Marcia contro il nucleare a Trino
La manifestazione del 24 marzo si svolse attraverso una marcia di 15 km da Crescentino a Trino, la quale vide la partecipazione di più di 8.000 persone. Alla marcia parteciparono i comitati popolari contro il nucleare, Legambiente, liste dei Verdi e Fgci.
Domenica 24 marzo 1985, Trino Vercellese, un piccolo paese della bassa piemontese, è il teatro di una delle più grandi manifestazioni contro il nucleare in Italia, ed è un passaggio fondamentale di questo movimento.
La manifestazione era stata indetta contro il progetto di costruzione di una centrale nucleare sul territorio di Trino della potenza di 2000 Mw.
E’ importante dire che in questo comune era già presente dal 1964 un’altra centrale nucleare da 270 Mw, la Enrico Fermi, la quale fu una delle primissime centrali non solo in Italia ma anche nel mondo, e che detenne il primato di maggior produttività mondiale per quasi tutti gli anni ’60.
Il progetto della nuova centrale era stato varato dalla giunta regionale e sostenuto dalla giunta del PCI di Trino. La giunta comunale si offerse di ospitare il sito nucleare a causa del rifiuto espresso da tutti i paesi circostanti.
Il movimento contro la centrale ed in generale contro l’utilizzo dell’energia nucleare aveva già mostrato la sua combattività e decisione in un presidio sotto la regione Piemonte, in cui numerosi contadini e abitanti di Trino e dintorni, insieme ai comitati anti-nucleare, avevano resistito alle pressanti cariche della polizia che voleva bloccare la protesta.
La manifestazione del 24 marzo si svolse attraverso una marcia di 15 km da Crescentino a Trino, la quale vide la partecipazione di più di 8.000 persone. Alla marcia parteciparono i comitati popolari contro il nucleare, Legambiente, liste dei Verdi e Fgci.
Il corteo si svolse sostanzialmente in modo tranquillo e senza particolari momenti di tensione; questo dovuto molto probabilmente alla camminata per molti estenuante,; la scelta di questa formula era stata spinta e supportata dall’arco delle organizzazioni “istituzionali” ed ambientaliste , che volevano smorzare e costringere il malcontento popolare, che già aveva espresso enormi potenzialità e propositive di conflittualità.
Infatti la maggioranza degli abitanti della zona limitrofa alla centrale non voleva che il territorio fosse ulteriormente deturpato da un’altra centrale che avrebbe sicuramente compromesso il comparto agricolo e non caddero nel “tranello” tesogli dai sindacati che cercavano di far accettare la centrale come opportunità di nuovi posti di lavoro.
Quella giornata di mobilitazione fu molto importante dal punto di vista politico per il movimento anti nucleare, perché fu capace, sebbene non in modo completo, di opporsi alla partecipazione della FGCI fischiandone i rappresentanti durante il comizio finale, impedendo di fatto i tentativo del PCI di recuperare consensi fra la popolazione.
Fu inoltre una giornata decisiva per la contestazione dal basso e proletaria al PEN (piano energetico nazionale), perché fu capace di unire i comitati popolari contro il nucleare e contribuì ad un effettivo avanzamento della lotta anti-nucleare senza che potesse essere rinchiusa all’interno dei binari del pacifismo. E diede alla lotta contro la distruzione del territorio e contro il piano di ristrutturazione energetica la propulsione e la capacità di essere anche e soprattutto lotta contro il capitale e contro le sue strutture.
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