Donne Notav e Bellezza, una critica di parte
Donne NoTav: l’unica sconfitta è la retorica di Stato.
Nella giornata di ieri fa la sua comparsa questo articolo (qui) sul già poco interessante giornale IoDonna. Una finta analisi priva di qualsiasi logica o credibilità, allibente per la sua sudditanza e per il tipo di ricostruzione del movimento NoTav, del solito ritornello dei “buoni” che lasciano la lotta in mano ai “cattivi”, in particolare ponendo l’accento su un supposto immaginario della donna NoTav “giusta” e di quella “sbagliata”.
Molte le risposte dal web, ne proponiamo qui di seguito qualcuna, per ricordare che le narrazioni della Valle e della sua lotta sono quelle di chi in Valle ci sta, ci vive, ci passa le notti e le giornate, di tutt* coloro che, in sostanza, per la Valle stanno combattendo.
Da notav.info
Le donne sconfitte della Val Susa? Sicuro?
Volevo rispondere all’articolo indegno apparso su Io Donna del 3 marzo 2012 a firma Paolo Sapegno.
Non si capisce se il signor Sapegno , che pare spacciarsi quale esperto del caso Valle di Susa , viva su questa terra o su un altro pianeta visto che racconta cose che nessuno di noi che pure abitiamo queste “ lande sperdute” , come lui le chiama , avevamo percepito.
Dunque, il signor Sapegno si chiede dove siano finite tutte quelle donne ( e qui giù nomi e cognomi in barba a quasiasi tipo di rispetto – e non solo quello ipocrita e formale per la privacy ) che un tempo , a suo dire lontano anni luce, nell’ambito della protesta contro l’alta velocità in Valle di Susa “ portassero da casa i giochi dei loro figli, perchè non avevano i soldi per comprarli, e portassero qualcosa, anche dei vassoi, anche le tazze da the, o un piattino che può servire” , oppure dove sia sparita quella donna che “guidava la fiumana di gente con la cesoia in mano per tagliare la rete di recinzione che delimitava la zona rossa del cantiere”. E sostiene di non riuscire più a ritrovare “ la donna con i capelli grigi e felpa scura, che sul ponte sotto la baita del presidio Clarea, arringava la folla con la voce strascicata dal dialetto, come una madre che si arrabbia appena un po’.”
Tutte queste donne, secondo Sapegno si sono perdute e sono state sconfitte dalla violenza che ora , a suo dire , attanaglierebbe il Movimento. Violenza portata da altre donne che con la valle non hanno nulla a che fare e che parlano idiomi diversi e “ indossano il passamontagna”.
Caro Signor Sapegno , come mai non ha ritrovato Marisa , la coraggiosa donna di 74 anni , tra le file dei manifestanti di oggi? Perché lei non sa guardare aldilà della sua comoda scrivania. Se fosse venuto in Valle di Susa , solo due sere fa , avrebbe ritrovato Marisa accanto alla sua gente , al blocco autostradale , seduta su una sedia di fortuna perché le gambe non l’aiutano più. Molto spaventata di fronte ad un inusitato “esercito” di poliziotti e carabinieri in antisommossa , ma determinata a rimanere. “ Mi sono legata alla sedia” mi ha detto ,”così faranno fatica a portarmi via”. Certo , in quei momenti agitati non ha avuto tempo di preparare una flemmatica tazza di tè. Pensava invece a sostenere , anche solo con la sua vicinanza , la sua gente. E chi c’era a fronteggiare le forze dell’ordine che mai come questa volta hanno esercitato sulla popolazione un’inaccettabile violenza ? C’erano Titti , Piera , Monica. Sedute a terra , resistendo con la non violenza alla brutalità di chi viene mandato ad imporre un’opera assurda e devastante manu militari.
