Giocano sull’orlo del baratro
L’incidente al confine tra Polonia ed Ucraina per un momento ha aperto la finestra su un coinvolgimento diretto, sul campo, della NATO nel conflitto. E ci mostra quanto sia fragile la membrana che separa il presente da una guerra militare totale.
Un missile è caduto ieri sera al confine all’interno del confine polacco, paese membro della NATO, provocando la morte di due persone. La prima versione rilanciata dai giornali era quella che si trattasse di un razzo russo che per un errore di calcolo avevano colpito oltre confine, durante il massiccio bombardamento di missili cruise che ha colpito diverse infrastrutture strategiche dell’Ucraina con la popolazione lasciata al buio ed al freddo. Oggi sembra consolidarsi l’ipotesi secondo cui il missile farebbe parte del sistema di difesa ucraino e sarebbe partito dal suolo ucraino per quanto di fabbricazione russa. Ora che si tratti di errore di calcolo o magari di un tentativo di intralciare i fragili canali di trattativa che si sono aperti cercando volontariamente un allargamento del conflitto non è dato saperlo.
Ciò che è certo è che chi ragiona la guerra solo come una partita a scacchi in cui tifare per l’uno o per l’altro sfidante o come un conflitto di principi, di civiltà contrapposte oggi dovrebbe porsi due domande in più. Perchè la variabile inconsueta, l’errore di calcolo o la volontaria ricerca dell’escalation inimmaginata fino ad ora è sempre dietro l’angolo in una guerra del genere.
E c’è chi fin dal primo secondo fa il tifo affinché questo conflitto che è già totale travalichi anche sul piano militare i confini dell’Ucraina. Mentre persino dalla Casa Bianca arrivavano inviti alla cautela gli atlantisti de noantri avevano già spoverato l’elmetto, salvo poi che alla guerra ci va il popolo.
Intanto questo incidente, nonostante la matrice non sembri russa, per alcuni rappresenta un’occasione per approfondire la militarizzazione dell’area e alimentarre ulteriormente la tensione.
Questa guerra è giocata sull’orlo del baratro e l’unico imperativo che abbiamo come popoli è impedire che i governi ci trascinino sul fondo.
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