Valencia: sale la rabbia contro il governo regionale, mentre ancora si scava nel fango e si cercano 1300 dispersi
A Valencia si scava ancora nel fango per cercare i sopravvissuti a tre giorni dall’alluvione che ha messo in ginocchi il sud della penisola iberica.
Il bilancio dei morti ora raggiunge quota 211, ma ci sono ancora 1300 dispersi. L’agenzia meteo lancia l’allarme rosso a Huelva, in Andalusia, così come alle Baleari: “Evitare gli spostamenti, c’è ilpericolo di piogge torrenziali”. L’emergenza resta alta, con circa 366mila abitanti senza acqua potabile e 50mila al buio. In un tunnel i vigili del fuoco hanno trovato vittime dentro 30-40 auto.
La popolazione si è mobilitata per portare aiuti ai bisognosi, nonostante le autorità regionali abbiano invitato i volontari a ritirarsi e annunciato restrizioni alla libertà di movimento per facilitare i soccorsi. Cresce la rabbia verso il presidente della regione, Carlos Mazón, accusato di aver minimizzato il rischio e di non aver allertato tempestivamente la popolazione nonostante le previsioni meteo avessero emesso un’allerta rossa. Molte aziende si sono rifiutate di permettere ai dipendenti di lasciare il lavoro per mettersi in salvo, mentre la provincia di Valencia aveva chiuso i suoi uffici per proteggere i propri dipendenti. Sotto accusa anche la decisione di Mazón di chiudere l’Unità Valenciana di Emergenza, un team specializzato nella prevenzione e gestione di eventi meteorologici estremi. Diverse organizzazioni hanno indetto una manifestazione per il 9 novembre per chiedere le dimissioni di Mazón, denunciando l’incapacità del governo regionale nella gestione della crisi e il mancato rispetto delle misure preventive.
Ai nostri microfoni il giornalista Marco Santopadre, esperto di Spagna, collaboratore de Il Manifesto e Pagine Esteri. Ascolta o scarica
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