E certo Monica non poteva coinvolgere i suoi bambini mentre cercava di sfuggire al lancio dei lacrimogeni e al getto degli idranti. Né Titti poteva occuparsi della cena dei manifestanti mentre un poliziotto le fracassava una caviglia , come risposta al suo non volersi spostare.
Certamente il signor Sapegno non avrebbe potuto vedere Nina e Marianna. Liberate dal carcere ma ancora private della libertà personale come due incallite criminali , in questo Paese che manda a marcire coloro che difendono la propria terra e decora, promuove e abbraccia mafiosi e massacratori di ogni specie.
Di queste donne ,e di tutte le altre , che in questo momento in Valle di Susa, insieme ai loro compagni, fratelli e figli ,sostengono con estremo coraggio una lotta democratica e civile in un Paese che di democratico e civile non ha più nulla lei , signor Sapegno, non è degno di pronunciarne il nome.
Doriana Tassotti
Le donne #NoTav e la retorica della sottomissione
Su Io Donna, una delle tristi pagine al “femminile” del Corriere, scrive un uomo, e vabbè. Ché se scrivesse una donna non sarebbe comunque meglio. Ciò che scrive l’uomo su Io Donna a proposito della donne NoTav è estremamente offensivo. Una edulcorata offesa con rimando alla nostalgia dei bei tempi andati in cui la “bellezza” non osava essere altro che “bellezza” e in cui le brave femmine di montagna altro non facevano se non le montanare.
Allora va spiegato a questo signore che persone come Rubina, per esempio sono belle perché non sono SOLO decorative e che non c’è niente di “violento” nel rivendicare un diritto, così non sono violente le donne resistenti in Iran, o in Egitto, o in qualunque altro posto della terra dove, guarda un po’, si scostano di parecchio dall’essere delle educande tremanti a occhi bassi con qualche nozione di pianoforte per allietare il coniuge e con il pudore a mano in bocca per occultare il gemito di piacere (quando e se ce l’hanno).
E in quanto alle montanare, quelle belle femmine di una volta, se il tizio che scrive le avesse conosciute, saprebbero che sono tutte lì, forti e resistenti e che la loro forza e bellezza sta proprio nella difesa di una terra, che è loro, di una storia, di una valle e di una montagna e del futuro dei loro figli e nipoti. Donne che preservano la salute di un territorio perché hanno chiaro, contrariamente a chi si arricchisce con appalti e opere inutili, che la terra è una grande eredità da lasciare a tutti e che non c’è futuro dove l’assenza di democrazia ti spacca la testa o il naso a suon di manganellate per imporre la volontà di una oligarchia di affaristi senza scrupoli.
Quelle donne sono piene di dignità, determinazione e fierezza e vanno in corteo o resistono per le strade guardando dritto negli occhi la polizia che le pesta a sangue o spara su di loro lacrimogeni. Quelle donne sono meravigliose. Le donne che resistono e si ribellano sono splendide, fantastiche, eccezionali ché ad essere sottomesse non c’è alcun piacere a meno che non sia consensuale.
Le donne che resistono allo stupro di un territorio e dei propri diritti sono la meraviglia che uomini come chi scrive questo pessimo articolo non conosceranno mai.
Io ne conosco tante, per fortuna, e spero ne esistano tantissime che lottano e resistono tutti i giorni e che non piegano la schiena mai di fronte a nessun arrogante, pericoloso, supponente, violento individuo e neppure di fronte alla falsa lusinga che esige che le femmine restino a guardia del focolare.
Viva le donne NoTav, viva Rubina e viva tutte noi!
Da SensaSoste
La propaganda di regime contro i No Tav. Ora tocca alle donne
La guerra in Val di Susa è stata dichiarata. Ed è necessario rendersi conto che c’è in atto una consapevole guerra di propaganda condotta dal mainstream che si è sovrapposta al conflitto sul territorio della Valsusa.
