l’uguaglianza di genere. Al contempo, vari governi olandesi nell’ultimo decennio hanno finanziato programmi per sostenere la partecipazione al lavoro e l'”emancipazione” delle donne immigrate o appartenenti a minoranze etniche. Tali programmi, tuttavia, hanno teso a collocare queste donne in settori ad alto tasso di sfruttamento come quello del lavoro domestico e di cura. In altre parole, i politici olandesi stanno spingendo le donne immigrate e musulmane ad accettare quei compiti femminili contro l’imprigionamento nei quali le femministe olandesi si sono battute per anni. Perciò, mentre l’immagine dell’uomo musulmano nemico delle donne ignora completamente le statistiche ed è stata usata per rappresentare le donne musulmane come vittime dell’oppressione al soldo di maschi selvaggi, nessuno di questi avvocati dei diritti delle donne musulmane e immigrate sembra preoccuparsi dello sfruttamento e della segregazione lavorativa di cui queste donne sono vittime nelle case private degli europei.

Quando il sessismo viene razzializzato e rappresentato come appannaggio esclusivo dell’Altro – sia esso non-occidentale o non-cristiano – a rimetterci sono tutte le donne.

 

[di Sara R. Farris – tratto da lavoroculturale.org]

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pubblicato il in Intersezionalitàdi redazioneTag correlati:

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