L’all-in di Lukasenko in cambio di riconoscimento da parte dell’UE
“Ho trovato una situazione di respingimenti in stile ping-pong. I migranti mi hanno raccontato di essere stati ingannati dagli agenti di viaggio in Medio Oriente e di aver creduto alla promessa che fosse facile raggiungere l’UE. Una volta a Minsk, sono stati sistemati in hotel e portati in taxi al confine. Qui, dopo aver vagato per un po’, spesso venivano trovati dalle guardie di frontiera bielorusse che li aiutavano fornendo le coordinate GPS e anche tagliando le recinzioni verso la Polonia. Hanno capito di essere all’inferno quando sono stati catturati dalle guardie di frontiera polacche e riportati illegalmente in Bielorussia. È così che è iniziato il ping-pong: nella maggior parte dei casi, quando le guardie di frontiera bielorusse trovano le persone dopo i respingimenti, le radunano in siti all’aperto, tenendole lì senza riparo, cibo o acqua per giorni o settimane, costringendole a ripetere all’infinito i tentativi, quasi sempre fallimentari, di raggiungere la Polonia”.
Lydia Gall, ricercatrice sull’Europa orientale e sui Balcani occidentali presso Human Rights Watch, una delle poche persone che è riuscita a entrare sul confine tra Polonia e Biellorussia descrive sulle pagine dell’HuffPost il meccanismo in atto. La strategia messa in atto dalla Biellorussia per fare pressioni sull’Unione Europea, a seguito delle sanzioni alle quali era stata sottoposta nell’estate scorsa, è di utilizzare gli spostamenti di massa di migranti, perlopiù richiedenti asilo in quanto proveniente da Siria, Iraq, Afghanistan. I numeri si aggirano intorno alle 8 mila persone sul confine mentre pare si stia creando un flusso di circa 20 mila persone in Biellorussia arrivate in aereo dal Medio Oriente e poi bloccate lì. Quando si apre una nuova rotta, come sottolinea Cosimo Caridi nell’intervista fatta a Radio Blackout, quasi immediatamente i flussi fuoriescono dalle porte regolamentate da chi ha organizzato l’apertura di un confine, in questo caso la Biellorussia, dunque ci si deve aspettare un aumento esponenziale di migranti che per altre vie tenteranno di attraversare quel confine.
Ieri la Merkel ha chiamato Lukasenko, un’azione che ha modificato le carte in tavola dato che non accadeva dall’agosto 2020. Questo ha significato per Lukasenko un’iniziale ottenimento del suo obiettivo, farlo tornare ad essere tra gli interlocutori riconosciuti dall’UE e dai Paesi Occidentali. Oggi poi, a seguito degli scontri tra migranti e militari polacchi, è stato messo a disposizione un centro logistico in Biellorussia per i profughi sul confine che iniziavano a installarsi in un campo nei pressi della frontiera.
E l’Europa? Al momento nell’area di confine è interdetta la presenza di organizzazioni internazionali e alla stampa, nemmeno Frontex né la Nato sono presenti. A presidiare il confine ci sono 13 mila militari polacchi e la Polonia ha pensato di risolvere la situazione costruendo un muro. Il presidente del Consiglio europeo, il 10 novembre ha riaperto la discussione sul finanziamento dei muri da parte dell’Unione. “Secondo il servizio legale del Consiglio europeo il finanziamento è possibile”,
Christopher Hein, docente di Diritto e politiche di immigrazione e asilo presso il Dipartimento di Scienze politiche dell’Università Luiss Guido Carli, e ex direttore del Consiglio italiano rifugiati dice in un’intervista rilasciata all’HP “Certamente c’è la volontà da parte della Bielorussia di premere sull’Unione europea, una mossa che abbiamo già visto con la Turchia di Recep Tayyip Erdoğan e prima ancora con la Libia di Muammar Gheddafi: purtroppo, non è nulla di nuovo.
– La differenza è che ora ad agire questa strategia è uno Stato membro –
[…] Sappiamo che tra le persone bloccate da metà agosto alla frontiera bielorussa ci sono donne afghane con bambini. Dov’è la coerenza dell’Unione europea, che si straccia le vesti per i diritti delle donne afghane, per poi respingerle alla frontiera? L’Unione europea non può mettersi a finanziare muri e fili spinati attorno alle sue frontiere esterne. Qui si parla di costruire un muro per bloccare persone che intendono chiedere la protezione internazionale: è un atto illegale”. Il che andrebbe evidentemente contro la Convenzione di Ginevra per i rifugiati. L’altra azione dell’Europa, schiacciata sulle minacce polacche da una parte e da quelle biellorusse dall’altra, è di far in modo di diminuire i voli del ponte aereo bloccando i potenziali rifugiati nei loro paesi d’origine.
Il problema, oltre che essere umanitario, è tutto geopolitico, si tratta di una strategia messa in campo da Lukasenko atta a farlo tornare ad essere un interlocutore valido nel panorama dell’Est Europeo, e cosa questo significa essendo sostenuto da Putin. Inoltre, rientrano motivazioni economiche, dato che c’è in gioco la costruzione di un gasdotto che arriverebbe da nord e che andrebbe a togliere importanza al gasdotto biellorusso che in parte rifornisce l’Europa. Proprio rispetto alla questione del gas, Lukasenko ha minacciato di tagliarne le forniture, pur sapendo di non essere il diretto fornitore dell’Europa, che è Putin, ma proprio in questo frangente la Germania ha iniziato ad aprire un canale di comunicazione con lui. Da un lato se i numeri dei profughi rimangono questi non sarebbe impossibile smistarli in Europa e dall’altro lato la crisi energetica è già in atto. Alla base della gestione delle migrazioni tra l’UE e il resto del mondo continua ad esserci l’utilizzo dei migranti come arma per qualcos’altro, com’era successo con la Turchia di Erdogan e con la Libia di Gheddafi.
Di seguito riprendiamo la trasmissione di Radio Blackout con Cosimo Caridi, giornalista free-lance che è appena tornato dal confine.
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