L’obiettivo non è solo dividere il fronte No Tav tra buoni e cattivi, ma anche tra buone e cattive, come dimostra l’articolo pubblicato dal settimanale del corriere.it, Io donna, e firmato da Pierangelo Sapegno. Non a caso una delle alchimie del movimento No Tav è proprio il totale e paritario coinvolgimento di uomini e donne, esattamente come dovrebbe essere in un paese civile e democratico di fronte a istanze comuni. Per rendersi conto di questo basta leggere i comunicati, vedere i filmati delle tante iniziative No Tav avvenute negli ultimi dieci anni. Chi poi è stato fisicamente in quelle valli capisce perfettamente il senso di quanto descritto. E non si parla certo di una partecipazione femminile stereotipata nel luogo comune della donna-pacifista-generatrice di vita-angelo del focolare che al massimo “grida in modo materno le sue ragioni”, come la intende l’autore dell’articolo. Tanto che adesso in questa presunta spirale di violenza agita dal movimento e non subita come i fatti dovrebbero indiscutibilmente rendere chiaro a tutti, le donne della protesta, per Sapegno, sono sparite e scrive che “in testa ai cortei, ora ci sono donne che parlano romano o napoletano, ragazze dei centri sociali in trasferta nella Val di Susa devastata dagli scontri”.
Fa forse paura che delle valligiane ignoranti – perché questo è evidentemente quello che pensa Sapegno delle valsusine autoctone – siano riuscite a conquistare la solidarietà di altre donne che decidono di lottare insieme? E poi chi l’ha detto che le valsusine non ci sono più? Ma questo da dove scrive? Non certo da Bussoleno. Se non vuole vedere con i suoi occhi, gli bastava guardare almeno le facce in una delle tante trasmissioni andate in onda in queste sere per vedere che il popolo No Tav è quello che è sempre stato. A dimostrazione di questo tra le tante c’è nonna Titti a cui la Polizia ha rotto una gamba, Nicoletta picchiata e umiliata, Ermelinda, in ospedale con la testa aperta dai manganelli di Manganelli e Emanuela compagna di Luca Abbà.
È una retorica insopportabile quella propugnata da questo scribacchino che s’è preso la briga di dichiarare la scomparsa “dell’ingenuo e del tenero, travolto dalla paura della sconfitta o dalla rabbia dell’isolamento” che era costituito a suo dire dalle componente femminile del movimento. Tenero? Di fronte ad un’occupazione militare di reparti di celere che caricano due volte al giorno, l’aggettivo tenero stride assai. Isolamento? Ogni giorno ci sono manifestazioni di solidarietà in tante città italiane. Neppure dieci giorni fa un’oceanica manifestazione ha raggiunto la valle. Va bene la propaganda, ma a questo punto sono ridicoli.
Seppelliamoli.
Leila Chinapoli
02 marzo 2012
Alleghiamo anche un articolo scritto dalle compagne della valle PRIMA dell’uscita dell’articolo incriminato:
DONNE IN MOVIMENTO
Il movimento notav è caratterizzato da una forte partecipazione delle donne.
La lotta contro la distruzione del territorio e per la salute, contro gli sprechi, e l’autoritarismo con cui questa grande opera inutile e dannosa vorrebbe imporsi ci trova in prima fila, coscienti e consapevoli di voler lasciare un futuro possibile alle generazioni future ma intanto vivendo un presente di protagonismo e consapevolezza che è parte fondamentale dello zoccolo duro del movimento notav.
Il cerchio, come altri due sabba precedenti, tenutisi davanti alle reti è una delle forme di assedio attuate a partire dal luglio 2011 per contrastare il cantiere che non c’è. Ci siamo volute liberamente ispirare alle masche, antiche streghe autoctone: evocarne la potenza e la forza per combattere i nemici della terra madre, quindi i mandanti e i difensori della malaopera.
