Nuove proteste in Polonia contro la legge che vieta l’aborto
In Polonia a partire da ottobre le proteste contro la legge che vieta l’aborto non si sono mai fermate. Ricordiamo le immagini dei cortei oceanici che avevano inondato Varsavia.
Il Tribunale costituzionale il 22 ottobre aveva infatti emesso una sentenza che riduceva drasticamente la possibilità di accedere legalmente all’aborto, ossia la presenza di malformazioni fetali anche gravi non avrebbe costituito un motivo valido per poter interrompere la gravidanza. Questo precedente rischia di aprire la strada a sempre maggiori difficoltà nella scelta delle donne di abortire, distruggendo la tutela della salute e del benessere psicofisico di chi intende intraprendere questa decisione.
A seguito dell’annuncio del Pis, partito ultraconservatore alla guida del governo polacco, migliaia di donne si sono riversate nelle strade per protestare contro questo attacco alla libertà di autodeterminazione e alla garanzia della salute. Proprio grazie alla lotta la proposta di modificare a legge non era stata pubblicata ufficialmente.
Dopo mesi di proteste la sentenza è entrata in vigore il 27 gennaio e il giorno stesso la popolazione polacca ha ricominciato a manifestare con forza. Ieri sera la leader del movimento Straik Kobiet, Klementyna Suchanow, è stata brutalmente fermata e arrestata dalla polizia a seguito degli scontri avvenuti a Varsavia. I manifestanti si sono diretti al palazzo della Corte Costituzionale per denunciare l’inaccettabilità di questa sentenza entrando nel giardino e superando alcune recinzioni. Per il week end è prevista un’importante data nazionale che vedrà l’arrivo nella capitale da tutto il Paese per una mobilitazione che unirà i collettivi femministi, le organizzazioni della società civile antisovraniste e tutti coloro che si mobilitano da mesi su questo tema.
Nonostante la pandemia e il periodo dell’anno particolarmente ostile migliaia di persone continuano a scendere in piazza contro questa legge, affrontando senza paura la reazione della polizia e del governo che hanno proceduto ad arrestare centinaia di persone dall’inizio delle proteste.
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