Salbertrand: la menzogna del TAV in alta valle
In vista della marcia No Tav Susa – Venaus dell’8 dicembre pubblichiamo questo reportage da Salbertrand che rende bene l’idea del funzionamento del sistema delle grandi opere inutili. Buona lettura!
Salbertrand è un piccolo paesino di circa seicento abitanti quasi all’imbocco dell’alta valle. Chi percorre la statale che da Susa arriva fin su può notare il paesaggio che cambia in fretta, che si fa sempre più montano. Dopo una grande curva si apre la vista sul paese e il primo impatto è decisamente contrastante. Sulla destra l’abitato con i suoi tetti di lose e l’alto campanile, le classiche costruzioni di montagna di questa zona del Piemonte che tanto bene si mimetizzano tra la natura delle valli, sulla sinistra invece una spianata occupata da depositi, fabbriche, la ferrovia e il suo piazzale di manovra, il casello autostradale e le aree di servizio almeno fino al limitare del Gran Bosco che è un Parco Naturale di notevole importanza.
L’impatto che si ha con questa visuale dice già molto di quali siano le caratteristiche di questo territorio. Salbertrand è balzato agli onori della cronaca nazionale a causa di uno scandalo inaspettato, cioè il sequestro della Guardia di Finanza di un’area di deposito di materiali in cui era stoccato anche dell’amianto e sulla cui superficie sarebbe dovuta sorgere la fabbrica dei conci per il tunnel del TAV Torino – Lione. Una storia strana e paradigmatica di quello che è il sistema delle grandi opere, ma anche della vicenda di molte valli alpine sacrificate a un progresso effimero. Ma andiamo con ordine.
Da molti decenni la zona di Salbertrand è stata investita da un processo di industrializzazione soprattutto nel campo della estrazione e della lavorazione di materiali inerti. E’ stata in passato anche la sede di due siti di estrazione della FIAT Mineraria. L’area era predisposta dal punto di vista geografico e si prestava a una infrastrutturazione essendo dotata di una spianata di una certa ampiezza. Tanto che fu designata nel passato sia per la costruzione del piazzale di manovra, allora strategico, della ferrovia Torino – Modane, sia del casello autostradale denominato Oulx Est. Negli ultimi anni, come un po’ ovunque, questo settore è andato in crisi, ma la pesante infrastrutturazione è rimasta con i sepolcri di diversi capannoni e depositi abbandonati di svariati materiali.
Dunque stiamo parlando di un territorio che già ha vissuto molti cicli di estrattivismo, di devastazione ed inquinamento come ci racconta una abitante del paese spiegandoci anche gli effetti nefasti di Pont Ventoux, una centrale idroelettrica che sfrutta le acque della Dora Riparia e parte di quelle del torrente Clarea:
“A Salbertrand c’è una certa abitudine a trovarsi in situazioni simili: prima c’è stata l’autostrada con il casello e i primi cantieri, i primi espropri, chi la voleva e chi invece no, poi la Pont Ventoux (centrale idroelettrica) ci ha portato via l’acqua, passando qui sotto. Tra l’altro pare che neanche funzioni a sufficienza (tanto che l’elettricità viene comprata da Terna). Sembra addirittura che i nostri sindaci neanche abbiano chiesto i risarcimenti al tempo per il fatto che fosse mancata l’acqua in tante case del paese, sono riusciti a dire che mancava non a causa della costruzione di Pont Ventoux, ma perché “non piove più e non ci sono più i ghiacciai”, così di colpo da un anno all’altro. All’inizio l’acqua veniva portata con le autobotti! Tutto questo arco di montagna è rimasto senza. Non avevamo più l’acqua irrigua, spesso veniva razionata, venivano a controllare se tu bagnavi il tuo orto… Eravamo quasi noi inquisiti. Poi dopo una decina di anni la situazione dell’acqua si è risolta ed è venuto fuori che effettivamente la responsabilità era di chi aveva costruito Pont Ventoux. Credo che adesso stiamo prendendo l’acqua dall’altro versante della montagna che tra l’altro è di qualità inferiore perché è più acquitrinosa. Comunque tutta una parte di Salbertrand è rimasta completamente priva di acqua, asciutto in pratica: dove abitavo io prima che erano anche lì terreni acquitrinosi adesso è deserto, chi aveva l’orto lì ha mollato tutto. A parte che anche lì poi hanno costruito altri depositi di materiale.”
L’autostrada in particolare è un segno nella memoria di molti in paese, l’attuale sindaco, Roberto Pourpour ci ha spiegato che “il problema è che qua già con l’autostrada venivano fatti molti discorsi, io mi ricordo gli slogan: incrementerà il turismo del 40 %, si arriverà da Torino in poco tempo ecc… ecc… Per carità, si sono tolte tutte le code della domenica sera, però poi tutto il tessuto della valle ne ha risentito perché molte attività soprattutto la domenica pomeriggio incassavano ciò che non incassavano in settimana, per cui molte attività hanno chiuso.”
