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Violenza di genere a scuola: parte la mobilitazione
A seguito della notizia di uno stupro avvenuto in una scuola di Genova da parte di un ragazzo sedicenne nei confronti di una ragazza di 15 anni molte scuole a Torino hanno organizzato iniziative di mobilitazione in reazione a un evento che non deve passare sotto silenzio e per ribadire che questa violenza non è un caso isolato.
La giovane età dello stupratore è un elemento non di poco conto, così come il luogo in cui la violenza è avvenuta. La capacità di trasformare la rabbia e il sentimento di impotenza in possibilità di mobilitazione, scioperando dalle ore scolastiche, organizzandosi in assemblee e confronti per non sentirsi sole, sono alcuni degli strumenti messi in campo da studentesse e studenti dei collettivi afferenti all’assemblea studentesca di Torino.
Abbiamo ascoltato le parole di Anna, studentessa del collettivo Gioberti.
Di seguito riportiamo il comunicato scritto dal collettivo.
Aveva 15 anni e, probabilmente, come per molte di noi, durante l’intervallo la sua più grande paura era la verifica dell’ora successiva. E invece, all’improvviso, un ragazzo, era un anno più grande di lei, la afferra per un braccio e a forza la porta in uno sgabuzzino. Senza che nessuno se ne accorgesse, la violenza si consuma senza un grido, un urlo di sofferenza. Solo le risate dell’aggressore, che aumentano con la sofferenza della vittima.
Aveva 15 anni e, probabilmente, non si sarebbe mai aspettata qualcosa del genere; non a scuola, un ambiente che dovrebbe essere la nostra seconda casa, dove cresciamo, impariamo a vivere. Dove impariamo a far sentire la nostra voce. Quel giorno, invece, la sua viene soffocata dalla brutalità di abuso. È stata lei, come potevi essere tu. È stata lei, e non è un’eccezione, un caso raro.
E lui aveva 16 anni. Anche lui non è un’eccezione, un caso raro. Siamo stanche, non si tratta di uno psicopatico; lui, come Filippo Turetta, come le altre decine di assassini, è il figlio sano di un sistema di violenze che ha radici profonde nella nostra società, che si esprime in frasi e comportamenti apparentemente banali; che si esprime, evidentemente, già in un ragazzino di sedici anni.
E se a scuola non ci sentiamo sicure, allora dove? Se a scuola non ci viene insegnato quanto questo sia sbagliato, e come possiamo cambiarlo, allora quando? Come?
La violenza che ha subito, così come tante altre ragazze, ci riempie di rabbia, ma come ci aspettiamo che la situazione cambi se non facciamo nulla affinché sia così, se la scuola non inizia ad educarci, a renderci consapevoli?
Siamo stufe di una società che raccomandi alle ragazze di essere prudenti, ma non educhi i ragazzi ad essere rispettosi, consapevoli, corretti. Siamo stufe di un sistema che alimenta comportamenti che sfociano in abusi, e che non se ne prende le responsabilità. E soprattutto siamo stufe di dover ripetere sempre gli stessi discorsi, parole su parole che sembrano gettate al vento. Vogliamo essere ascoltate, vogliamo un cambiamento, qua e adesso.
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