Polonia, dietro l’assassinio di un sindaco
Pawel Adamowicz, sindaco di Danzica, è stato assassinato la scorsa domenica. Il tutto è accaduto durante un incontro di beneficenza in corso nella città portuale del nord dello stato. L’omicidio è stato collegato da alcuni dei principali giornali polacchi al clima politico del paese, dove ha sempre più consenso l’opzione sovranista e nazionalista, in particolare nelle aree rurali.
Sebbene Adamowicz non fosse certo “uno dei nostri”, anzi era ben noto per le sue idee liberali e per il suo passato nel sindacato Solidarnosc, la sua morte segnala questa crescente tensione nel paese. Adamowicz aveva infatti dichiarato Danzica città aperta per i migranti e si era espresso più volte a favore dei diritti della popolazione LGBT. Con buona pace dei difensori della libertà di opinione, che darebbero la vita per fare esprimere le peggiori nefandezze xenofobe, Adamowicz è stato assassinato a causa di queste sue posizioni.
Il governo della Polonia è uno di quelli che, insieme all’Ungheria, più ha chiuso ai movimenti migratori e più ha cercato di ridefinire i poteri tra Unione Europea e stati membri in favore di questi ultimi, in particolare rispetto alla difesa dei confini. Una posizione quindi non giocata come critica all’impianto neoliberista della Ue, ma finalizzata solo a guadagnarne dove possibile. Nonché a costruire una finta opposizione con Bruxelles in chiave identitaria e nazionalista.
Varsavia ha infatti beneficiato tantissimo negli ultimi anni dei trasferimenti europei per sviluppare la sua economia. Caratterizzata dall’accoglienza delle imprese delocalizzate dall’Europa occidentale, da un modello di bassi salari e da alto tasso di sfruttamento, anche nei confronti dei migranti tanto odiati. E che quindi vanno tenuti sotto controllo. La stessa Chiesa locale ha organizzato negli scorsi mesi un appuntamento di difesa identitaria dei confini polacchi, noto come “Rosario della Nazione”.
La destra reazionaria e xenofoba è molto radicata nel paese, come dimostra anche la grande manifestazione organizzata lo scorso novembre per commemorare i cento anni dell’indipendenza, conseguita dopo la prima guerra mondiale.
Negli scorsi giorni lo stesso Matteo Salvini è andato nel paese dell’Europa orientale a costruire un accordo con il partito Diritto e Giustizia (PiS) attualmente al potere. Il PiS è sempre più orientato ad una politica xenofoba e nazionalista, ammiccante alla destra più reazionaria soprattutto quando si parla di diritti della popolazione LGBT e dei migranti. Eppure, non condivide con Salvini alcuni temi, come la possibile apertura alla Russia e l’ostilità tout court all’Unione Europea. Questa, al di là di quella che è la retorica pubblica, è vista più come mucca da mungere che come nemico.
Chissà se queste divergenze faranno convergere o meno anche il PiS alla riunione delle destre europee paventata da Salvini per la primavera in Italia, in una sede ancora da definire…
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