Le iniziative contro il cantiere che non c’è spaziano dalla preghiera quotidiana delle cattoliche/i al Pilone votivo vicino alle reti; alle forme di disobbedienza civile praticata con il taglio delle reti; alla resistenza attiva durante gli assedi come difesa dai migliaia di candelotti al C.S. sparati ad altezza d’uomo. e di donna.
C’è inoltre una presenza permanente alla Baita; abbiamo praticato tutti i passaggi legali ed istituzionali nel tentativo di intralciare il percorso ‘illegale’ del progetto tav; si tengono centinaia di riunioni, assemblee e innumerevoli occasioni di mobilitazione: dentro tutto questo agire le donne siamo presenti e protagoniste.
Questa bella lotta iniziata più di vent’anni fa ha permesso a molte di noi di incontrarsi e di intrecciare rapporti di amicizia solidali, tante altre si conoscono da sempre. Dopo le lotte del 2005 si sono sviluppate varie iniziative praticate da donne: la gestione dei GAS, i laboratori autogestiti e gratuiti sui vecchi mestieri, le lezioni di filosofia nei presidi e forme di espressione artistica di vario genere, esperimenti di impresa alternativa come gli orti autogestiti dalle/i cassintegrati. Ci siamo incontrate per questioni più specificamente di genere con riunioni e assemblee pubbliche riguardo tematiche come l’endometriosi ( alta incidenza di questa patologia anche a causa delle diossine emesse da una acciaieria della valle ) o l’ingresso del mpv nei consultori pubblici.
C’è da dire che la resistenza al tav assorbe molto del nostro tempo ma cerchiamo di rimanere attente al ‘resto’ e al bisogno ci mobilitiamo in gruppo: in più di 200 partecipammo al corteo dell’8 marzo nel 2010. Sullo striscione c’era scritto ‘’violenza sulle donne che vuoi che sia in valsusa la fà la polizia’e con la gigantografia del volto tumefatto di Marinella, una di noi, pestata vilmente mentre manifestava contro i sondaggi a Coldimosso.
C’è un discreto protagonismo delle donne all’interno dei comitati o altri gruppi organizzati, un protagonismo più forte tra le singole o indipendenti che infatti son presenti soprattutto nel cuore della lotta.
Premettendo che la valsusa non è un’isola felice e rimangono dunque contraddizioni di genere ‘fisiologiche’, non ho mai assistito a discriminazioni o pregiudizi di genere rispetto a proposte o azioni di lotta: sempre solo di merito.
D’altra parte l’agire ci ha trovate sempre presenti: nella cucina (luogo amato e fieramente vissuto come parte della mia militanza ), sulle ruspe in barba alle guardie, alle reti per tagliarle o presenti nei luoghi degli assedi e dunque arrestate come a settembre 2011: Marianna e Nina.
Portiamo anche i nostri figli alle manifestazioni per la nostra e la loro terra e per questo provano ad intimidirci con la minaccia di segnalare i nostri bambini al Tribunale dei Minori.
Nonostante ciò continuiamo ad andare alle reti dove veniamo sistematicamente identificate e filmate….e continuiamo a portare i nostri figli alle iniziative, certo proteggendoli si, ma dalle forze dell’ordine le uniche che potrebbero danneggiarli durante uno dei nostri cortei. Come è successo l’otto dicembre 2011: Yuri, sedici anni, è l’ultimo dei giovani della valle vittima del tiro al bersaglio di qualche guardia del cantiere che non c’è.
Resistiamo anche con le feste! A Giaglione, recentemente, in una bella festa con canti e danze popolari le donne erano tantissime tanto che alcune han dovuto ‘fare’ gli uomini per poter ballare le danze figurate della tradizione popolare…donne di tutte le età, alcune piccolissime.
A vederle ballare, incuranti del freddo alpino, coi visi rossi e complici e sorridenti ho pensato una sola cosa: a sarà dura!!!
Ermelinda, gennaio 2012 (testo-risposta a domande del collettivo le ri.belle di milano)
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