La scuola telematica aumenterà le disuguaglianze di classe
Pubblichiamo queste interessanti riflessioni di una giovane professoressa sulle forme di insegnamento al tempo del Covid19, e su come queste forme di insegnamento non tengano conto delle differenze di classe.
Sono una giovane professoressa, insegno in un istituto professionale in un quartiere popolare a Torino, i miei studenti sono tutti proletari, figli di meccanici, operai, molti immigrati di seconda generazione. In questa situazione di emergenza sanitaria mi sembra importante condividere una riflessione a proposito di alcuni aspetti della scuola che questa “svolta tecnologica” improvvisata ha fatto emergere.
Parto dal presupposto che la scuola è un’istituzione classista, che riproduce e alimenta la suddivisione sociale. Ciò si dimostra principalmente attraverso due aspetti collegai tra loro:
Tutto ciò avviene non perché c’è una particolare affezione alla propria classe , o per portare avanti delle tradizioni, ma perché la selezione viene fatta prima (il famoso ORIENTAMENTO in uscita ), in base al rendimento scolastico delle scuole elementari e medie, che come si diceva sopra dipende molto poco dalla brillantezza personale dello studente .
[Queste considerazioni sono approssimative e semplicistiche, e tralasciano alcuni aspetti, come ad esempio la differenza tra scuole del centro e di periferia]
La chiusura improvvisa delle scuole fino a data da destinarsi e l’obbligo di rimanere sigillati in casa, ha imposto alle scuole di tutta Italia di adottare improvvisamente un metodo di didattica a distanza: finalmente una scuola smart, online, aggiornata coi tempi!
“Finalmente”.. non fosse che questi strumenti sono stati raffazzonati di punto in bianco, senza nessuna sperimentazione precedente, e tutto è lasciato in mano alle singole capacità e disponibilità di professori e soprattutto studenti.
Tutto ciò mette in luce il carattere classista della scuola e alimenta il solco profondo tra gli studenti “di serie A”, quelli che ce la possono fare , e gli studenti di “serie B”, quelli che rimarranno indietro.
Io in questi giorni vivo a casa dei miei genitori, anche mia mamma insegna, però in un liceo, e mio fratello frequenta il quinto anno, sempre di un liceo. Tutti e tre svolgiamo le nostre attività didattiche e lavorative: abbiamo una stanza a testa (la casa è grande), un computer a testa, la connessione internet fastweb che funziona perfettamente, e tutto ciò che serve per potersi concentrare e lavorare, i nostri stipendi continuano ad arrivare: non ci dobbiamo preoccupare di come fare la spesa e abbiamo la mente sgombra dall’ansia di dover pagare affitti e bollette.
Mentre carico le video lezioni e i compiti a distanza penso ai miei studenti: come fanno a seguire le lezioni, concentrarsi per leggere tutto il materiale e fare i compiti , se vivono in piccoli spazi sovraffollati? come fanno a visualizzare tutto il materiale se hanno un solo computer per tutta la famiglia – se va bene – e spesso nemmeno quello? Sono domande che mi pongo non per pregiudizio ma sulla base di racconti diretti che mi sono stati fatti in questi mesi…
Confrontandomi con i miei familiari, constato le profonde differenze tra i due tipi di scuole. Mia mamma e mio fratello vanno avanti con i programmi: video lezioni, compiti, lezioni online in diretta, addirittura verifiche e interrogazioni; le osservazioni che fanno sono a proposito della comodità di lavorare a letto in pigiama, o la mancanza dei compagni di classe. Per quanto riguarda le mie classi invece, dopo dieci giorni di didattica online, meno della metà degli studenti ha preso visione del materiale, non ho fatto ancora nessuna lezione in diretta, non ho ricevuto nessun feedback nei canali appositi istituzionali, e attraverso alcuni scambi informali con gli studenti via whatsapp tutti manifestano serie difficoltà nell’accedere alla didattica online: quasi nessuno ha un computer e dal cellulare questi strumenti non sono altrettanto efficaci, alcuni non hanno internet a casa, e i GB delle promozioni telefoniche non sono sufficienti per reggere le video lezioni, altri hanno difficoltà specifiche nell’ usare i canali appositi.
Tutto ciò non è altro che l’esasperazione di quanto la scuola già fa: fornisce le conoscenze (quelle che ritiene utili), ma non gli strumenti per potervi accedere tutti allo stesso modo, questo dipende dalle personali disponibilità e possibilità.
Uno dei risultati della didattica a distanza, a mio parere, è quindi quello di aumentare le differenze già forti tra gli istituti professionali e i licei.
Un’ ultima piccola considerazione che faccio brevemente e su cui non mi soffermerò perché esula dalla mia esperienza diretta riguarda le scuole elementari e medie. In questi contesti di formazione si aggiunge un’ulteriore barriera per l’accesso alla didattica, cioè la capacità o meno dei genitori di saper usare questi strumenti. Inoltre le scuole a questi livelli di istruzione hanno una composizione delle classi meno uniforme di quella che si trova nelle scuole superiori, quindi con grandi probabilità l’effetto della didattica a distanza sarà l’acuirsi di forti disparità tra studenti in una stessa classe.
Come verranno gestite quindi al rientro a scuola, queste grandi disparità?
Molto probabilmente dipenderà dalle iniziative personali dei singoli professori, che sono lavoratori inseriti in un sistema ben strutturato, “funzionari” che hanno spesso come principale obiettivo quello di assolvere i loro compiti burocratici (finire il programma, mettere voti, eccetera), e –putroppo- non quello della formazione che non lasci indietro nessuno.
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