Ma non è stato solo quello economico l’effetto nefasto dell’autostrada sul territorio, in tempi più recenti Salbertrand è stata investita anche dalle conseguenze legate alla costruzione della seconda canna del Frejus, come ci racconta ancora l’abitante del paese: “Da entrambi i lati della ferrovia ci sono depositi. Lì ci sono dei depositi temporanei cosiddetti diventati poi permanenti della seconda canna del Frejus. Tutti terreni dati in concessione per non so quanti anni a SITAF, Itinera e compagnia cantante che ci portano quello che vogliono.” I depositi di SITAF con i materiali della seconda canna sarebbero dovuti essere rimossi e in teoria secondo un piano di “riqualificazione ambientale” deliberato nel 2012 dal consiglio comunale in quell’area avrebbero dovuto essere realizzati degli impianti di produzione di energie rinnovabili. Ovviamente questo non è mai successo ed è rimasto solo un cumulo di materiali di scavo, alla faccia della riqualificazione del territorio montano. Dall’altro lato della ferrovia invece insistono i depositi della stessa SITAF, di Sitalfa, di Itinera e di atre ditte di grossi gruppi. Tra questi anche quello ricco di amianto messo sotto sequestro dalla Guardia di Finanza.
Dunque il progetto della fabbrica dei conci (i conci sono i blocchi semicircolari di calcestruzzo che dovrebbero essere utilizzati per rivestire il tunnel di base) per il TAV dovrebbe incidere su un territorio già devastato in una zona esondabile a due passi da un importante parco naturale, in un luogo dove è presente un deposito di materiali inerti tra cui l’amianto. A questo si aggiungerebbe l’inquinamento derivato dalle polveri sottili dello smarino (che una volta estratto dal cantiere di Chiomonte sarebbe portato lì per trasformarlo nei conci) e dal passaggio di oltre 400 camion al giorno previsti. Ci spiegano: “Alla fine questa è la ciliegina sulla panna. Sto cantiere che dalle previsioni sembra una cosa proprio enorme. Probabilmente questa storia della fabbrica di conci dà un po’ più fastidio in paese, cominciano a rendersi conto, dopo varie serate informative, che il vecchio sindaco li aveva presi in giro, che l’inquinamento sarà devastante, che il sito è stato scelto nonostante sia una zona esondabile non per ragioni geologiche, ma di tipo logistico di difesa del cantiere.”
A colpire significativamente la popolazione è proprio la dinamica con cui si è arrivati alla selezione dell’area per l’installazione della fabbrica. La decisione, presa dalla vecchia amministrazione, è stata nascosta alla cittadinanza fino alla fine.
“Qui la situazione è un po’ questa: c’è paura perché, come si è visto in altre situazioni, quando vengono affrontati questi tipi di interventi i tempi non sono mai certi, il tipo di lavorazioni neanche. Soprattutto la cittadinanza di Salbertrand è venuta a conoscenza che la vecchia amministrazione aveva già preso degli accordi solo negli ultimi tempi. C’è stata una candidatura da parte della vecchia amministrazione fatta sotto banco per cui già la vicenda è partita male. Perché un intervento del genere e una richiesta da parte dell’amministrazione di far installare qua una fabbrica di questo tipo doveva perlomeno essere condivisa con la cittadinanza con cui bisognava affrontare un po’ quelli che erano i temi. Ciò non è stato assolutamente fatto. Tant’è che io poi come cittadino nel 2017 avevo già fatto una raccolta firme ponendo diversi quesiti, prima di tutto sui siti attuali (dove ci sono questi cumuli e l’area che è stata messa sotto sequestro), evidenziando che già nel 2010 era stata messa sotto sequestro, erano stati fatti dei rilievi in cui si vedevano del personale munito di tute bianche e dei mezzi di movimento terra. Per sette anni, da quei rilievi, è poi rimasto così, in balia degli agenti atmosferici senza nemmeno i teloni di copertura. Nel momento in cui il sito è stato coperto mi sono sorti dei sospetti. Mi sono chiesto perché non l’avessero già fatto all’epoca, ma ad anni di distanza.
Da lì ho iniziato a fare la raccolta firme, una volta venuto a conoscenza della candidatura della vecchia amministrazione.
Ho cominciato a parlarne con i cittadini e abbiamo iniziato a organizzare delle serate informative dove sono venuti i tecnici a spiegare di cosa si trattasse in realtà, cioè di questa fabbrica. Sul primo intervento l’amministrazione ha ancora negato dicendo che non era a conoscenza di nulla, dopo di che sono riuscito a reperire una lettera che è stata inviata nel marzo del 2016 da parte del vecchio sindaco dove sostanzialmente manifestava di voler mettere a disposizione questi terreni, diretta al Ministero delle Infrastrutture, a Telt e alla Regione Piemonte. Portando anche i cittadini a conoscenza di questa lettera il sindaco non ha più potuto declinare l’invito e si è presentato a una seconda serata prendendosi i suoi fischi e le sue lamentele.”
