Primo maggio 2023: a Milano e Napoli la radicalità operaia sbaraglia le inutili passerelle dei Confederali
Ieri, 1° Maggio, la presidente Giorgia Meloni ha convocato il Consiglio dei ministri per abrogare il reddito di cittadinanza, per rendere ancora più destrutturato e precario il lavoro e sposare integralmente il programma di Confindustria.
Contro queste scelte, che si aggiungono all’approvazione del decreto Cutro (spacciato come un aiuto alle donne) e all’abolizione del sostegno agli affitti, a Milano circa 15 MILA tra lavoratori, lavoratrici, precari e studenti hanno preso parte alla manifestazione unitaria, organizzata dal SI Cobas assieme quasi tutti i sindacati di base e a svariati movimenti sociali, comitati e organizzazioni politiche, mentre in mattinata a Napoli circa 2 MILA sono scesi in piazza rispondendo all’appello del SI Cobas, di SGB e dei movimenti dei disoccupati organizzati.
Due cortei dal carattere inequivocabilmente anticapitalista e internazionalista, con parole d’ordine chiare contro la guerra e contro ogni imperialismo, contro il governo Meloni che oggi rappresenta in pieno il governo dei padroni, per rivendicare aumenti salariali almeno pari all’attuale tasso d’inflazione, e contro la repressione delle lotte sindacali e sociali.
In particolare, la straordinaria partecipazione al corteo di Milano ci consegna un dato che è oggettivamente inoppugnabile: la crescente domanda di opposizione sociale, di lotta e di conflitto, che emerge con sempre più convinzione dalla piazza.
In quest’ottica, il raffronto tra il fiume di lavoratori combattivi (in larghissima parte del SI Cobas e provenienti da tutte le principali province del centro-nord) che sfilavano per le vie del centro cittadino fino alla centralissima piazza del Duomo, e le due-tremila che a qualche chilometro di distanza si sono accodate alla fiacca e assonnata manifestazione della triplice Cgil-Cisl-Uil, appare quanto mai eloquente e impietoso.
L’eclisse delle burocrazie confederali nelle aree a maggior densità produttiva, e la contestuale crescita del sindacalismo conflittuale, col SI Cobas quale perno centrale, così come è emersa in una data-simbolo come il 1 maggio, ieri è apparsa evidente a tal punto che nonostante il proverbiale silenzio di tutti i media di stato e filopadronali, il TG3 regionale della Lombardia si è visto praticamente costretto a “svelare” (sia con le immagini sia nella cronaca) le reali proporzioni delle due piazze…
Seppur con dimensioni minori e in un contesto sociale estremamente diverso, la piazza di Napoli ha confermato lo stesso dato, qualitativo prim’ancora che quantitativo.
Il corteo ha visto centinaia di operai della logistica, dei porti, dell’igiene ambientale, del Multiservizi e dell’Ilva, giunti anche da Roma, Taranto, Salerno, Catanzaro e Palermo, sfilare a fianco dei disoccupati 7 novembre e Cantiere 167 Scampia, in un momento delicatissimo per la vertenza dei senza lavoro partenopei, da sempre sotto attacco di una dura repressione e in questi giorni oggetto di una campagna di criminalizzazione senza precedenti da parte del presidente della Regione De Luca. Proprio per questo motivo SI Cobas e Sgb hanno scelto di concludere la manifestazione con un comizio sotto la sede della giunta regionale.
La giornata di ieri ha dunque fatto chiarezza da tutti i punti di vista:
– da un lato ha chiarito ancora una volta esistono due punti di vista differenti e nei fatti inconciliabili tra loro, sia per quanto riguarda la costruzione di un movimento di opposizione alle politiche del governo Meloni, sia per quanto riguarda la concessione stessa del ruolo del sindacato: da un lato chi come Cgil-Cisl-Uil considera la classe lavoratrice come un orpello inoffensivo dei padroni e dello stato borghese da chiamare a raccolta “una tantum” senza mai brandire l’unica arma che i lavoratori hanno a disposizione: quella dello sciopero; dall’altro chi grazie agli scioperi ha conquistato migliori condizioni di lavoro e salariali, lotta quotidianamente nei luoghi di lavoro e del non lavoro, produce conflitto e non è disposto ad arretrare nella difesa dei propri diritti;
– dall’altro, ha definitivamente fatto luce sulla natura strumentale delle polemiche e dei pettegolezzi di corridoio che anche in questi mesi hanno tenuto banco nel variegato panorama del sindacalismo di base all’indomani dello sciopero generale del 2 dicembre e della manifestazione nazionale del giorno successivo a Roma.
Chi in questo frangente, per mala fede o anche solo per mancanza di informazioni, ha accusato il SI Cobas di “settarismo” o di pretese “egemoniche” su tutto il movimento, nelle scorse settimane e ancora più nella giornata di ieri è stato clamorosamente smentito.
Forti della partecipazione oceanica dei lavoratori del SI Cobas e/o del legame indissolubile che da tempo unisce la nostra organizzazione e i disoccupati organizzati di Napoli, avremmo potuto tranquillamente fare anche noi, come hanno fatto e stanno facendo altri, “tutto da soli”: chiamarci il nostro corteo, aprirlo col nostro striscione e le nostre bandiere in prima fila, e finanche proclamare, come qualcuno ha frettolosamente fatto in questi giorni, un nostro “sciopero generale”…
No! A noi non interessano questi sterili giochini; non ci appassionano queste stucchevoli competizioni tra apparati: la giornata di ieri ha chiarito anche ai ciechi chi realmente pratica questi terreni e adotta questi metodi politicisti e autoreferenziali e chi come noi invece assume quali uniche discriminanti la chiarezza dei contenuti e delle parole d’ordine e la difesa dell’autonomia del movimento di classe da partiti, partitini e manovrine elettoraliste, di qualsiasi tipo esse siano.
A Milano e a Napoli gli striscioni di apertura dei cortei erano unitari, i microfoni aperti a tutti e la possibilità di parola (ferme restando la condivisione delle piattaforme di indizione e il rispetto per le realtà più rappresentative) garantita a tutte le organizzazioni e realtà sociali, indipendentemente dalle dimensioni numeriche e dall’appartenenza di sigla.
Oggi è emerso chiaramente che l’unità che bisogna ricercare è quella della classe: dei lavoratori della logistica che lottano per difendere le conquiste strappate negli scorsi anni e ora si trovano sotto assedio, dei precari che non accettano più di essere tali, di chi vive ai margini nelle periferie delle città, di chi lotta per un lavoro a salario pieno, per il diritto alla casa, per la sicurezza nei luoghi di lavoro, per collegare le nostre lotte con quelle dei lavoratori francesi e degli altri paesi, per contrastare la guerra e l’economia di guerra che produce una mattanza quotidiana in Ucraina e in tutto il mondo.
È questa l’unità che ci serve, ed è questa la “materia prima” necessaria ad innescare una mobilitazione di massa unitaria che possa portare in tempi brevi all’indizione di un vero sciopero generale, a fare davvero “come in Francia”.
Chi come noi si pone su questo terreno, non ha tempo da perdere nell’attesa illusoria che i bonzi sindacali si muovano contro i loro stessi interessi, e neanche a ricorrere un’unità di facciata con chi si illude di essere autosufficiente…
PACE TRA GLI OPPRESSI – GUERRA AGLI OPPRESSORI!
GOVERNO MELONI – GOVERNO DEI PADRONI!
COSTRUIAMO UN VERO SCIOPERO GENERALE A PARTIRE DALLE LOTTE E DAL PROTAGONISMO DEI PROLETARI!
SI cobas nazionale
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