Il citofonista delle PR
Ci sono molti piani in gioco nell’ennesima operazione di infotainment di Salvini al Pilastro ieri; un template virale e perfettamente consumabile da notiziari, talk show e pagine satiriche, che va ad incidere dentro (ma anche oltre) una campagna elettorale emiliano-romagnola da tempo deragliata fuori dai binari regionali.
Il primo è che nella progressione strisciante delle destre ieri a Bologna i citofoni dei cittadini di origine straniera erano additati e ripresi pressoché impunemente dai consiglieri di FdI e FI Bignami e Lisei; oggi vengono suonati a scopo propagandistico ed intimidatorio; e domani chissà – anche si potrebbe dire che il PD a suo tempo i citofoni li abbia bypassati completamente, con l’avallo ai numerosi sfratti e sgomberi manu militari ai danni di persone in difficoltà ed occupazioni abitative susseguitisi negli ultimi anni sotto le due torri.
Il secondo è che quando la credibilità e le frecce all’arco mediatico del capitone scarseggiano (con la grottesca farsa del voto sul suo ruolo nel sequestro delle persone a bordo della nave Gregoretti, avallato dalla seconda carica dello Stato o la scena muta davanti ad accuse documentate di assenteismo istituzionale) non manca la capacità dei suoi alleati e subalterni più o meno espliciti di fare gioco di squadra in tempo reale, con buona pace della “politica personale”. Spin doctor, polizia e giornalisti hanno lavorato assieme per confezionare e fiancheggiare il raid al Pilastro, una plastica rappresentazione di comprimari e tirapiedi del potere leghista. Basti pensare alla scorta estiva riservata agli ozi acquatici del capitone, o all’egemonia salviniana su vecchi e nuovi media – non solo in questa campagna elettorale ma da almeno cinque anni – dopo aver avuto la strada spianata dall’orgia volterriana del renzismo e dalla tv spazzatura berlusconiana, securitaria e sensazionalista.
Del resto bastava sintonizzarsi ieri sera sulle trasmissioni di idoli liberali come Floris e Berlinguer per scoprire anche il numero di peli del gatto del circolo anziani di Bibbiano od assistere (come è cronico e naturale che sia) all’ennesima scomparsa dei “fatti” e dei “programmi” a cui alludeva qualche malcapitata sardina nelle consumate bagarre e retoriche agite dagli opinionisti di destra e dai conduttori stessi: con buona pace dei “contestandolo gli fate solo pubblicità” (proprio a Bologna è avvenuto negli anni l’esatto contrario per le sgradite incursioni delle destre).
Il terzo piano è stato quello del ricorso al format Mediaset delle inchieste “scomode” delle Iene e dei Brumotti, un ben collaudato e gratuito stigma ed attacco ai soggetti poveri e marginali. Soprattutto, un format ben impresso nell’inconscio di quel segmento anagrafico di popolazione che finora si è preso la pena di andare a depositare la scheda elettorale nell’urna – a dispetto della performance, penosa ed imbarazzante nella sua atrocità, del protagonista.
Ma gli influencer liberali giocano in difesa e assumono la “verità” dell’azione di Salvini, tenendo a dire (o meglio, a giustificare) che la persona da lui molestata “non fosse uno spacciatore”. Ora, premesso che il soggetto in questione sia in realtà un corriere di BRT – ovvero di parte di quel proletariato della logistica a lungo oppresso in Emilia dai padroni delle coop “rosse” come Poletti (do you remember?) e da crumiri e leghisti di provincia come Fabbri – appellarsi alla questione morale non sembra abbia contribuito negli anni a rovesciare gli Andreotti o i Craxi all’apice del loro potere, a far cadere i governi berlusconiani infarciti di magnaccia e corrotti o ad abbattere i consensi di Lega e FdI sull’onda dell’indignazione per il malcostume delle famiglie “speciali” dei loro leader. E non si capisce perché questa strategia debba avere successo ora.
La realtà è quella di una vistosa sudditanza politica e ideologica di tanti oppositori delle destre a queste ultime: basti pensare alle liste di Bonaccini dove, in buona continuità con il “partito della nazione” renziano (durante il cui mandato lo stesso governatore è stato eletto nel 2014), trovano ospitalità personaggi come Fagioli, Pasquali, Cazzola; o all’istituzionalizzazione dei Decreti Sicurezza, in barba a tanti proclami dentro e fuori dal Parlamento e ai precisi messaggi di piazze come quella di Prato. E che non si risolverà con il voto di domenica, né con una vuota risata per l’ennesimo, divertente, meme – ma uscendo dalla passività e dall’accettazione di (che sconfina nell’adesione ad) un sistema che ha meno briciole da offrire, che bisogno dei pogrom di Salvini per legittimarsi.
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