Così il nuovo sindaco racconta come sono venuti a conoscenza del progetto. La popolazione è stata tenuta all’oscuro di tutto. Ma non solo come ci dice ancora Pourpour probabilmente la candidatura del sito è avvenuta anche per nascondere una cattiva gestione delle precedenti amministrazioni:
“Innanzitutto lì qualcuno avrebbe dovuto controllare e la problematica non sarebbe neanche dovuta sorgere. In pratica è stato permesso di fare tutto questo, non vi sono stati controlli e io come cittadino ho dovuto mettermi in gioco in questa situazione. Di certo non voglio stare zitto perché a volte è facile fermare il ragazzino col motorino e fargli la multa, o andare a controllare il piccolo artigiano mentre invece per queste situazioni tutto va bene e tutto è lecito. Che sia perché si urtano i poteri forti? Adesso noi ci stiamo attivando per capire come fare, perché il comune non può economicamente prendersi in carico la bonifica, il privato è in una condizione di seria difficoltà economica, i terreni sono di proprietà comunale per cui è una situazione abbastanza complessa da gestire. Qua però ci sono delle responsabilità a monte! A mio parere la proposta di installare la fabbrica dei conci in quella zona era stata fatta proprio con l’obbiettivo di togliersi queste due patate bollenti grazie a TELT. Non devono però pagare i cittadini per risolvere un problema che non è stato creato da loro. Specie quando qualcuno prende uno stipendio per controllare.”
I dirigenti di TELT (il promotore pubblico del TAV) dopo il sequestro dell’area stanno facendo pressioni perché si proceda per la bonifica. Ma in questo “do ut des” hanno avuto un ruolo centrale chiudendo evidentemente entrambi gli occhi sulla situazione preesistente e sulle condizioni geologiche e morfologiche della zona.
Il territorio di Salbertrand è ostaggio di un modello di sviluppo vecchio e sorpassato che ad oggi ha più costi (tanto economici quanto sociali) che vantaggi. In molti sperano in un cambio di direzione nella vocazione economica del paese, guardando con più attenzione all’aspetto turistico. Ma l’imposizione del sistema TAV potrebbe far evaporare questo sogno. Roberto Pourpour e la sua lista sono stati eletti proprio in contrapposizione rispetto a questo progetto con oltre il 67% delle preferenze. Nella cittadinanza inizia a muoversi la coscienza dell’impatto che potrebbe avere questa opera sulle loro vite, sulla loro salute e sull’economia della zona. “Ciò vuol dire che i cittadini hanno recepito in modo reale quella che era la problematica di questa fabbrica. C’è molta paura, si parla di un’area di centodiecimila metri quadri e di lavori che procederanno a singhiozzo magari per venti, trent’anni conoscendo i tempi di queste opere. Fosse un’opera, al di là di tutte quelle che possono essere le problematiche, al di là del fatto che possa servire o non servire, con dei tempi certi come sostengono loro (tra i nove e gli undici anni), uno stringe i denti, però purtroppo si sa bene in Italia come funziona. Abbiamo avuto da poco l’esempio di nuovo del MOSE e ce ne sono molti altri che si potrebbero fare.”
Ad essere interessati dalla situazione sono molti comuni dell’alta valle che potrebbero essere raggiunti dalle polveri e che sul turismo costruiscono la loro fragile economia. Negli anni hanno spesso ceduto alla retorica dei promotori del TAV che affermavano, senza alcun fondamento, che l’opera avrebbe aumentato i flussi turistici promettendo compensazioni. Una bolla di parole e buoni intenti che oggi esplode di fronte all’evidenza di questo progetto. “Per dire quelli con la casa per le vacanze qui sono tutti incazzati. Dicono <
Certamente la difficoltà di relazione con il movimento NO TAV degli abitanti di questa zona della valle è ancora molta, ma nelle coscienze qualcosa inizia a smuoversi. L’impressione di essere stati presi in giro e la paura della desertificazione che potrebbe provocare questo progetto si fanno spazio tra la paura e l’inerzia. “A Salbertrand c’era già qualcuno che era timidamente No Tav, anche solo a livello minimo razionale, altrimenti altri avevano un po’ creduto alla retorica delle compensazioni, con i comuni già pronti a beccarsi perché “rilanceremo il turismo” ecc… ecc… Ma cosa rilanci il turismo? Con questa fabbrica ammazzano l’alta valle e poi cosa rimane da rilanciare? Sono stati molto influenzati dai mass media, ma adesso sembra che alcuni inizino a farsi due domande.”
Il sindaco per conto suo dice che è sempre stato contrario all’opera, ma che “non sono un no tav, stimo i no tav che è da anni che portano avanti questa battaglia, ma non voglio essere messo in un angolo ed etichettato come un estremista.”
Di certo non sarà immediato colmare questa diffidenza, ma con il dato materiale evidente, con rischio che coinvolge la vita di molti è possibile trovare un dialogo di fronte a una controparte sorda le cui favole sono state messe in contraddizione dalla realtà e la strategia ingolfata dalle loro stesse malefatte.
Lasciamo Salbertrand con una buona dose di realismo, ma anche con un certo grado di entusiasmo per la difficoltà in cui versa il sistema TAV, con l’orgoglio, ancora una volta, di chi partecipa alla difesa di una valle che troppo ha subito e con la consapevolezza che fermarlo, anche qui, è possibile.
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